Da madre a cane, poesie di Alessandra Carnaroli
Alessandra Carnaroli (1979) ha pubblicato: una silloge in 1° non singolo (sette poeti italiani) con una nota di A. Nove (Oèdipus, 2006), Taglio intimo (Fara editore, 2001), Femminimondo, con una nota di T. Ottonieri (Polimata, 2011), Elsamatta, collana «Syn. Scritture di ricerca» diretta da M. Giovenale (ikonaLíber, 2015, finalista al Premio Pagliarani 2016), Primine, con una nota di A. Cortellessa (edizioni del verri, 2017, finalista al Premio Marazza 2018, finalista Premio Pagliarani 2017) ed Ex-voto, collana croma K diretta da I. Schiavone (Oèdipus, 2017, primo classificato Premio Bologna in Lettere – Dislivelli, 2018, finalista al Premio Montano 2018 e al Premio Città di Trento-Oltre le mura 2018), Sespersa, con una nota di H. Janeczek (Vydia editore, 2018). È stata finalista del Premio A. Delfini nel 2005 con la raccolta Scartata e nel 2013 con Annamatta e del premio Miosotis 2011 (d’If edizioni) con Prec’arie. Prose e racconti sono inclusi in diverse antologie, riviste e pubblicazioni online. Una sezione monografica sul suo lavoro è stata pubblicata sul n. 65 de Il verri (ottobre 2017).
da madre a cane
ti faccio quello che mi è stato fatto
riproduco l’atto sul tuo corpo la reazione del calcio in culo sul tuo culo
da culo a culo per generazioni di madre in figlia
culi piatti come detta la nostra tradizione di famiglia
come richiesto alla discendenza per restare uguale a se stessa
affine magra anoressica
l’obbedienza la brava bambina in giacenza resta per sempre
giacente composta scatola tra scatole ben inserita
nello scaffale esposta
in attesa di coccola
giusto riconoscimento per aver detto grazie alla caramella
o batosta sciaffa, scoplon
l’occhio che mi guarda attraverso passa
tra gli ossicini che fanno tela di ragno stilosissima
come raggio
scrive
in maiuscolo vergogna
di quello
che i geni hanno trasmesso
il trauma di vedermi riflessa
nella tua vulnerabile pelle
rossa
nella tua gamba
corta
che non slancia
magari basta
per superare parapetto
o piccolo terrazzo
*
Poesie tratte da Ex-voto, Oèdipus 2017:
1)
Mia madre ha la
testa piccolina
di pera angelica
caduta sul letto
una piaga raccoglie
quello che una volta
era il sedere
ora decolla
la pappa
nel sondino di plastica
inghiotte ogni cosa
come kirby
la sua pancia:
io sono il rappresentante
che prenderà
solo qualche istante
del suo assoluto niente
*
2)
cambio le lenzuola
due volte
al giorno
nonostante il catetere
in dotazione come autoradio
e il peso specifico
dell’argilla espansa
se raccoglie
le forze esonda
con potenza:
è l’evacuazione totale
tipo
allarme bomba
ogni micro organismo presente
nella donna
si trasforma in corpo sciolto
micro orgasmo
banale
il bidet
*
3)
Nella stanza fa caldo nonostante il tetto
coibentato
il ventilatore
e le finestre aperte
questa corrente
a volte
penso
la spazzerà
tipo tromba d’aria
tipo dorothy nel libro
tipo gazebo
nella sagra di paese rovinata
dal temporale
ti lascio crescere
le unghie
nel caso
volessi aggrapparti
alle tende
come geco
d’appartamento
*
4)
Vado a comprarti la pappa in farmacia
mammina
che sei tornata bambina
dalla mia pancia
solo
uno sforzo
per girarti
sul fianco:
è una questione
di addominali
pure l’amore
figliale
la camicia da notte
leggera
lascia vedere
quello che c’è sotto:
due tettine
secche
due ghiandoline
come giuggiole
potrei
trovarti
il cuore
ad occhio
nudo
ma farebbe troppo male
da guardare
tipo
eclissi
solare
*
5)
mia madre è un torroncino
sperlari
fuori stagione invernale
nessuno
ha il coraggio
di scartarlo
sicuramente è
andato a male
dovrebbe
finire nel secco
non compostabile
questo ritrovato chimico
eppure edibile che
sopravvive in funzione dei conservanti
soluzione idratante
sali minerali
proteine
edulcoranti sulla tua faccia
ogni tanto smorfie
che sembrano sorrisi.
Ti lamenti e ti
do la pillola
penso sia un
gesto di pietà
estrema
per i tuoi nervi coraggio
che restano incatenati
ai muscoli
a volte immagino
la tua morte
come una scarcerazione
dovrei nasconderti
le lame
nel pannolone
*
6)
Ora leggo dell’alimentazione
forzata per discus
criceti
oche
bestie malate
o da ingrasso
si chiama “gavage”
questa somministrazione di bolo unico
come uccello con uccellino
ricordo quando
eri tu a farmi l’aereoplanino col
cucchiaio
a dirmi mangia che ingrandisci come
fossi sotto una lente
a raccontarmi dei bambini africani
ridotti a scheletro
gonfiati dai vermi intestinali
sei diventata tu
la mia piccola negretta
però albina
potrei finirti
a colpi di machete
usare le tue dita
come erbette
per scacciare il malocchio
trasformarti
nel nuovo ritrovato
scientifico
contro la peste del millennio:
ricevere il successo
che merito
per averti
ridotto all’osso
*