da Turbative siderali, poesie di Giovanni Ibello con una nota di Antonio Fiori.
Giovanni Ibello è nato a Napoli l’8 febbraio del 1989. Laureato in giurisprudenza alla Federico II, collabora presso uno studio legale che si occupa di diritto civile. Da gennaio 2012 è iscritto all’ordine dei giornalisti della Campania (categoria pubblicisti). In tale veste, scrive regolarmente di calcio. Segue come inviato e “match analyst” le vicende sportive della SSC Napoli e della nazionale italiana. Ha pubblicato poesie e approfondimenti critici sui seguenti lit-blog: “Poetarum Silva”, “Carteggi Letterari”, “La poesia e lo spirito”, “Poesia di Luigia Sorrentino” e “Words Social Forum” (di cui, tra l’altro, è anche redattore). Nel marzo del 2014, i suoi versi sono stati tradotti in spagnolo dall’accademico argentino, Diego Di Vincenzo, professore presso la “National University of General Sarmiento”. Nel 2017 ha pubblicato per i “granati” di Terra d’Ulivi il suo primo lavoro in versi, Turbative siderali (finalista premio Ponte di Legno 2017, finalista premio casa Museo Alda Merini). L’opera è stata recensita da: Carteggi Letterari (Giulio Maffi e prof. Giuseppe Martella), Poetarum Silva, Perigeion, Rivista Clandestino, Atelier (postfazione dell’opera a cura di Francesco Tomada) e sul blog di Poesia della Rai. Collabora con il blog della RAI Poesia di Luigia Sorrentino occupandosi di recensioni e approfondimenti critici. Turbative Siderali è stato recensito, nonché parzialmente tradotto in Spagna presso la “Revista de Poesía de Sur a Sur” (numero cero Mayo 2017). Sempre in terra iberica, alcune poesie tratte dall’opera sono state tradotte (e accompagnate da una nota di lettura) dal “diretorio del Círculo de Poesía” e dalla rivista letteraria “Mascarada-Anfiteatro monocromo”.
La raccolta denota una invidiabile maturità e, come dice Francesco Tomada nella postfazione, si stenta a credere sia opera d’esordio. E’ in particolare il pervasivo tema della morte che ci colpisce, il lucido disincanto con cui è affrontato (“E’ un quotidiano/ addestramento sulla fine,/ la sola frontiera dei vivi.”). C’è poi un intermittente anelito alla preghiera ed una pietas costantemente ribadita (“Ma il fatto di esistere davvero/ solo nel momento della resa/ mi fa guardare in faccia dio/ gli uccelli, i pesci/ gli eterni assenti,/ la pietà degli uomini impotenti.”). E ben si può perdonare qualche rara ridondanza ad una poesia così consapevole, coerente, dai tratti sapienziali. Si viene per esempio a “sapere che le pause/ valgono di più quando si muore”, che “se non vuoi arrivare alla lacerazione/ non dire una parola che sia una”, che “mai nessuno ci ha chiesto di essere vivi”, che “non tutte le ferite possono rimarginare”. Nella poesia di Giovanni Ibello si trova dunque, in modo conclamato, una conferma della concezione dell’arte come educazione alla morte e l’ulteriore conferma che sempre più poesia contemporanea sta virando verse forme laiche di preghiera e d’omelia (anche se, talvolta, la parola non ci soccorre più: “la preghiera del giorno: siamo muti”). Una raccolta senza dubbio da consigliare e un autore sicuramente da seguire. AF
da Turbative siderali, Terra d’ulivi Ed. 2017 (selezione dell’autore):
Di quello che sognavi veramente
non resta che un silenzio siderale
una lenta recessione delle stelle
in pozzanghere e filamenti d’oro,
il riverbero delle sirene accese
sui muri crepati delle case.
Così dormi, non vedi e manchi
il teatro spaziale delle ombre.
Il desiderio è l’ultimo discanto.
Ma quanti gatti si amano di notte
mentre l’acqua scanala nelle fogne.
*
Hai sognato lo scisma dei santi
il mistero della cernia ermafrodita.
Hai sognato
la vergine delle dune
e aceto per le antilopi erranti.
Quando ti vedo dormire
la notte profuma di arance.
*
È questo il destino dei corpi:
le amnesie lunari
la lesione tellurica del buio.
Mai nessuno
ci ha chiesto di essere vivi.
*
Quando tutto sarà finito
sarà il sonno a irrigidire gli occhi
ma prima della fine
c’è una retrospettiva lenta dell’infanzia
una campionatura degli amori.
Poi il respiro si risolve
in un orgasmo neuronale,
è come un’implosione
di pianeti nella mente
una turbativa siderale
del corpo che ritorna seme.
*
Nei quartieri residenziali
i colombi sbucano dalle fogne
dalle cavità del tufo
dai tramezzi in cemento.
E mi piace pensare
al respiro dei cardini,
ai palpiti dei basamenti
ai rituali d’amore inascoltati
nell’endometrio delle case.
*
Notevole la concentrazione di contenuto. Alcuni versi come “Mai nessuno /ci ha chiesto di essere vivi.” o ancora “ma prima della fine / c’è una retrospettiva lenta dell’infanzia / una campionatura degli amori.” sono davvero pregnanti, incidono sensibilmente sul lettore rendendoli memorabili.