Cultura e Società. Versi di Silvia Secco.
“le tue parole
erano uomini”
Nazim Hikmet
Fare poesia significa dar voce ad una urgenza profonda che muta il moto originario dell’animo, (il quale è l’uomo, l’individuo, nella sua essenza), in elemento di realtà, in “testo” che è possibile trasmettere, condividere, leggere, dire, ascoltare. Molto si discute, oggi come ieri, sul significato di poesia sociale o civile. Ma la poesia, a mio parere, lo è sempre. Che parli d’amore o di indignazione, o di rabbia o di dolore, essa parla dell’uomo e dall’uomo viene. E non esiste individuo che possa sottrarsi al suo essere nel mondo, nel tempo presente nel quale vive e del quale è pregno. La poesia, pertanto, è sempre atto politico: è il mondo che penetra lo spirito dell’uomo -sempre cavo- e che al mondo ritorna, sublimato in verso. S.S.
***
Artaud
Artaud ci riconobbe molto prima
noi due nati con spirito cavo in cui
s’insinua il cosmo in spasmi di parole
taglienti come lame pure come
lune, affilati accenti come punte
di una biro. Le parole arrivano
alle mani. Diritte, e molto prima
che alla voce: sudore che saliva
e s’inchiostra a segnare e incide.
E io che vorrei urlare quanto ti sono
affine resto muta a contenerti:
tutto. Tu che sei tutto intorno e interno
in questa sera liquida di cera
colata giu’ lungo il mio stelo.
***
Filastrocca della santa distanza
Santa distanza. Salvifica strada
il salto, la di-men-ti-can-za. Falsa
speranza finalmente denudata
riapparsa. Verità ora cruda e Santa.
Santa bambina. Scabrosa rovina
rimossa, tolta, mai stata, negata.
Compostamente spostata (murata)
al sicuro (ma ne fiorisce il muro,
il salso. Ammuffisce, riaffiora, macchia,
piaga, spiga, spina, ostia, rosa). Santa
muta omertà che nessuno indovina
santamente. Santa l’altrui cecità.
Santa altalena. Conchiglia di pena,
luogo, cancrena, sgomento, impurità.
Santo-Santissimo comandamento.
Undicesimo: tacere. Far finta
di niente. Santo il tormento presente.
Ora. Consapevolmente: “Solo lei?
E altri mai? Prima? Dopo? Accadrà? Sarà
accaduto?” Santa furia. Impotenza.
Santa pazienza. Perduto perdono.
La Violainfanzia (non colta, violata)
eppure sbocciata. Sopravvivenza.
Santa la sorte che l’Orco coglierà.
Al letto di morte. Santa coscienza.
***
Piccolo serpente velenoso.
Ci sono i bambini feriti
dietro le porte chiuse delle vostre case
coi giardini all’inglese e i fiori
beneallineati là fuori nelle fioriere.
Dentro invece sotto tappeti
di capelli ordinati/ abitini stirati/
sane e cristiane educazioni
lì voi li nascondete: bambini violati
come interruzioni. Farfalle
toccate sulle ali minute non ancora
mature ali infrante marchiate.
Resta questa pece. Dalle ali
non si leva s’incrosta si fa cicatrice
dolo peso di piombo al volo
colpa. No: non voleranno più. Cresceranno
sì e vi assomiglieranno in viso
magari in certi modi di dire nel tono
della voce. Ne andrete fieri:
li avete abituati a non far rumore a stare
seduti composti ubbidienti
buoni bambini muti-ammutoliti e soli
(soli saranno sempre). Intenti
a rimuovere i lividi. A sopravvivervi.
***
Attutita
Altri sono i luoghi
d’atroci pirotecnie.
Non è questo fragore
d’artifici, clamore
degli astanti-occhi-al-cielo,
strie festanti, finali
in “Oh!” di maraviglia!
Muoiono altrove gli eroi
conchiglie sui fondali.
Garofani alle croci
ormai, i loro resti qui.
Stanno a veglia le ignare
belanti. Inebetite.
Benestò a mia volta.
Ma mestamente. In orlo
a niente, estranea al coro
degli abbienti. Attutita
nei miei ovattati interni
verso sfocate alture.
Sottovoci celesti
preannunciano neve.
Zerogrado notturno:
più in alto (in altro) si sfa
un candore… Silenzio,
perfavore…Nevica.
***
Il Foulard
Natale intanto viene. E’ mio fratello
che sale sul trentatre’ che si siede
proprio difronte. Ha le mani rotte
sulle nocche dalle gelate il fiato
pesante almeno un paio di bevute:
scaldano comunque piu’ dei cartoni
che ha lasciato a terra alla stazione.
Molto piu’ del mio sguardo che distolgo
a odorare il mio foulard a non udire
il suo odore sofferto e troppo umano
che arriva indelicato a ricordarmi
come siamo fatti di carne uguale.