Girotondo, poesie di Anna Belozorovitch.
Anna Belozorovitch è nata a Mosca e ha vissuto tra il Portogallo e l’Italia, dove risiede stabilmente dal 2004. Ha da poco concluso un dottorato in Studi interculturali presso l’Università Sapienza di Roma, con una tesi sulla letteratura prodotta da autrici migranti provenienti da Paesi dell’Europa Centro-Orientale e il legame tra scrittura e violenza.
Ha pubblicato poesia e prosa, tra cui le raccolte poetiche: Anima Bambina (Besa 2005), Qualcosa mi attende (LietoColle 2013) e il romanzo in versi L’Uomo alla Finestra (Besa 2007). Nel 2015 sono usciti il suo romanzo 24 Scatti (Besa) e il volume Poesia (Lithos) di Kazimir Malevič da lei tradotto e curato. È da poco uscita la sua nuova raccolta di poesie Il debito (LietoColle 2017).
Collabora con Versante Ripido, periodico dedicato alla poesia, e fa parte della Compagnia delle Poete.
Per questo numero di Versante Ripido con tema: “la poesia come gioco” vi propongo un piccolo gruppo di poesie, facenti parte del mio libro Qualcosa mi attende (2013), scritte con un tono di filastrocca e costruite attorno alla metafora della rotazione – essenza di tanti giochi infantili – come elemento presente in ogni cosa della vita. AB
1
Giallastro e mite abbandono
sotto il primo sole buono
senza sentire suono alcuno:
una stagione in un baleno.
Gioia indifesa e non macchiata
d’animo attento e inquieto:
gioia pulita, gioia grata
al cielo alto e alla vita.
Potessi trattenere oltre
gli anni di liquido crescendo,
di altalene e trecce folte,
la gioia di quel girotondo!
2
Nel cuore ruota e poi si perde
il senso d’euforia cieca
quando un regalo inatteso
bagna le dita e apre gli occhi.
E la voragine d’addii
è lentamente ricoperta
come portone a scorrimento
d’un freddo disco in granito.
Eclissi o alba, il sentimento
intorno a un corpo prepotente
sembra orbitare. Solamente
può essere rotondo il cuore.
3
E nel giardino abbandonato
senza più cure e potature
scosto i folti rami duri
di siepi fiere accresciute;
col piede sogno il sentiero
di terra umida e pressata
e il cancello sulla strada.
Ma eccomi che torno indietro
dal rude e tiepido asfalto:
cerco di perdermi pian piano
nel caos fragrante di quei rami
verso il verde anonimato.
4
Chissà se dopo la scomparsa
vanno in un luogo i palloni
dove incontrano i fiori,
i fiori che hanno danneggiato
nel rimbalzare allegramente
macchiandosi di schizzi verdi
di gialli pollini e di terra
senza ritorno oltre la siepe.
Chissà se là, nell’altro luogo,
i fiori ballano giocosi
su pelli bianche afflosciate
non più sonore sull’asfalto.
5
Vorrei un gioco senza il giorno
che si chiudesse in se stesso,
che continuasse di nascosto
mentre il mondo dorme e sogna
senza ritorno verso il tempo,
verso i lucidi minuti,
le ore stanche di certezze,
pensieri umidi di veglia.
Vorrei avere già iniziato
e stare sempre per finire
con l’albeggiare che attende
eternamente sulla soglia.
6
Lieve girandola al sole,
come un febbrile arcobaleno
chiuso in sé stesso e impazzito,
perduto in una dimensione
eternamente dopo pioggia,
ruota intorno all’asse fredda,
intorno al corpo di metallo,
la mia gonna a spicchi dolci.
E, come un disco in vinile,
la gonna è pagina del sogno
su cui incide nella vita
cosa sarebbe, se potesse.
7
Chi non si chiede: che succede
se non si ruota più; se tutto
si ferma, offeso e protestante
contro la regola non scritta?
Girare il volto: quanto basta
per ammirare il buio pesto
per darsi in pasto alla corrente
senza sorgente e senza foce.
Freddo e oblio. Eppure forse
senza il capo intontito
i piedi stanchi e i ricordi
si ruota solo più veloci.
*