Due poesie di Ulisse Fiolo.
Ulisse Fiolo è nato nel 1972. Ha sempre abitato a Mira (VE) sulla Riviera del Brenta sino al 2009, quando si è trasferito nella vicina Campolongo Maggiore (VE). Dal 2010 (a seguito d’un ingiusto licenziamento) vive di musica ed impieghi saltuari. Dal 2000 è co-fondatore, con l’amico poeta Gian Pietro Barbieri, de LaDuraMadre nucleoresistenza-poesia. Chitarrista autodidatta e compositore eclettico. Collabora a letture, spettacoli teatrali, documentari e film tra cui il recente Venezia Salva di Serena Nono. Ha pubblicato diverse opere in proprio e quale vincitore del premio Mazzacurati-Russo la raccolta Brónse e seménse (scàmpoi de diaèto), d’if, Napoli 2011; è inoltre presente in varie antologie tra cui l’ultima uscita è Smerilliana n°16 anno 2014. Scrive sia in italiano, sia in una variante di terraferma-“campagna” del veneziano.
Come che nasse e ròbe (un fià che fa) *
Me papà, me ricordo da putèo,
co ‘l gaveva da far un sforso fìsico
potente, el se daseva cuor jù sóeo
sigando “Hooo… Chi Minh!” – sto omaneto
che ghe ga tegnù testa a i ‘mericani
co i xe ndài far i sparonsóni in Viètnan;
védar me pare, e da bocia ‘l xe un dio,
che ‘l se juta co a vóse a far calcossa
che par pì grando de jù, xe a ‘essión:
eà go imparà a forsa de e paròe,
él senso vero e vivo de a poesia –
e che ‘l mondo él xe fato de fadiga.
*
Il modo (ritmo-suono) in cui esistono le cose \\ Mio padre, mi ricordo da bambino, \ quando doveva fare un grande sforzo \ fisico, si aiutava a darsi carica \ gridando “Hooo… Chi Minh!” – quest’omettino \ che fronteggiò l’esercito degli U.S.A. \ quando andarono a far la guerra in Vietnam; \\ veder mio padre, e da bimbi ci è un dio, \ che usa la voce per riuscir a fare \ cose tanto ardue, è stata la lezione: \ lì seppi la potenza della lingua, \ il vero e vivo senso poi dei versi – \ e che il mondo si edifica a fatica.
[* Titolo alla lettera: come le cose nascono (il fiato che fa essere).]
***
La cura delle cose (per mia madre)
Passi da casa mia che non ci sono,
mi lavi i piatti sporchi di tre giorni,
mi cambi le lenzuola, rifai il letto,
pulisci il pavimento, non i bagni,
ti porti via i panni da lavare –
poi mi dici di finire il lavoro:
mi sento ancora piccolo, al cospetto
di tanto bene quotidiano, semplice –
come quando mi davi il latte al seno,
mi facevi il bagnetto, mi dicevi
le fiabe per dormire – eri l’amore
di questa vita, che ancora mi dài.
Poesie molto belle Ulisse! Mi fa piacere che siamo entrambi ospiti di questa bella realtà in questo numero. Un caro saluto 😉
Christian
Grazie Christian, ho apprezzato anche le tue ‘farmaceutico-milanesi’!
Grazie a voi per l’ospitalità, vedo che sono in buona compagnia!
🙂
Segnalo solo un errore, da correggere: il n° di Smerilliana è il 16.
Felicissimo di trovarti qui, caro Ulisse! Belle le tue due poesie, belle come tante altre. Semplici (ma solo apparentemente), intense, vere, intrise di un’umanità e di un calore forse davvero perduti