Amate dunque lo straniero… editoriale di Alessandro Dall’Olio.
“Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto” dice un passaggio del deuteronomio 5-11 della Bibbia. Un concetto laico contenuto in un testo religioso. Questo dovrebbe tornare alla mente quando si parla delle tragedie di Lampedusa o del mar Mediterraneo. Quando qualcuno perde la vita o tenta di mantenerla ai margini delle nostre terre, involontariamente fa anche qualcosa per noi: viene a ricordarci che i popoli continueranno a muoversi e che le genti continueranno le loro migrazioni, e al contempo viene a rammentarci che abbiamo perduto i principi prioritari della nostra civiltà. Basterebbero i numeri di queste tragedie a farci fermare ben più di un attimo a riflettere se un mondo migliore non sia possibile.
In otto giorni, dello scorso ottobre, sono annegate e disperse quasi 600 persone, molte più di tutti gli eroi-pompieri che hanno perso la vita l’11 settembre 2001, i cadaveri allineati sulle spiagge di Lampedusa il 3 ottobre sono stati più di tutte le vittime del terremoto dell’Aquila, quasi 5 volte i nostri concittadini uccisi nella strage del 2 agosto 1980 in stazione a Bologna. Intollerabile, tremendo, umanamente inqualificabile. Ma “le politiche di respingimento” non smorzeranno il coraggio e la voglia di ripartire dei migranti, nemmeno l’odio e talvolta il disprezzo con il quale vengono accolti, al quale rispondono con occhi sbarrati e con la non-violenza dell’indifeso a ogni latitudine. In un mondo migliore bisognerebbe proteggere i loro viaggi disperati (disperati, non di speranza), bisognerebbe sottrarli alle guerre imposte, bisognerebbe prendere atto che noi occidentali (17 per cento della popolazione planetaria) siamo fortunati e vivi a spese dei disperati geografici, che per essere ciò che siamo e avere ciò che abbiamo siamo causa ed effetto di una sperequazione globale (sfruttiamo l’80 per cento delle risorse della terra).
Ma cosa ne sappiamo noi di schiavitù, di ferocia sui deboli, di bambini in guerra, di torture o di aberrazioni? Ne abbiamo solo nozioni, dettagli, servizi da 120 secondi al telegiornale. Un po’ di indignazione, una smorfia di tristezza sulle labbra, e poi “Cara, mi passi il sale per favore?”. Che ne sappiamo noi dell’ossimoro di preferire la probabilità di morte pur di vivere? L’essere umano non è buono o cattivo per natura, né nasce altruista o individualista. I sentimenti non sono dati naturali ma culturali, che impariamo attraverso le esperienze, i modelli, le narrazioni, gli accadimenti. Purtroppo dobbiamo imparare a vivere in questa continua tensione tra interessi collettivi e individuali.
Confido, e trovo conforto, nello splendido esempio di chi vive in quelle terre d’approdo sempre più depurate dalla tossicità dell’odio, lampedusani, siciliani, pugliesi, che aprono sempre le mani e le porte delle loro case per ospitare, scaldare, sfamare. Proprio loro, testimoni diretti delle “invasioni subìte” sono coloro che prima d’altri capiscono, accolgono, cooperano e, come una colonia di formiche, diventano fune per tirare in salvo. Poi, di certo, continueremo a parlare di Bossi-Fini, di “amare il prossimo come noi stessi”, della fraternità e dell’uguaglianza, senza mai capire davvero come ci si sente a lasciare la famiglia, i luoghi d’infanzia, gli amori, senza conoscere fino in fondo i perché di una disperazione totale o della prospettiva di una morte prematura, molto prematura, sempre troppo prematura. Poi la nostra vita continua, l’articolo in prima pagina dopo tre giorni si trasforma in una quindicina di righe a pagina 18, dopo una settimana è quasi completamente dimenticato.
E allora bene fanno i collettivi letterari, i circoli, le associazioni che cercano di dare voce a chi non ne ha più, come ha fatto qualche tempo fa Pina Piccolo a Bologna organizzando un pomeriggio dedicato a informare, fare parlare, leggere, diffondere, testimoniare, tenersi per mano. Come si farà nel multiforme evento di sabato 25 gennaio “La geografia è un destino” alla Sala Florida di Granarolo Emilia, all’interno del programma del TaG-Teatro a Granarolo. In questa serata a ingresso libero (ore 21) si porteranno testimonianze, musica, poesia e teatro per ricordare le tragedie di Lampedusa e per cercare di capire qualcosa in più di ciò che accade vicino a noi. Gli ospiti sono di tutto rispetto: Siid Negash e Abraham Tesfai dell’Eritrean Youth Solidarity for National Salvation, la cantante Patrizia Laquidara, il giornalista e Console di Malta Enrico Gurioli, i poeti del Gruppo 77 e del 100 Thousand Poets for Change, il teatro della Compagnia dei Rifugiati diretta da Pietro Floridia, alcuni ragazzi di Radio Immaginaria, l’unica radio in Italia ideata, condotta e gestita da adolescenti dagli 11 ai 17 anni. Non una relazione su coloro che muoiono affogati tra le onde, ma un altro piccolo gesto per riuscire ad ottenere il possibile perché questo non accada. Perché chi parte e chi arriva fa solo ciò che donne e uomini fanno dalla notte dei tempi: spera.