Così alta la vita, poesie di Cristina Annino

Così alta la vita, poesie di Cristina Annino

 

 

Scrittura

Per natura metallica scrivo; per la
stanza che prende il volo convulsamente, per
l’identità totale dei tovaglioli e per mio
nonno. Per cielo, terra, e il senso di me sui
braccioli delle poltrone. Per l’ozio
infinito capolavoro che brucia cicche dicendo
d’essere buono. E fingo, in
termini generali, pillole, paradiso. Per il
Bingo scrivo. Magari!

 

Resurrezione nella musica

Mi scollai per estasi, entrai
in teatro con gli altarini. Erano così
gli ottoni che fanno
piangere? cannoni d’estremo
fiato. Saltai sulla testa di loro
con la bacchetta in mano. Oh, stato
divino, ho in mente di nuovo
un’orchestra! Chiesi
perdono ai pianisti in piedi,
alle code lisce, al muto pesce
del suono. Facevano acqua senza
me, le candele spente? davo
la mano persino
ai clarini. L’orchestra che poco
mancava andasse a fondo, oddio!
ritto la dirigo ora sull’orlo d’un
cratere spento, mentre il mondo,
prego, diffonda pure la nostra cenere.

 

Primo mistero della fede

Fu quando c’incontrammo che
piovevano aragoste sul
selciato, facendo del
corpo uno strazio. Io
trovavo il gorilla. Quelle sue
braccia nere, aperte con la voce
le vene del sussurro, con le
orbite il cuore. Dio, quanto ho amato
tutte le loro lingue! Diffondevo la
gioia, terra, cielo e bottiglie di
fuoco quando tuona, ingoiando
le dita di lui superstizioso.

          **

Davvero allora
camminavo vivo, se in un giorno
solo le emozioni son vecchie.
Non ho più
trovato quel
modo di fare così alta la vita.

 

Secondo mistero della fede

Nel buio faceva paura. Apro il
vetro; a chi può fregare se vedo una
zebra fissarmi? C’è
più gente che zebre-vero- ma lei nel
nero era casta, morta, viva. L’eternità.
Mi
disse poche cose soltanto, che era
infelice, parlando così, il labbro
cadeva a destra. Sì e poi sì, masticava
dolore, squadrandomi eretta, che
chiunque l’avrebbe vista puntare su
me. Sono sceso; annuendo
remavo allegro; lo scalino
crebbe, poi duro lo smog delfino
che lei pareva inalare. Va bene sì, io ci
credo; credo nelle panzane, le
nullità, le avariate mortissime
nebbie.

 

Nuotatori

Parola di luce e di clima: tre cani (due
mastini e un pastone tedesco) giungono sul mare,
sembrano
mettersi la cuffia, uno di qua, gli altri liquidi
al largo. Poi
tornano come lampadine o olio che sa di sapone. Risalgono
mille volte, per grazia di Dio, nella mia
testa, più in silenzio d’un nuotatore.

                    **

Dopo,
li copro in tutto con la persona, quando
a macchina la calligrafia cala da gomma nera e la schiuma
sola lascia bene le rocce. Si fa così
ogni parola più del silenzio perché ancora torna
in su dal basso e taglia
come la luce senza nulla né bocca, l’acqua.

 

 

Cristina Annino (nata ad Arezzo e laureatasi a Firenze in Lettere Moderne con una tesi sulle prose di César Vallejo), vive attualmente in nessun luogo.  Esordisce nel 1969 Con “Non me lo dire, non posso crederci”, edizioni Tèchne,Firenze, con il cognome anagrafico di Fratini. 
Seguono varie pubblicazioni con editori minori.  
Nel 1984, una sua raccolta di versi,  “L’udito cronico”, viene pubblicata dal collettivo Nuovi Poeti Italiani (Einaudi) n°3, a cura di Walter Siti. 
Nel 1987 pubblica “Madrid” (ed. Corpo 10, premio Russo-Pozzale, assegnatole da Giovanni Giudici), opera centrale nella sua produzione poetica, riedita nel 2013 con  Stampa 2009. 
Tra le sue opere più recenti, “Magnificat. Poesie 1969-2009”, PuntoaCapo editore, Novi Ligure 2010 (vincitore del Premio Montano dello stesso anno), “Chanson turca” (Lietocolle, 2012), e le due plaquette “Céline” (edb, 2014), “Poco prima di notte” (Edizioni L’Arca Felice, Salerno 2013). Una raccolta di 200 testi tradotti in inglese, “Chronic hearing” (Chelsea Editions, New York), è apparsa nel 2014. Inclusa nell’antologia “Il  pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000” (Garzanti, 2001) di Franco Loi e Davide Rondoni, è anche presente, tra altre collettive, in “Antologia di poeti contemporanei – Tradizioni e innovazioni in Italia – a cura di Daniela Marcheschi” (Murzia, 2016), dove sono approfonditi i suoi dati biografici  unitamente a una completa bibliografia. 
E’ autrice del romanzo giovanile “Boiter: l’affarista della sua pace”, apparso molti anni più tardi, nel 1979, in Forum/Quinta Generazione. 
Nel 2016 pubblica “Anatomie in fuga”, Donzelli Edizioni, Roma, 2016. Nel 2017 esce a Milano il romanzo “Connivenza amorosa”, edito da Greco%Greco. Del 2019 è “Le perle di Loch Ness”, pubblicato da Arcipelago Itaca.
Da poco più di 10 anni si dedica all’attività di pittrice ed ha al suo attivo numerose personali e collettive sia in Italia che all’estero.

 

         

Emiliano Barbieri, Argentina

 

4 thoughts on “Così alta la vita, poesie di Cristina Annino”

  1. poesia che morde e lascia impronte di una dentatura che non molla la presa; impronte anche del palmo delle mani, della sferzata dei colori sulla retina, di un abbraccio che ospita il mondo.
    poesia che non smetto di rileggere per quanta densità riesce liquefare.

  2. “al muto pesce
    del suono”

    inneggia questa poeta, o la scrittura, lo fa – scrollandosi fenomeni come verbi, coniugando emozione come spazio – e il tempo dove naviga? In controcanto, e pure in-tanto – si entra leggendo in una scena per nessuna, e in tutte. I quadri che sembrano corteggiare la vita, ed essa, lì – inneggiante non si bea, sta.
    Grazie,
    Giampaolo Dippì

  3. La tecnica dello spiazzamento rende viva e gioiosa la poesia. Con Cristina Annino si sta in un’arca di Noé che avvista arcobalene ad ogni ondata, in un manicomio anarchico dove persone pensieri animali oggetti si buttano in un fox trot vorticoso
    per dimenticare la materia del dolore. Ma sì, è sempre così sorprendente la sua poesia, come dovrebbe essere la felicità, come un tuo innamorato che ti sorprende all’angolo del muro e ti mette la mano sugli occhi e tu sorridi, sicuro che in quella pressione non c’è solo lui, ma tutti gli altri, compresi gorilla, zebre, cani, nonni, lampadine. Grazie.

  4. Io vorrei riuscire a far giustizia a questo poeta e a questi testi e quindi userò l’iperbole: trova sempre il modo di fare così alta la vita. Sono io che poi mi sento solo all’altezza di leggere queste alte vette poetiche e stupirmene. Invece se provo ad apprendere il linguaggio con il quale la trasformazione suddetta della vita da affare senza senso ad Alta Speranza e Consolazione è effettuata dal poeta nei testi, fallisco. Creare metafore nuove e calzanti è in effetti Poesia. Riconoscerle imparararle e usarle all’uopo, dovere mio di lettore e debbo aggiungere: piacere mio di parlante nel quotidiano quando mi accorgo che sì, ricordo il verso che mi serviva, lo uso, e la gente che ascolta Annino via Roversi reagisce, si stupisce, risponde. Prendete e mangiatene tutti. Augh, ha detto e io ve lo ripeto.

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