Anna Salvini.
Benvenuta Anna. Prima di proporci le tue belle poesie, parlaci un po’ di te, di cos’è e come nasce l’ispirazione artistica, dei tuoi poeti…
Sono nata a Vigevano (Pv) nel 1965. Lavoro come impiegata in una impresa edile. Sono parte di una famiglia numerosa, semplice e affiatata.
Secondo me l’ispirazione esiste. Penso sia la fiammella che innesca tutto il movimento, quel soffio, alito che instilla in noi l’idea alla quale daremo poi un corpo. Ogni creazione ha inizio da un qualcosa e per me anche la poesia ha le sue “intuizioni” o almeno quella che tento di fare io. Mi chiedi in cosa consiste e allora penso di doverti fare degli esempi, qualcosa di concreto per far capire come io sostenga questa tesi. Spesso osservo ciò che mi circonda: paesaggio, atteggiamenti, persone e immagino. Direi che anche la fantasia ha un ruolo primario nella mia scrittura e così, da un piccolo pensiero, invento e mi lascio trasportare da ogni cosa, a volte come un fiume in piena, senza sapere dove andrò a parare. Altre volte vengo ispirata dalla lettura di testi altrui come pure dai sogni che faccio spesso.
Adesso ti racconto come è nata una delle mie poesie: sembra talmente assurdo che anch’io, dopo aver scritto, quasi non ci credevo e mi veniva anche un po’ da ridere.
Ero rimasta colpita da una poesia di Nina (pubblica su officina), in particolare da questi versi:
“quella memoria è fame che non si scrive e non ci colma”. Da giorni rimuginavo e avrei voluto dar corpo ai mille pensieri ma non partivo, non avevo l’input giusto. Una mattina, in ufficio, mi trema un occhio, la vista si confonde e ho la netta sensazione di vedere una persona che trema quasi sobbalzando. Inizio da lì, senza sapere nient’altro:
deviAzione
-quella memoria è fame che
non si scrive e non ci colma-
(Nina)
oggi mi balla un occhio e tu sei dentro
appeso come una scimmia
ma dove sei nel mondo, in quale cavità
ripari il sale, io non lo so
ma sento ancora il carico e la spinta
l’innalzarsi sulle punte
al tuo rientro. e non dimentico
anche per questo allungo la distanza, faccio
passi larghi e segno il territorio come i cani
qualcuno dovrà pur iniziare, dire
dell’umido che resta, delle macchie
le storture e tutti gli amen
gli amen e tutto il rumore
Leggo ogni giorno qualche pagina di poesia tra i poeti nuovi che acquisto e i soliti che mi piacciono. I soliti sono Raboni, Gualtieri, Bre, Cavalli e molti altri. Tra i nuovi acquisti Franca Mancinelli, Milo De Angelis.
Ritrovato in cantina -da mia zia- Pagliarani “la ragazza Carla e altre poesie” letto in giro sui vari siti internet. In attesa, moltissimi altri tanto che devo decidermi a comprare una libreria seria, il mio divano non ne può più!
***
Stato di grazia
E’ facile essere felici se tu mi fai
precipitare al centro della terra
nel nero più nero del mondo, lì
dove tutto si disfa, strati su strati
e fuoco, il fuoco che alimenta i vulcani
ma poi che ne sappiamo, noi, dell’alta
densità del nucleo, se è fluido, gassoso
o cristallino, della nutazione, i meteoriti,
le onde sismiche e le alte maree, noi
rocce fuse prima che tutto indurisca
nel freddo delle caverne
oggi, invisibili e nudi, magma che nasce
quando tutto il cielo si muove.
Pesci azzurri a dicembre
In una macchia di lentisco, sull’isola
richiama la mia essenza la geometria
dei voli, un vago moto, il mare
il mare dicevi
e quei pensieri solo nostri, lasciati
al soffio del maestrale per non dire
dell’impaccio, del fiore che mi ha punto.
E’ questo esistere tra i fuochi
che aiuta a riconoscersi
il mutare dell’osso a cartilagine
fragilità che nutre e convoca
le dita, i centesimi dei baci, il poco
che è – da sempre – riconciliazione.
Saranno pesci azzurri, quelli che ho sognato,
a ripulire la corteccia e l’abbandono
la medusa delle nostre lingue
a farsi ruga nel volto adunco
di dicembre.
parole in fuga
Oggi che mi guardi e vuoi sapere
delle mie parole malandate
come le assemblo, perché le brucio
hai l’universo intero dentro quella voce
e questo è sufficiente
per dare corpo alla tazzina, leggere il fondo
dei tuoi occhi scuri, trovare nel cuscino
l’impronta della sera prima
non crederesti mai che le poesie nascono così
da una ondulazione o una solitudine
le nostre gambe quando scrivono del freddo
nei vestiti che giacciono a terra, senza corpi
abbandonati, quasi un malore
del nostro esistere prima di ricomporsi
tu che cammini sul mio tappeto, apri il frigo
e mi sorridi: non c’è mai niente in questa casa
io che scrivo sul divano del niente
che ci abita ma vorrei scriverlo sui muri
sulla pelle: ogni parola un taglio, ogni taglio
un parto, urla e sudore
vuoi davvero che ti parli di tutto questo?
di come si sprofonda nelle faglie, di quanta acqua
imbarco ad ogni tuo passaggio e della lingua
arroventata per la sete (é per te, l’ho mai detto?)
di come le nascondo, io
le parole, come vorrei che ci giocassi
andandomi a cercare, lo faccio anch’io e poi le chiamo
dal buio e dico “tana” anche quando non ci sei.
Sorellanza
Siamo anche noi radici esposte, semi audaci
nel mistero del frutto, la tensione per il cielo
ci spinge oltre: una nuova casa, reinventarsi
il lavoro, avere ancora figli e doglie
ad ogni battito o dolore.
E’ vita lieta il verde che ci esce dalle scarpe
felice l’acqua, in pace
tanto da tenersi strette un albero, guancia
a guancia, con tutto il disordine
naturale dei giardini in pieno sole.
Sicuramente sono stata felice
la prima volta
quando mi hai guardata e ho visto
come sapevi guardare lontano
nel medesimo istante in cui abbiamo
detto “noi siamo” dopo la pioggia
amara di settembre
la volta in cui sei tornato
– era mattina, di sabato –
e a vista d’occhio si è disperso
tutto il nero senza fissa dimora.
Penso a quando non c’eri, ed ero felice
lo stesso, per somiglianza al tuo essere
immensamente astrale
io che ho sognato di diventare un pesce
trasparente e di nuotare
con la tua voce allegra che mi annega.
Trittico sperimentale
gli occhi hanno chiuso la sera, avvicinato
lo spazio tra i tetti
come muri reggono il peso, contengono il crollo
così misteriosa la forza, il sasso lanciato
sul fondo, l’immagine che a tratti
non riconoscevo
*
le mani, sempre pronte a raccogliere
ogni goccia lasciata andare, a fare tana
alle piume sparse dei tuoi sorrisi, hanno
scavato cunicoli, gallerie, sposato tutte le paure
con l’ostinazione che oggi nutre i mandorli
*
ho un mondo segreto dove riposo: non sempre
ricordo la strada ma sposto macigni e gli animali
mi vengono appresso – di loro mi fido –
come le parole quando pungono il cuore
e lasciano andare un volo di libellule
Miracoli
Ti lascio abitare ogni angolo
della casa, far parte
di un quadro, scegliere
il film
il vaso dei fiori però
riempilo
ogni volta che puoi
l’odore sugli abiti lo tengo
stretto, lo stomaco anche
quando siedi con me
sul divano
sono piccoli miracoli le isole
che fa la vita, questo adagiarsi
di polvere e sole
che veste gli spazi, impregna
ogni singola fibra
ma non ci contiene del tutto
e non dico di te
perché sei solo tu
soltanto
la radice
che lega le lingue
tu solo conosci il nome
di tutte le stanze, il ritrarsi
del lago quando fa notte
io faccio
come se niente fosse
come la pioggia
del mio starti accanto.
Stato d’assedio
Siamo così vicini quasi da confonderci
nessun distinguo, linea di confine
nessuna garanzia
che potrei anche morire, adesso
in pace, potrei
finirti dentro per osmosi, lasciare
andare ogni promessa
che non esiste più, non esiste
quel castello di frasi a colazione
il rito, le scadenze
non c’è nulla da farsi perdonare
una minima distanza è sufficiente
che non siamo più
nemmeno corpi, solo una connotazione
uno stato d’assedio naturale.
Che incanto! Anna leggerle insieme è una bellezza 🙂
Ti raccondo un “dietro le quinte”, Marilena: anche noi della redazione siamo rimasti a bocca aperta leggendole tutte insieme e nessuno si e’ sentito di scegliere le tre poesie da pubblicare (erano 9 in tutto le proposte di Anna) e cosi’ la “palla” e’ arrivata alla “Direttora” la quale avrebbe dovuto decidere al momento di mettere in linea il materiale. Pero’ anche la “Direttora” non ce l’ha fatta e ha semplicemente – e a malincuore – tolto l’ultima quando si e’ resa conto che l’articolo aveva raggiunto una lunghezza proibitiva! 😀
Cari saluti. Claudia
Io dico che hai fatto benissimo, perchè negare questa lettura a chi ancora non conosce Anna.
Un abbraccio
grazie a tutta la redazione, a Paolo Polvani che mi ha contattata per questa bella iniziativa, a Marilena, amica e lettrice attenta… anch’io non sapevo scegliere, ho lasciato a voi la decisione e oggi leggo le belle parole alle mie piccole cose. un abbraccio a voi
“non crederesti mai che le poesie nascono così
da una ondulazione o una solitudine
le nostre gambe quando scrivono del freddo
nei vestiti che giacciono a terra, senza corpi
abbandonati, quasi un malore
del nostro esistere prima di ricomporsi ”
io lo credo, Anna, e te l’ho sempre detto o fatto capire, fin dai tuoi esordi.
rileggerle una dopo l’altra, è stato come non averla mai lette, mi ha dato la sensazione di scoprire la bellezza nel viso di una persona della quale si è innamorati da sempre ( a me succede, come sai, quando rivedo mia figlia ormai donna )
Sono veramente fiero di averti visto crescere e diventare così brava.
Non dico altro, non faccio altri commenti, non so volare alto, ma so che le poesia ” nascono da un’ondulazione “.
Non saprei propri chi buttare dalla ipotetica torre tra te e Marilena ( meglio che sia io a buttarmi )
ciao