ATLETICO SULL’ATLANTICO, DI GIULIO MAFFII. RECENSIONE DI CLAUDIA ZIRONI

ATLETICO SULL’ATLANTICO,
di GIULIO MAFFII.
Recensione di CLAUDIA ZIRONI

   

   

Il recentemente uscito (Novembre 2022, con Marco Saya edizioni) libro di poesia di Giulio Maffii “Atletico sull’Atlantico” mi pare ben sintonizzato sul tema di questo numero della fanzine Versante Ripido “Rumore bianco” e ho dunque deciso di proporne una mia lettura in questa sede.

Maffii, accademico docente di Storia contemporanea, propone una poesia sempre tutt’altro che accademica, direttamente connessa con il suo spiccato spirito e con la sua lucida e costantemente presente visione del mondo. Di come vede il “mondo poetico” e l’abuso della parola Maffii, lo apprendiamo già dal suo saggio di critica del 2013 “Le mucche non leggono Montale”:

A chi verrebbe l’idea di diventare violinista, arpista o suonatore di corno senza una adeguata preparazione, senza conoscere la musica e le sue regole, senza aver ascoltato quello che intere generazioni di compositori e studiosi hanno lasciato in eredità? Eppure il foglio e la penna sopperiscono ad un preciso, o impreciso che sia, percorso di formazione poetica.

Se il declino della poesia si collega al processo iperproduttivo del business legato in particolare al sottobosco poetico, al narcisismo puro ed ovviamente ad una mancata sistematizzazione della critica degli ultimi quaranta anni, il declino del poeta è dato, e parlo per paradossi, dalla figura stessa del poeta. La poesia è fondata sull’uso del linguaggio, non sull’autoreferenzialità come succede a partire dalla fine degli anni sessanta. […]

La poesia soffre la crisi umana lacaniana: è un trauma del linguaggio che deve comunicare, arrivare, giungere, essere significante. Il problema è individuare l’io narrante. Il narcisismo è troppo elevato, l’io autoreferenziale avviluppa i testi…

In questo “Atletico sull’Atlantico”, Maffii ritorna in versi sul tema dell’eccessivo rumore di fondo in poesia, allargandolo al rumore assordante dell’umanità che non comprende più il significato autentico delle parole. Fin dalla seconda poesia non risparmia bacchettate e sarcasmo, e tra le cose insopportabili colloca “la glorificazione degli inetti” poi chiude chiedendo “e la metrica intanto?”

Questa “metrica” ritorna come refrain anche in successive poesie a ricordare che mentre “tutti/ si scambiano parole/ pensando di avere lo stesso diritto/ che ogni parola lo stesso valore/ …/ che in bocca allòro (e qui torna la bacchettata in forma di calembour n.d.r.)/ non vale più niente” occorre una riflessione seria su ciò che si scrive e si comunica uscendo dalle logiche puramente utilitaristiche che sono poi le principali responsabili del clangore mediatico.

Infatti a seguire troviamo i versi “bruciamo i premi i nomi/ tutto quello che è brutto/ lo sai non si può dire”,  l’ultimo dei quali ci ricorda come sia complesso il rapporto tra logos e verità, tanto che il silenzio di un mondo interiore forse è l’unica àncora di salvataggio in questo bailamme: “C’è una linea bianca/ dove scrivere su un foglio bianco/ in un quaderno bianco/ con lettere bianche/ significati bianchi come neve/ luce morte/ sognificati/ tutto dentro una matita bianca”. Voglio citare ancora uno stralcio da una poesia della prima sezione (Altitudine quasi zero): “Nelle case dei poveri/ ci sono televisioni/ immagini che falsificano/ ci sono pavimenti sporchi/ un quintale di problematiche psicoanalitiche/ ci sono liste della spesa/ bestemmie ed acari/ Nelle case dei ricchi/ lo stesso” perché alla fine la “livella” dell’umano in Occidente (Occidente di cui l’oceano Atlantico è probabilmente il principale simbolo identificatorio) forse non sta tanto nella comune ineluttabile fine dei giorni, quanto nell’insulsaggine di vivere all’interno della società dello spettacolo e dell’individualismo monetizzabile, affogando nella comodità ogni istinto di ribellione.

La seconda sezione del libro (Coproesia) è costituita da una singola poesia, brevissima, sarcastica, che recita nei primi versi “La poesia è una merda/ (o chi la fa)”. Inequivocabile ciò che l’autore vuole partecipare.

La terza sezione (Storia di un secondo) propone sempre scanzonate e amare riflessioni sulla vacuità dell’esistere e delle convenzioni e sulla rarefazione dei contenuti sociali. Da qui vi propongo la poesia che presta il titolo al libro: “Come dire/ parliamo del clima/ altri parlano di malattie/ noi parliamo del clima/ siamo cipolle nei vestiti/ senza odore/ ci portano cipolle nei piatti/ esco atletico sull’Atlantico/ vestito di ceramica”.

La quarta e ultima sezione (L’antigeometria dei limoni atlantici) contiene componimenti in versi lunghi dal tono alquanto surreale, dove l’autore, in un flusso di coscienza, de-compone e ricompone il linguaggio e gioca con le parole per evocare sempre la stessa disillusione “Scendono le correnti all’interno del sogno cercano vie di fuga/ forse le narici forse il dorso degli orifizi poetici il buco dell’io / Il sacrilegio delle emozioni – maggio è il mese delle consacrazioni -/ Non appare più niente che già sarebbe molto/ – qualcuno fotocopia fotocopie –“

Un libro che certo non risparmia strali, questo di Maffii, ma che anche tenta di indicare un percorso, una via d’uscita dalla melma insignificante di milioni di voci che gridano per sovrastarsi senza dire nulla di nuovo.

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