Lettera postuma all’avvocato Guido Gozzano
Guido, vorrei che tu soltanto ed io
(lasciamo a casa Lapo, questa volta, dacché il suo nome
in clima piemontese evoca uno stil novo sì ma men cortese
di quel che Dante ai tempi suoi pretese)…
vorrei con te ragionare di poesia con quel garbo,
blasé… sofisticato, che trovo nei tuoi versi d’avvocato.
Giocano, nei salotti di Torino e non voglion pensare all’Italietta.
La vacanza trascorre su quel lago
che tanto amasti e che tanto io amo
Sulle scene brillava Petrolini, ribelle sì ma con assai prudenza:
coi guanti e col cilindro, un po’ bulletto de Roma e un po’ poeta
(ed amavamo quel suo stile eclettico e la potenza della sua ironia)
che ci induceva a rider dello scettico… il blu, sì quello,
con le sue lamentele da fallito che vive a far fanella in un bordello.
Ma a ben vedere, Guido, non eri forse tu, viveur geniale,
il tipo che Gastone interpretava, il tipo ameno eppur roso da un male?
Conosciamo il tuo male, ti mangiava sottile e inarrestabile,
lo stesso male delle tue modiste ebbre d’aceto, cura dimagrante…
mentre la tosse invermigliava il mouchoir di seta
e celavi la smorfia nel riso tuo elegante.
C’era la Morte al fin del tuo cammino, quella donnaccia delle danze macabre
nei corridoi dei nostri monasteri. Balla la Morte e gioca e canta,
a capo del corteo dei suoi seguaci. E tu fra loro, ebbro della vita che ti fuggiva, strenuo minatore del bello…
oh non un così volgare paragone! Miniator vorrò dire o meglio ancora
maestro d’eleganza, perso in un sogno d’immortalità
perché non può morire la bellezza.
Ma fu questo l’errore. Tu ingannavi la morte con la tua leggerezza
ma un’amante più astuta per lo stesso motivo t’ingannava:
giocavi in un fulgor di savoir vivre
eri re dei salotti e delle donne facevi uso,
senza occorrenza d’alcun mercimonio,
semplicemente le prendevi perché nel giro d’una notte
(ma talora anche in un breve lasso di minuti) ti dessero una boccata di vita
come le essenze esotiche che usavi
per quei poteri loro misteriosi e magici, oh linfa delle droghe!
Dicono che la tisi dia potenza sessuale,
così pagavi tu le tue infermiere.
E fu per questo che con tanta prudenza e parsimonia
ti si concesse la sola, quella che più d’ogni altra
tu bramavi e con affanno cercavi d’amare.
A ingannarti, Guido, era lei, la Poesia,
che delle amanti è la più puttana.
Ogni poeta sogna d’esser grande, sia pure per innocua fantasia.
Ogni poeta con un po’ d’onore all’idea d’esser bravo prova orrore.
Tu fosti bravo. Tu non fosti grande.
paolo, mi ha fatto ricordare qualcosa che anni fa scrissi sul tema Gozano, approfitto del tuo spazio per fartene dono
Un po’ alla Guido Gozzano
Ora che la mia stagione scende piano all’orizzonte
la tua figura torna ancora nella mia mente :
certe mattine quando l’aria è frizza
le tue mani saranno arrossate come allora
quando le infilavi dentro la mia tasca.
Della tua gioventù, dell’entusiasmo nel domani
della risata fresca ebbi timore, e ti lasciai
senza la commozione che provo ancora
quando rileggo una certa poesia.
Ho camminato tanto da quel tempo
un po’ in compagnia ma sempre solo,
non ho raggiunto i sogni che inseguivo
eri nel giusto quando mi dicevi
prendiamo il giorno, il suo presente e vivo.
A Porta Palazzo, dove fermava il bus,
scoprii che la tua casa era a Salsomaggiore
( ma Parma e Bertolucci io li scoprii più tardi ),
noi restavamo assieme dentro una pensione
in Via Garibaldi dove il tram sferragliava
e tintinnava dentro il nostro letto.
Era forse l’estate del sessantadue
o del sessantatre, e mentre mi stringevi
forte e dentro, lo strillone giù nella strada
annunciava che nella Spagna il vecchio
dittatore aveva garrotato l’oppositore rosso
E già la pazzia aveva posto il nido
dentro questa mia mente che inseguiva
miti, battaglie e sovversione, e tu
che mi volevi trattenere sempre
non dividevi quella rabbia e quell’impegno.
Fuggii quasi sottobanco, un po’ vigliaccamente,
come si fa nei film, senza sapere che già
d’allora stavo scrivendo cattiva letteratura,
come disse qualcuno un po’ più tardi,
ma ti ritrovo sempre, acuta e dolce, quando
mi rileggo “ Agonia “ su Lavorare Stanca.
ciao paolo, grazie
luigi paraboschi
Un po’ alla guidogozzano e un po’ signorinella pallida, ma la malinconia la si sente viva e autentica (e anche, direi, un po’ d’incancellato rimorso).
Il dono è più che gradito.
Approfitto per farti i complimenti per la micizia, anche se il solito Polvani ti ha bruciato sul filo di lana.
Avevo partecipato anch’io ma non son finito neppure tra i segnalati