Didone a una kamikaze, versi di Anna Lombardo.
da Quel qualcosa che manca / That Something that is missing, di Anna Lombardo, con traduzione di Jack Hirschman, Le Voci della Luna ed., Bologna, 2009
Didone a una kamikaze
Voglio venirti in sogno ogni notte
sciogliere lacrime tue inconcludenti
Sono sorella a te lontana
ma ora ascolta la speranza
Quando il vento venne a parlarmi
delle grandi sventure che egli aveva
dietro e innanzi – io che tutte le conobbi
– fiduciosa e solidale offrii la mia gente
Potei salvarlo dalle acque, certo,
ma il fato stava stretto dentro l’antro
e lui, più che al sole e alle gioie nostre,
a quello s’infiammò mestamente!
Più neanche il sogno della grande
mia Cartagine bastò al cuore gonfio
Salii quella pira
come fosse là il luogo dell’incontro
credendo che da lontano il fumo
l’avrebbe richiamato
Inutili, sorella, gli sforzi miei
ed ora da questo lato vedo
sbiadir le ardenti fiamme
son qui per avvisarti :
non bruciare gli anni tuoi
che sono preziosi e gli unici che avrai
Ascolta, ascolta questo pianto
e dimmi: quanto valse la mia pena?
Io te lo dico segnando il giusto passo
a nulla vale quando l’amato l’anima sua non presta
Ecco, ti vedo intenta
a preparar con cura ogni tua mossa
ad allacciare quei mortaretti stretti
– eh sì, lo scoppio sarà grande
la paura e lo sgomento anche
ma a te piccole briciole resteranno
a guardare con raccapriccio
le alte stelle
Io che salii la pira lo giuro forte
a nulla valse la mia morte
e il desiderio di amene passeggiate
sguardi obliqui al nostro mare
sonore risa di sorelle, avide mani sulla
creta pesa ancora a me come macigno
Non più tempo è ora di sacrificio
– la terra lo ripudia, mia compagna! –
lascialo agli stolti ignari
di quanto può essere dirompente
la vita tua tutta proseguire
il fiume tutto quanto risalire
con la certezza non solo speranza
di aliti tuoi a riempire quest’aria
che già d’attorno si va profumando
di salite e dolci rose da inseguire
Io non ti dico proprio ciò che devi fare
ma spegni il fuoco che non ti appartiene
e vesti il corpo sole con la luna
restituendoti, o mortale,
i sogni impetuosi dei bambini
e vela poi le tue forti navi
che l’occhio stanco è di strabuzzare
con stinte sottovesti lungo il mare
parti spegnendo ogni pira
che il fumo potrebbe provocare
Loro di me trassero rime
cullarono per troppo la mia pena
– a te confesso senza vergogna
che lesta fu ad abbandonarmi
e come scintilla a terra cadde spenta –
Ma tu prendi la mia più bella parte
guarda le tue mani e dissotterra
quell’alba che per troppo fu tramonto
e corri fuori , dillo a tutti:
Didone per sempre vi abbandona
e maledice quella stirpe
che il fuoco ama più del suo calore
e che potendo adesso di certo quella pira
giammai più le infiammerebbe il cuore!