Dirò a labbro di affacci, poesie di Rita Stanzione

Dirò a labbro di affacci, poesie di Rita Stanzione con una nota dell’autrice.

     

    

Rita Stanzione, nata a Pagani e vissuta un periodo a Milano, risiede attualmente a Roccapiemonte (SA). Docente, con alla base una formazione pedagogica, completata da studi in campo scientifico. Si dedica alla scrittura perché non vada perso il pensiero, per comunicare, per sperimentare, perché convinta che non sia stato già tutto raccontato. Molti suoi testi sono presenti in siti e riviste di letteratura nazionali e internazionali (anche tradotti in altre lingue), tra cui Euterpe, Post Scripta, Volodeisensi, Illustrati, Bibbia d’Asfalto, Dinanimismo Blog ufficiale, The Enchanting Verses Literary Review, Life and Legends, California Quarterly, Makata, Prachya Review, Kabul Nath, Samakalin Sahitya. Oltre che alla poesia, compresa la forma di haiku e componimenti simili, di recente si è dedicata alla prosa, scrivendo racconti brevi o brevissimi e collaborando alla stesura di un romanzo collettivo di prossima uscita. Collabora con il Movimento letterario UniDiversità di Bologna, quale autrice della Collana viola e della rivista tematica bimestrale Quaderni. Ha avuto importanti riconoscimenti in concorsi letterari. Fa parte, insieme ad altri autori, del blog di poesia Comelacquasuisassi. Ha fatto parte della giuria, e tuttora continua l’esperienza, in premi letterari nazionali. Ha all’attivo più raccolte di poesie: L’inchiostro è un fermento di macchie in cerca d’asilo, Libreria Editrice Urso – marzo 2012; Spazio del sognare liquido ed. Rupe Mutevole collana Heroides – maggio 2012; Versi ri-versi, Carta e Penna editore – novembre 2012; Per non sentire freddo, ebook Editrice gds Diffusione Autori – dicembre 2012; È a chiazze la mia bella stagione, Libreria Editrice Urso – marzo 2013; In cerca di noi, Collana Viola dell’Associazione Culturale UniDiversità – dicembre 2016; Canti di carta, Fara Editore – febbraio 2017; Di ogni sfumatura, Libreria Editrice Urso – marzo 2017; Grammi di ciglia e luminescenze 60 Haiku, Vitale Edizioni – agosto 2017.

     

Siamo davvero propensi a portare lo sguardo all’altro e resistere, offrendo ciò che la parola ha saputo porgere con tanta facile spontaneità? Siamo capaci di non lasciare l’altro in un luogo di passaggio, all’isolamento e al dubbio che sotto le superfici si nasconda la paura del coraggio, di dare, di agire? O in fondo siamo tutti solitudine, uno per uno a cercare di svelarsi e non riuscirci? Di svelare l’altro e trovare resistenza?  Il verso, pur interrogandosi spesso senza risposte, nasce come un rimedio. Medita, ipotizza, distrugge e ricompone. Allontana l’oggetto, lo richiama a sé, lo rifiuta poi lo cerca ancora. Un processo che vorrebbe concludersi con il comprendere e accogliere. Una cura anche rivolta a sé, non senza spingere ancora la lama nella ferita esistenziale, determinata da una ricorrente percezione di temporaneità, estraneità, di insostenibilità di un valore che, quindi, sembra tradirci.  Diventa fragile il valore e vulnerabili noi. Proviamo a scardinare muri, o a essere leggeri, fuggire la fine (o meglio, le fini) attraverso varchi immaginari. Se si vola la terra non può ancorarci al suo gravare, non può abbatterci. Coscienti che l’illusione, tuttavia, è destinata a perdere quota: non si può esistere come eteree particelle finché si è la complessa risultante di corporeità, sentimento, vette e cadute, vissuto nel bene e nel male. RS

     

Dirò a labbro di affacci        (cinque poesie brevi inedite)

    

metto le ali

a questo dolore di esserci
al colore del se non fosse stato.
conscia di essere folla
del vociare dentro/ grisaille
la stessa e cambiata.
terra e chiodo, terrene vibrazioni.

    

un regalo per due

l’avevo in mente
invitarlo a sgualcire la soglia.
era sutura imprecisa, intanto, un pianeta solitario
fuori dal raggio -era il fuoco del telescopio.
il mezzo vuoto che incide, chiama.
io l’ecolalia delle corde
un andante curioso di occasi
da non aver paura più
dell’oltre l’oltre.

     

l’assenza è strana

congeniale ai flutti.
il mio mare si ritrae -nel plancton,
e tu giuntura delle branchie
dicevi, lo vedo anch’io il tuo presagio:
ti scoprirò la nuca come un rovescio
-la illuminerò di ginestre.

      

l’anima è non riciclabile

quella incolta più di ogni altra
preme sull’asfalto, sparisce.
va in un orfanatrofio
priva dell’altra
che dentro le moriva
come saliva e pasto, viscere e buio.

     

ho immaginato

spiraglio all’apnea un muro madido.
prendere gli angoli, negare
il palpito dell’aria. -cedevolezza, lasciami –
voglio l’inquietudine che bussi,
il buio rivolto, che graffi calci infette.
alla chiave il tempo fermo, è poco.
se lui porta un labbro di affacci, lì
mi attacco.

*

 

Volo, Lara Steffe, 2007

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