Baraccopoli congelate, poesie di Sara Comuzzo

Baraccopoli congelate, poesie di Sara Comuzzo.

    

    

Sara Comuzzo nasce agli sgoccioli dell’estate del 1988, negli ultimi anni ha vissuto in Canada, Scozia, Australia, Nuova Zelanda, Africa, Inghilterra ed Irlanda. Lavora nel sociale, principalmente con senzatetto, bambini di strada e tossicodipendenti. Ha pubblicato 3 raccolte di poesie Mentre loro parlano di non so cosa (Thauma, 2012), Siamo sopravissuti a un altro inverno (Thauma, 2014), Invecchiano anche le rose (Il Rio, 2014) e ha vinto il Premio Gentile con la raccolta di racconti Dove nessuno può cadere (Schena, 2014).

Di seguito vi proponiamo alcuni testi dell’autrice da lei selezionati per noi dal libro Mentre loro parlano di non so cosa”, TAUMA Edizioni, 2012:

    

Doni tra sconosciuti

Colleghiamo la luna al sole e rimaniamo così aridi.
Le lettere che invio all’oceano non arrivano mai
tornano indietro
a un indirizzo che appartiene a me ma in cui non abito.
La campanella dell’auto suona se non allacci le cinture.
La pietà dei capannoni delle sagre.
Mi dà poesie come un dono di sofferenze personali,
soggettivamente descritte e vissute.
Io le leggo altrettanto soggettivamente.
Starò bene se te ne vai.
L’orologio continuerà a girare e i giorni passeranno e diventeranno settimane.
Il ragazzo ascolta glam e gli piace incidere il suono su specchi d’acqua.
Alza lo stereo per far sentire la sua musica.
Canti e suoni, melodie diffuse che si espandono nei lobi
come chewingum sotto le suole.

***

Frozen slums

Baraccopoli congelate
giù nel buco.
Sento la compassione
entrare e cambiare la spina dorsale.
I sassi diventano ossa
di anime morte ancora intrattenute dallo spettacolo.

E voi siete quelli che non possono perdonare (ma ci provano).
E noi siamo quelli che hanno portato la distruzione.

La tensione fra l’oggi e il domani ha spezzato il flusso del passato.
Viviamo in scatole grigie che dimenticano le loro uscite.

Non più scuse per una pelle bianca.
Non più piatti con fagioli bolliti.
Ma il vapore
sta scendendo.
C’è un tuono nei vostri occhi
che parla per famiglie e tribù
dice di chiudere le nostre menti.

*** 

Da una pagina di diario

Ho bussato alla sua schiena
per chiedergli se era felice
e cosa fossero quei basettoni scimmieschi.
Bambini di diverse razze
giocano e comunicano
pur non condividendo la stessa lingua.
Noi che non riusciamo a comunicare.  

Le parole hanno il prezzo delle azioni.
I fatti non sono reversibili.
Le lettere costano quanto gli spari.
Busta chiusa e colla scaduta.
Giostra costruita con stuzzicadenti.
Tutti i pensieri cristallizzati
corrodono la cenere sul volto.
Telefoni disattivati
display ingessati.
Cosa ne sarà del blocco da scrivere?
Cosa costruiranno i ricordi?
Quegli stessi pensieri cristallizzati finiscono
cristianizzati da qualche parte in Mexico.
Avere le fauci infiammate
dal vento estivo
e dalla terra arancione.
Non siamo gialli e verdi.
Mi hanno regalato caramelle ubriache.
Portiamo il cactus sul pavimento.

Posacenere trascina le dita del tempo:
impronte digitali di anni rivoluzionari
che non vogliono passare
o fermarsi.
Controlliamo i battiti
per avere meno compiti per casa.

Manichini sembrano persone.
Persone sembrano manichini.
Gli spaventapasseri a chi somigliano?
E noi cosa sembriamo?

***

                               

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