Allegri i colli ancora biondi, poesie di François Nédel Atèrre
*
E sa venire all’umido del muro
il sole che era nascosto in giardino.
Niente di quello che era tuo è rimasto
con il mattino, e quante cose ho visto.
Dico, di te, che non riesci a tenere
segni che ti raccontano, il sorriso
prima della parola. E quale pianta
è quella, e quando li ho legati, i rami.
Vieni a sederti qui? Muove, la casa,
il suo fianco lattiginoso e i fiori.
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Conti altre vene
alla tua mano ferma, quando il padre
cura il giardino. È solo tra le piante,
rinsalda muri, sfoltisce le siepi.
Ci sei anche tu, ma non ti riconosci:
manchi da tempo al te stesso di allora.
In qualche caso è il conforto di un gesto
che qui rivedi, il suono di metallo
delle cesoie. C’è un merlo, saltella
tra i frutti. E la sua voce che lo scaccia
da qui, ma vuole bene che ritorni,
è solo un gioco.
***
Mi piace delle case quell’incauta
speranza che si apprende alle finestre
a sera, i mulinelli della luce
nelle cucine. Chi si muove e gira
dentro le stanze, si sente sicuro.
Quello che è fuori, lontano, non curva
la schiena. Nel riflesso dei pannelli
si vede – almeno sembra – chi risponde
o ride. È vuota in strada, silenziosa
la pensilina. Gira sopra i rulli
e cambia foglio il blando canzoniere
della pubblicità nei cartelloni.
****
Si bagna appena l’azzurro, poggiando
sul mare tra i palazzi. Ogni altro scherzo
del cielo avviene in alto, sui lampioni.
Scende quieta la sera, e non le credi.
*****
Scoprivi l’irrisolto, era mattina:
puntavi il dito al centro oppure ai lati
di monti d’acqua, il cielo sciolto sotto
nell’onda crespa. Era vapore, il sole.
Ti innamoravi di strane creature
pelagiche, col dorso di cristallo.
Era curiosità, la tua? Con grazia
fece capriole il vero, cadde in piedi.
******
La carta spessa al posto di tovaglie
rosse, a quadroni. Una caraffa gonfia
lenta a riempirsi d’acqua. Qualche pezzo
di legno, che ora è presto per bruciare.
Chi viene a dirti che il tuo pranzo è pronto
ha le sue tegole in braccio. Le lascia
solo un momento, mentre porge i piatti,
sul muro. È lieta di un piccolo volo
di mosca o di farfalla la lanterna
sospesa a un filo. Sono allegri i colli
ancora biondi, e ridono le curve
che cingono i casali, gli orli ai campi.
Si sta così come non si ricorda
da mesi, o in un bel verso scritto da altri.
©François Nédel Atèrre, da “Limite del vero”, La Vita Felice 2019
François Nédel Atèrre (pseudonimo di Francesco Terracciano) è nato a Napoli, dove vive e lavora, nel 1967.
È laureato in Economia e Commercio.
La letteratura, contrappunto alla formazione universitaria e professionale, è costantemente al centro dei suoi interessi: lo studio della poesia europea – del modello italiano, inglese e francese così come delle significative testimonianze russe del Novecento – ha motivato la sua partecipazione a numerose iniziative, mantenendo vivo il contatto con una realtà complessa e in continua evoluzione.
Ha pubblicato una raccolta di poesie, Phonè (1992) e un volume di racconti, Il Salice Bianco (1993), entrambi con lo pseudonimo di Francesco Miti.
Numerose le sue collaborazioni con riviste letterarie e le partecipazioni a progetti editoriali, rassegne e seminari.
È redattore per la rivista di cultura letteraria Menabò.
A marzo 2018 ha presentato i suoi lavori in Danimarca alla Biblioteca di Ordrup, nell’ambito della manifestazione “Primavera Italiana” patrocinata dalla Dante Alighieri Copenhagen.
Una sua poesia ha vinto il primo premio al Concorso Città di Sant’Anastasia XVI Ed.ne (NA) nel 2018.
Nello stesso anno, è tra i finalisti del Concorso “Poesia a Napoli”-Guida Editori II Edizione, e presente nell’antologia omonima.
Nel 2019, con Mistica del quotidiano, è I premio per la poesia edita alla VI Edizione del Premio nazionale L’Iguana-Anna Maria Ortese
Del 2018 è la raccolta poetica “Mistica del quotidiano”, Terra d’Ulivi edizioni.
Del 2019 è la raccolta poetica “Limite del vero”, La Vita Felice edizioni.