Bisognerebbe aver più fede, nell’Eros. Editoriale di Gabriella Modica.
Tu osservala con la mente, e non essere stupito con gli occhi:
essa è ritenuta innata nei corpi mortali,
grazie ad essa desiderano amicizia e compiono opere concordi,
chiamandola con l’appellativo di Delizia e Afrodite.
Nessun uomo mortale la riconobbe mentre a loro
si volgeva: ma tu senti le parole veritiere del discorso
Empedocle da Agrigento
Come si usa l’Eros? A vario titolo e forma, ce lo siamo chiesto tutti.
Negli anni Trenta Wilhelm Reich, suggerì l’esistenza dell’energia orgonica, che allo stato ottimale scorreva fluidamente all’interno del corpo umano e che, ostacolata, si disperdeva o creava ingorghi biopsichici traducibili come disordini mentali o gravi patologie fisiche. Questa energia era correlata all’orgasmo e rintracciabile in tutti gli elementi naturali. Per dimostrarlo Reich costruì dei macchinari per catturarla e renderla riutilizzabile. Risultato: gli accademici lo presero per folle, cercarono di cancellarlo dalla memoria collettiva, e Kate Bush, che è un campione rappresentativo di buona fluidità orgonica gli dedicò una canzone ed un videoclip assai evocativi, Cloudbusting.
Cosa c’entra tutto questo con la poesia?
A noi di V.R piace pensare che l’Eros fluisce nel sondabile e nell’impensabile, presiede alla trasformazione creativa, corporea, sociale, e accompagna la base della vita: la Libertà.
La danza ciclica del tempo è alimentata, imboccata da Eros, e da lui lentamente stimolata, eccitata fino a diventare guerra, deflagrazione, onda d’urto e di nuovo quiete. Iridescente, come il mare dopo che ha incontrato lo scoglio. Gioiosa, come (dovrebbe essere) un amplesso. Misteriosa, come tutto ciò che esiste tra la guerra e la pace.
Per gli antenati Eros è figlio di Amorevolezza e Odio. Chi dei due ha più costanza nell’esercizio delle proprie armi vince sull’altro. Eros è comunicazione. In Italia si ha da tempo la sensazione di essere fermi alla fase ciclica della guerra. Tra chi e perché, non è del tutto chiaro. Forse perché la comunicazione è sempre la stessa: io ti eleggo, tu non fai il tuo dovere, io protesto, tu continui a non fare il tuo dovere e spendi i miei soldi in divertimenti e armamenti vari. Come le coppie che vicendevolmente si prospettano un orizzonte infinito di piaceri da condividere e poi fanno l’amore sempre allo stesso modo. In entrambi i casi uno dei due, o tutti e due non contemplano l’esistenza di un Noi. Secondo Reich la cura consisteva nel mettere in atto con se stessi e con gli altri una buona Politica di Impiego delle proprie Risorse vitali, basata su una sana Alimentazione, sull’abitudine alla piena Libertà di espressione dei propri bisogni, sulla soddisfazione del Piacere senza tabù. Insomma, tutto quello che storicamente, ed attualmente, vediamo scarseggiare nel globo terrestre da quando i nostri bisogni ha cominciato a suggerirceli qualcun altro.
L’esercizio della propria Libertà sessuale, intellettuale, artistica, è stato perseguitato, occultato, isolato. Ma l’Arte lascia sempre tracce che permettono alla Libertà di essere rimessa in circolo attraverso la Creazione. L’Eros è Creazione in divenire.
Nel 2010 un gruppo di artisti propose una collettiva intitolata L’Economia della Libido, in cui dimostrarono viaggiando tra le pagine del romanzo L’uomo che arava le acque della scrittrice libanese Hoda Barakat, la possibilità di rintracciare l’Eros attraverso la corporeità, attraverso l’emozione esperita dal contatto con diversi tessuti, e suggerirono il tema come lavoro di disintossicazione dai tabù che limitano l’approccio all’eros. Siamo tornati al punto di partenza: L’Eros si trova (o scarseggia), in tutti gli aspetti del nostro vivere. E l’Arte sembra esserne l’unico veicolo.
In questo numero di V.R proporremo le opere di chi, in regime di dittatura è stato portato ad isolarsi producendo una serie pressoché sterminata di opere di straordinario valore letterario.
Molti di noi si ritengono fedeli perché frequentano un luogo di culto.
E molti ritengono di sapere cos’è l’Eros perché ne conoscono le arti meglio di una pratica devozionale. Ma assieme ai corteggiamenti e gli amorosi sensi, esso muove qualunque aspetto dell’esistenza, è presente in ogni emozione, perché ogni emozione è insita in ogni diversa fase della ciclica danza descritta dallo sciamano Empedocle, nel V sec. a.C. Quando si impedisce all’Eros di fluire, quando si impedisce la Libertà all’umano di agire secondo il proprio sentire, si crea l’ingorgo, il malessere, e l’evoluzione sembra andare in cerca di qualcuno da cui farsi benedire. Accade quando si subisce una violenza, quando una dittatura pone il limite di occuparsi solo di cultura di regime, quando si vive la guerra sulla propria pelle, senza averlo deciso. Anche di questo parliamo in questo numero di V.R
Espandiamo l’Arte amatoria al mondo intero, riprendiamoci le nostre emozioni e raccontiamole. Il viaggio esistenziale dell’intera materia terrestre è scritto li. Riscriviamo in noi il sacro Testo dell’Eros ed osserviamolo come una vera fede. Buona lettura.
Questo pensiero di Modica: “A noi di V.R piace pensare che l’Eros fluisce nel sondabile e nell’impensabile, presiede alla trasformazione creativa, corporea, sociale, e accompagna la base della vita: la Libertà.” mi ha coinvolto e folgorato perche’ la sua ampia interpretazione di eros e’ esattamente la mia. Mi auguro veramente che gli ottimi contributi che abbiamo pubblicato in questo numero aprano il nostro pubblico a dibattiti e riflessioni sul senso di eros come modo di vivere e di intendere anche i rapporti sociali. C’e’ chi mi ha criticato quando ho esteso il concetto ai collaboratori, per la preparazione di questo numero, spiegando che parlare di eros e’ anche impegno sociale di denuncia degli abusi e di un vivere non in sintonia con una degna evoluzione umana, quando l’eros si esprime in possesso e violenza, o edonistico piacere in cui l’altra parte e’ irrilevante. Ma io rimango convinta che si’, Eros e’ energia convogliabile nella trasfomazione e in anelito di liberta’, e deve essere fonte di spunto per riflessioni sulla natura umana. Mi unisco a Modica nell’augurare a tutti buona lettura.
Visto che siamo bene o male poeti, Gabriella, l’aver ignorato quel grande archetipo, così presente nella poesia di tutti i tempi, dell’associazione Eros – Thanatos è casuale o intenzionale? Fatico a immaginare un (‘) amante che ride allegramente nel momento dell’orgasmo. In quel momento l’amante geme, e grida, travolto (a) dal sacro, perché Eros è un dio.
Un erotismo banalizzato a spasso, o a chimismo, o a mero piacere non mi pare degno di una fede, anche se sono invece convinto che Eros meriti seguaci, sacerdoti e riti.
È commovente caro Santarone che tu, poeta, conosca la poesia di tutti i tempi e ne rilevi però, il solo aspetto archetipico di Eros e Thanatos. Io non ho bisogno di definirmi poeta, ma se a te fa piacere interloquire con me in tale veste fai pure, non te ne vorrò per questo.
Avrei riferito ad Eros e Thanatos qualora ne avessi avuto bisogno. Ma avendo esordito con un pensiero di Empedocle pensavo che, considerando lo sconfinato sapere di cotanti lettori come il mio delizioso interlocutore, fosse superfluo fare sfoggio di considerazioni filosofiche che oltre a non competermi professionalmente, non mi servivano nel contesto dell’esposizione oggetto della tua acuta riflessione.
E invece, forse avrei fatto bene a dimostrare il mio eventuale sapere filosofico e la conseguente promozione all’appellativo di poeta, se avessi fatto quello che ci si aspetterebbe di fare nell’ambito di una considerazione sull’Eros.
Allora cerco di chiarire il senso di quel che volevo dire e che, certamente non ti è risultato chiaro magari perché -ma questo è un umile parere passibile in ogni momento di revisione- c’erano delle aspettative di lettura che, in base a parametri del tutto soggettivi quanto a mio avviso limitanti, sono state disattese. In una parola: io intendevo parlare di un aspetto, mentre per te era ovvio che si parlasse dell’aspetto più conosciuto. Questo, almeno, mi pare di capire.
Dunque cerco senza dilungarmi, di chiarire che:
Empedocle di cui cito il pensiero all’inizio dell’editoriale, e che cito alla fine (in modo amorevolmente irriverente) dello stesso, và oltre l’archetipo di Thanatos la cui origine è successiva a quella del pensiero di Empedocle. Per Empedocle, ciò che nasce è in sé anche morte, quindi eterna trasformazione dove è assente l’inizio o la fine. E ciò che permette questo eterno passaggio da vita quindi, a morte a nuova vita degli elementi costitutivi di tutto ciò che esiste in natura attua la sua evoluzione attraverso due forze contrastanti in continuo scambio dialettico: AMORE e ODIO. Questo scambio assume ciclicamente gli aspetti di una guerra o di un orgasmo dei sensi. Entrambe le forze portate alle estreme conseguenze assumono una caratteristica tangibile e inattaccabile: la totale assenza di dialettica. Che potremmo anche intendere come silenzio: dopo un bombardamento il silenzio è insopportabile, e dopo l’urlo dell’orgasmo, più godibile dello stesso c’è l’abbandonarsi al silenzio. Ma dato che il silenzio è una parte fondamentale quanto trascurata del discorso, potremmo affermare con Empedocle, che in realtà la morte non esiste. La qual cosa caro Santarone mi è congeniale, almeno nell’ambito della riflessione che è stata pubblicata in questo contesto. Quindi spero adesso sia ben chiaro che non di AMORE E MORTE mi interessava dire.
Quanto alla tua fatica ad immaginare un amante che ride allegramente durante un orgasmo, e sebbene non riesca a trovarne attinenza o riferimento nel mio editoriale prendo la libertà di non risponderti e tenere le mie basite considerazioni per me.
Spero di essere stata esauriente, Caro Santarone e ti auguro una buona domenica.
Gabriella Modica.
Grazie di tanta attenzione! Sono sempre apprezzabili il tuo garbo e il tuo humor.
Se ne avrò la vena, un giorno scriverò un racconto sulla formazione alla filosofia sotto un professore prete, intellettualmente atrofizzato e presumibilmente anche un po’ pedofilo. Non sarà un racconto umoristico, perché quel professore mi ha per sempre tagliato fuori dal gusto per il sapere filosofico.
Ciò per dire che la mia non era, e non intendeva essere una maestrinata filosofeggiante, né avevo alcuna intenzione di… come dire?… correggerti (che sarebbe stata cosa cretina assai)
Il mio riferimento era solo esistenziale e forse esperienziale. Non riesco ad immaginare Eros senza Thanatos, non nell’astrazione del pensiero e men che mai nei dover essere di noi poetucci, bensì in quel grido antico e misteriosamente dolente che in molte donne, per quanto ne so, conclude l’atto dell’amore
Caro Santarone, tu mi lusinghi.
Ma ho solo cercato di rendere un pò più chiaro un pensiero che, anche per esigenze di lunghezza avrei potuto certamente argomentare in modo diverso. abbi pazienza, è questione di esperienza, la mia.
La filosofia sa essere una pericolosa gabbia in cui chi la possiede con ampia cognizione, può in ogni momento, argomentando, nascondersi dalle proprie paure, nevrosi, resistenze. Ed è un vero guaio, perchè la filosofia contiene in sè alcuni elementi che favorirebbero una ripresa della salute generale degli esseri umani. E invece spesso, chi dovrebbe avere la responsabilità di portare in giro questa verità preferisce continuare tranquillamente la propria vita senza dover fare la fatica di mettersi talvolta in discussione…perchè è questo, anche questo, che la filosofia chiede. E’ vero, spesso i docenti di questa materia sono persone assai più fragili di quello che sembra…
Ma chi non lo è?
Sai, Santarone, nell’antico mito egizio il dio Toth dà vita al tutto con un grido cosmico, assimilabile ad una risata articolata su sette note musicali crescenti.
Dunque la dimensione egizia dell’Universo nasce con una risata. E’ un prodigio.
E cosa esiste di più universale di un orgasmo, in qualunque accezione lo si voglia considerare?
deve esserci allora una componente egizia nelle donne che in quel momento preferiscono ricongiungersi all’universo con una risata, ed un’altra non meglio identificata cheinvece le mantiene radicate alla terra con un antico e dolente grido…
Bella conversazione, ad ogni modo.
Buona serata, Caro Santarone
Bella conversazione sì, e molto bella la faccenda del dio Toth.
Grazie ancora per la tua attenzione e per la tua ironia