7 POETI DEL NORD: ANNALISA TEODORANI (ROMAGNA), con introduzione a cura di Manuel Cohen.
Annalisa Teodorani ha iniziato a pubblicare molto presto e, ancora giovanissima, ha già all’attivo quattro libri di versi, tutti scritti nella lingua parlata a Santarcangelo di Romagna. Per più motivi, è da considerarsi una delle più interessanti realtà della nuova poesia italiana. E questo, nonostante il suo naturale starsene in disparte, e, ancor più, nonostante la sua particolare scrittura che sembra evitare le ampie, impostate, a volte supponenti e discorsive proposte di tanti suoi coetanei. La sua scrittura è infatti orientata a un graduale ma costante esercizio di rastremazione e si sintesi. E, pur essendo una scrittura chiara e piana, dunque molto comunicativa, si affida a formularità ellittiche, come pure frequentemente origina e si condensa in clausole fulminanti, e spesso si produce in vere e proprie massime e aforismi, come il lettore ha modo di verificare con i testi qui di seguito proposti. Il tutto venato di sagace ironia e autoironia: una vera e propria lente, quest’ultima, attraverso cui leggere le cose: «ho scambiato per amore / l’ultimo goccio nel fondo del bicchiere» (L’éultum cècch, L’ultimo goccio). Ironia che rivela tutta l’efficacia e la congruità della sonorità, espressa dalla dittongazione particolarmente aspra del dialetto santarcangiolese: e che trova conferma, ad esempio, nella ambiguità semantica e terminologica di ‘amòur’ (amore) e ‘amòuri’ (more). Così accade per le considerazioni più alte, più profonde di questa autrice che rivela spesso tutta l’urgenza, dai risvolti anche generazionali, dell’epoca, tutto il senso di disorientamento, l’essere ‘sparguièd’, sparpagliato o sparso, o il sentirsi dimenticati in mezzo a un campo come in mezzo a un guado, che sia accompagnata spesso da un’ironia, di intelligenza e di matrice arcaico-rurale o popolare, buona per affrontare i tempi bui, e per sorridere, con eleganza e soavità, perché no?, dei luoghi comuni: «anche se non ci sono più pinoli da schiacciare» (La stasòun dagli amòuri biénchi, La stagione delle more bianche). M.C.
Annalisa Teodorani, nata a Rimini nel 1978, risiede a Santarcangelo di Romagna (RN). Ha esordito giovanissima ed è considerata l’erede della poetessa Giuliana Rocchi e, in generale, della grande Scuola di Santarcangelo: Tonino Guerra, Gianni Fucci, Antonello Baldini e Nino Pedretti. Ha pubblicato quattro libri di poesia in dialetto santarcangiolese: Par sénza gnént (pref. di G. Fucci, Rimini, Luisè 1999); La chèrta da zugh. La carta da gioco (Il Ponte Vecchio, Cesena 2004); Sòta la guaza. Sotto la rugiada (Pref. di M. Cohen, Il Ponte Vecchio, Cesena 2010, 2013) e La stazòun degli amòuri biénchi (Bandella di copertina di D. Rondoni, CartaCanta, Forlì 2014). È compresa nel saggio di Pietro Civitareale Poeti in romagnolo del secondo Novecento (La Mandragora, Imola 2005), e nell’antologia omonima uscita del 2006 per le Edizioni Cofine di Roma. È inserita nel Dizionario dei poeti romagnoli del Novecento (a cura di G. Fucci, Pazzini, Villa Verucchio 2006) e nell’antologia Poets from Romagna (a cura di G. Bellosi, traduzioni in inglese di A. Bianchi, J. Fortune e S. Siviero, Cinnamon Press, Blenaug Fflestiniog -U.K.- 2013), ha partecipato a numerose manifestazioni e rassegne letterarie ed è stata invitata ai più prestigiosi festival di poesia.
*
da: La stasòun dagli amòuri biénchi
L’éultum cécch
A t’ò vést te spèc
sal mèni tal bascòzi
ta m’aspitìvi.
A m’u n so vultè
ò scambié par amòur
l’éultum cécch
te fònd de bicìr.
*
L’ultimo goccio – Ti ho visto nello specchio / con le mani nelle tasche / mi aspettavi. / Non mi sono voltata / ho scambiato per amore / l’ultimo goccio / nel fondo del bicchiere.
***
I tu murt
Tl’òura che
la pròima foschéa la bèsa la tèra
tra quèl che t vòid
e quèl che t pu imazinè
fà còunt ch’i t vénga incòuntar lòu
i tu murt
a bràza ‘vérti cumè un vént dl’instèda.
*
I tuoi morti – Nell’ora in cui / la prima foschia sfiora la terra / tra ciò che vedi / e ciò che puoi immaginare / fa’ conto che ti vengano incontro loro / i tuoi morti / a braccia aperte come un vento d’estate.
***
La stasòun dagli amòuri biénchi
U n’è mai l’òura
par i treni ch’i n s’férma.
Ma néun i s’à zcórd
te mèz dla campàgna
a zcòr m’i giraséul ch’i piénz.
Énca se u n gnè piò pgnùl da zachè
a i péns da spès
ma la stasòun dagli amòuri biénchi
e al so ch’al chésca da par lòu
da la disperaziòun.
*
La stagione delle more bianche – Non è mai l’ora giusta / per i treni che non fermano. / Ci hanno dimenticati / in mezzo alla campagna / a confortare i girasoli che piangono. / Anche se non ci sono più pinoli da schiacciare / ci penso spesso / alla stagione delle more bianche / e lo so che cadono da sole / per la disperazione.
***
E’ grèn u n fòura
Làsa al spóini m’al rósi
e làsa che d’una mórta ròssa
u li faza s-ciupè e’ vént dla nòta.
Amdèn un bén d’ór
andarém a carezè.
E’ grèn u n fòura
se mai e’ fa e’ sanguéttal.
*
Il grano non fora – Lascia le spine alle rose / e lascia che d’una morte rossa / le faccia esplodere il vento della notte. / Domani un bene d’oro / andremo ad accarezzare. / Il grano non fora / casomai fa il solletico.
***
L’asasòin d’una pavaiòta
L’asasòin d’una pavaiòta
e’ làsa in zóir
impròunti arzantèdi.
*
L’assassino di una falena – L’assassino di una falena / lascia in giro / impronte argentate.
***
Una primavera
A t rigàl una primavera
ch’l’è snò una paróla
ma tìnla dacòunt
ch’la fiuréssa par tótta la vóita.
*
Una primavera – Ti regalo una primavera / che è soltanto una parola / ma tienila da conto / che fiorisca per tutta la vita.
***
Ma sta vóita
M’ e‘ vént
ch’e’ pénta l’érba ti cantìr
e che e’ scavècia e’ furmantòun.
Ma sta vóita
che piò ta i mèt al mèni dròinta
e piò che ta gni tróv un vérs.
*
A questa vita – Al vento / che pettina l’erba nei campi / e che scompiglia il frumento. / A questa vita / che più ci affondi le mani / e più che non sai darle un verso.
***
Ànma e vòusa
Par la fadóiga
la vòusa la s fa piò stóila
e l’ànma la chènta
cumè àqua ma la fòunta.
*
Anima e voce – Per la fatica / la voce si assottiglia / e l’anima canta / come acqua alla sorgente.
Ah, ecco una compaesana di uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo, Raffaello Baldini. Sant’Arcangelo è fucina, terra di poeti. Nella semplicità momenti intensissimi di grazia e pazienza.
bella scoperta, nitida e feroce