Cinque giorni di incontri, letture, poesia, letteratura, filosofia, società, economia: Pordenonelegge si moltiplica, reportage di Gabriella Musetti.
Un programma denso quest’anno a Pordenonelegge, ricco di eventi e incontri, di suggestioni che catturano, con la capacità di farti vivere dall’interno le emozioni delle idee che circolano nel momento presente, quasi palpabili intorno alle persone. Tanti i protagonisti nelle diverse sedi, piazze, tendoni, teatri, biblioteche, sale istituzionali. Ma anche gli incontri per la strada, tra la folla che ha dato nuova linfa alla città, giovani, coppie, anziani, ragazzi, bambini, tutti alla ricerca di una propria dimensione nel rapportarsi agli eventi, nel cercare di viverli al massimo per trarne qualche beneficio. Auspicio di sottofondo che trova un suo motivo comprensibile nel voler allontanare per qualche tempo le ansie e gli scoraggiamenti dovuti a una una crisi multiforme, economica, sociale, di trasformazione, che ancora non vede una chiara e definitiva fine. Non che Pordenonelegge sia un viatico contro la crisi, anzi, la contemporaneità nei suoi aspetti drammatici ha trovato spazio tra le parole e i concetti diffusi, ma l’opportunità di incontrare una tale concentrazione di pensiero e creazione artistica getta pur sempre una luce di imprevedibilità che stimola l’attesa di qualcosa di impensato. Gente contenta per le vie della città, in attesa di qualche parola da incamerare nella mente, su cui riflettere o per divertirsi, anche nelle lunghe file disciplinate dagli angeli guardiani con la maglietta gialla prima degli eventi di rilievo. Cinque giorni pieni di proposte, da scegliere selezionando a seconda degli interessi di ognuno, visto che è impossibile seguire tutto. Tra le differenti opportunità in campo parlerò sostanzialmente di un percorso legato alla poesia, che è quanto ho seguito soprattutto, dato che rientra nei miei interessi più profondi.
Pordenonelegge ha sempre dato spazio alla poesia, con incontri disseminati nelle giornate in luoghi diversi, formando una specie di ‘altro festival’ ben radicato e riconoscibile dentro quello ufficiale. Ricordo quelli serali alla Loggia del Municipio, letture intense in una atmosfera di raccoglimento e di empatia, oppure gli incontri più mirati, pomeridiani, dislocati in luoghi particolari come la Libreria della Poesia, un sito allestito espressamente per la durata della manifestazione, dove puoi trovare libri fuori catalogo oppure di piccole case editrici che non hanno circolazione. Gian Mario Villalta, poeta di notevole caratura e direttore artistico della manifestazione, da sempre ha curato questo aspetto, generalmente poco presente negli altri festival nazionali. Si sa, quando l’interesse è forte le cose accadono.
Molti autori e autrici di grande valore si sono succeduti in letture, incontri, conversazioni, dibattiti su questioni di critica letteraria e rapporti con il pubblico, contaminazioni tra i generi, proposte innovative e di ricerca, presentazioni di lavori in fieri e altro ancora. Moltissimi i nomi di rilevo nel panorama nazionale e internazionale; voglio ricordare Maurizio Cucchi in una lunga intervista -colloquio con Alberto Bertoni, in occasione dell’uscita dell’Oscar Mondadori (Poesie 1963 – 2015), che raccoglie le poesie di Cucchi, un vero Canzoniere, oltre cinquant’anni di poesia e di pensiero sulla poesia; Mariangela Gualtieri in Rito sonoro, al ridotto del Teatro Verdi, una vera e propria lettura recitata sulle forme della gioia e del sentire umano e animale, che ha tenuto ferma e attenta una platea numerosissima per oltre un’ora, con una richiesta di bis, tanta è stata la forza incantatrice delle parole e della voce della poeta; la suggestione delle letture alla Loggia, con voci nuove o già affermate di molti autori e autrici, tra le case medievali e l’oscurità della notte, e gli incontri con alcune riviste di poesia che si interrogano sul presente, sullo stato dell’arte, mai sufficientemente indagato, tanti sono gli intrecci e le connessioni che si aprono e si mettono in campo. Da Viva, una rivista ‘in carne e ossa’ come recita il sottotitolo, che coniuga l’evento con la scrittura e ripropone concetti su cui indagare ancora (Fortuna, Follia, Silenzio, Due, per fare un esempio) e riletture di autori troppo presto lasciati cadere nella nebbia dell’indistinto come Beppe Salvia, Giorgio Vigolo, a siti-riviste militanti come Carteggi letterari, che si muove sul terreno della critica del presente e ha avviato una attività editoriale seria e lodevole come restituzione di una complessità di scrittura da sottoporre al vaglio. Da case editrici come Marcos y Marcos, che aumentano le proposte di poesia, in controtendenza con quanto accade a livello nazionale da parte di editrici di maggior peso, e che si aprono alla ricerca, alla presentazione della Collana Gialla, progetto editoriale compartecipato tra Pordenonelegge e LietoColle, per dare spazio ad autori affermati e anche più giovani, in un intreccio dai contorni da definire, per rispondere a una richiesta di partecipazione più ampia e condivisa. Senza dimenticare Samuele editore che con la partecipazione del Gruppo Majakovski, sodalizio di autori friulani che scrivono in lingua e parlate locali, coordinato da Giacomo Vit, ha festeggiato gli otto anni di pubblicazione di poesia della Collana Scilla e si attesta come serio giovane editore nel panorama nazionale.
Ancora vorrei ricordare la presentazione di alcuni autori che innestano un discorso internazionale, comparativo, quanto mai necessario, dentro i confini delle patrie lettere, data la loro esperienza professionale e di vita, come Nicola Gardini, Paolo Valesio, Andrea Inglese, e altri. E non voglio tacere gli scambi fertili con autrici e autori di diversa posizione poetica e ambito tematico, letti e riletti tante volte, così spesso incontrati sulle pagine dei loro libri e anche dal vivo, ad esempio Vivian Lamarque, Anna Maria Carpi, Roberto Mussapi, Italo Testa, lo stesso Gian Mario Villalta, solo per fare alcuni nomi.
Di grande impatto per la verve dell’autrice e per le osservazioni che ha portato all’attenzione del pubblico è stata una lezione-esercizio di traduzione, messa in scena da Patrizia Cavalli nel Convento di San Francesco, affollato all’inverosimile, a partire dal libro Shakespeare in scena. Quattro traduzioni, (Nottetempo), recentemente uscito. Cavalli, tra le voci più significative della poesia italiana contemporanea, ha affrontato Shakespeare con un taglio innovativo, contemporaneo, restituendo al drammaturgo inglese (che scrive in versi) la duttilità di una lingua viva, capace di attrarre e commuovere, far ridere ed esprimere tenerezza. La lingua ricreata da Cavalli ha restituito un autore contemporaneo, di una forza espressiva convincente e attuale, suscitando consensi tra gli spettatori che l’hanno seguita con grande calore nella spiegazione e poi nella parte performativa di lettura. Cavalli chiarisce che le traduzioni sono state fatte «non con intento filologico, ma per un pubblico di attori e il regista che aspettavano i testi per metterli in scena». Questa modalità ha chiari effetti sulla traduzione, la modifica, la inserisce in un tessuto vivo di relazioni. «Il modo di tradurre e il risultato sono diversi a seconda della destinazione del testo (filologica, integrità del testo) rispetto a un’attesa viva, come ai tempi in cui un testo veniva scritto e subito dato agli attori. Questo rende il modo del tradurre più vivo e pieno di nervosismi, fatiche, disperazioni, immaginazioni che non lo stare lì nella dimensione semplicemente editoriale». Curiosa e affascinante la scelta di seguire i movimenti dei personaggi sulla carta muovendosi ella stessa tra le varie stanze della casa, per ricreare quelle posizioni che rendano dicibile il testo. L’attenzione alla lingua è precisa, da poeta ripercorre i sottotesti che moltiplicano i significati e costruiscono un tessuto di relazioni da rendere attivo nella traduzione, ma anche le ‘forme’ in cui si presenta, a seconda dell’opera da trattare: la rima e la forma chiusa per Sogno di una notte d’estate, i toni di voce per Otello, l’astrazione per La dodicesima notte, cercando di cogliere la lingua di Shakespeare nelle sonorità e sfumature, il ritmo nell’andamento della voce, gli accenti che rendano il verso necessario. Una grande lezione di poesia (e non solo di traduzione) svolta con la naturalezza che le è propria.
Altro dato interessante della manifestazione sono stati gli incontri di rilettura o meglio di ripresa di autori significativi regionali e nazionali. A cominciare dall’evento-concerto Requiem in Re minore KV 626 di Mozart, eseguito in Duomo, con la direzione del M° Fulvio Turissini, dedicato a Padre David Maria Turoldo nel centenario della nascita, concerto che ha aperto l’anno turoldiano avviandosi a una riesplorazione delle opere e della vita dell’autore. Oppure la riproposizione dell’opera poetica in friulano di Amedeo Giacomini, maestro riconosciuto di molti poeti non solo regionali, autore di rilievo nel secondo Novecento italiano. O ancora la figura poetica e le opere di Giorgio Caproni, indiscusso protagonista del Novecento europeo, specie nei motivi simbolici che ne hanno caratterizzato l’opera, come il tema della Bestia, incombente in tanta letteratura novecentesca di differente origine.
Anche il mondo della scuola è stato coinvolto con successo, a vedere le classi in movimento, l’attenzione con cui hanno seguito gli incontri, le domande rivolte ai relatori. Un scelta opportuna, essendo gli organizzatori ben consapevoli che i futuri lettori e lettrici si possono addestrare con qualche probabilità di riuscita sui banchi, in quelle stagioni creative e curiose che sono l’adolescenza e la giovinezza, e che la formazione letteraria e poetica tanto intervengono nella educazione sentimentale e civile delle persone. E “Raccontare la poesia del Novecento nella scuola superiore” è stato l’arduo compito che si sono presi Roberto Carnero, Herman Grosser e Davide Rondoni, presentati da Roberto Cescon, a sua volta poeta e insegnante.
In ultima analisi pare che tanta ricchezza di proposte che concerne la poesia, tanti diversi punti di osservazione e confronto messi in campo si configurino consapevolmente come strade opposte, o almeno divergenti, rispetto alla marginalizzazione e insignificanza con cui la poesia è accolta nella società italiana di oggi. I libri di poesia contemporanea difficilmente si trovano nelle librerie (resistono solo i classici conclamati), gli spazi pubblici per gli autori si restringono (anche se la rete e i numerosi festival dedicati sembrano segnare altre ipotesi, ma occorre valutare opportunamente la ricaduta), il discorso pubblico autorevole non coinvolge più gli scrittori, tanto meno i poeti. Per non parlare delle autrici, ma sarebbe un tema lungo da trattare. Anche la parola ‘resistenza’ in questo campo è oggi assai abusata e trova sfrangiati i suoi contorni.
Resta l’attaccamento a una linea etica di pratiche condivise, da condividere con chi ci sta, frutto di passione e pensiero profondamente innestati nel corpo. Non pare molto? É invece una scelta fondativa di occasioni quotidiane e persistenti che ripropongono la poesia nella vita di tutti i giorni, tra i banchi di scuola come per i poeti sono vivi.com (lettura quotidiana di poesie di poeti viventi) o in altri eventi durante tutto l’anno, e che si espongono, nelle giornate del festival, a una visibilità e radicalità più nette e marcate.