E arrivano ancora, inediti (ancora per poco) di Francesco Sassetto.
I testi che qui propongo sono tratti da una mia raccolta omonima che verrà pubblicata da Valentina editrice a cura dell’amico Stefano Valentini. F.S.
E arrivano ancora
nessuno lascia la propria casa a meno che
casa sua non siano le mandibole di uno squalo
…
a meno che casa tua non ti abbia detto
affretta il passo
lasciati i panni dietro
striscia nel deserto
sguazza negli oceani
annega
salvati…
Warsan Shire
e annegano ancora a dieci a cento alla volta, ogni giorno
una nuova ondata, altri corpi gonfi di mare spiaggiati
detriti di mareggiata
e il caporione leghista alla televisione
fa vomitare
sostiene princìpi e ragioni, paroni a casa nostra
con la maglietta STOP INVASIONE
parla e scuote la testa, spararghe dosso, si accalora
e intanto da qualche parte
si fugge ancora perché ogni terra è morte
sicura, meglio il terrore dell’onda, lo scafo
che schianta, meglio affogare che restare
sulla terra che avvampa.
E tu fuggi dall’Africa, dall’Est, da Oriente, dai regni
dell’orrore seminati a guerra e miseria e
ti scampi par mar e par tera, su barconi scassài,
nel mar che te ingiòte, soto de i tir, ti strassìni
el to corpo, el servèlo te se fa de calìgo, ti desménteghi
storia e memoria [1]
e vai a occidente
al nostro filo spinato che separa benessere e fame,
per una speranza, un miraggio,
perché non puoi più aspettare,
tu devi scappare la morte
volto che incombe, ti stringe
come la sabbia, la fame, le bombe
e scappi e ti aggrappi
all’onda, all’asfalto, a rotaie roventi
come un destino assegnato
ti inchiodi al tuo presente di migrante
al tuo futuro di clandestino.
***
C.t.p. [2]
E adesso sono qui al Ctp
capitolo dell’accoglienza, mano tesa solidale
all’immigrato, boccone che si può donare al cane
randagio e affamato
dopo il banchetto occidentale
per pietà cristiana e dovere morale.
Qui si insegna allo straniero l’italiano quanto basta
a riciclare nel congegno vincitore il pezzo da riusare
consegnare braccia a buon mercato obbedienti
alla voce forte del padrone.
Si dà il lasciapassare che la Legge esige a garanzia
della conservazione dell’ingranaggio immane che tiene
al posto che conviene
ricchezza e povertà
assicura globale persistenza di libertà e catene.
Qui si raduna dalla periferia imperiale una moltitudine
di reietti, inesistenti, scampati
ad ogni tipo di miseria, guerra e schiavitù
si lavora per l’integrazione, si parla di diritti e
di doveri, di uguaglianza, libertà e amore per la pace.
Quella che a noi piace.
Qui le mille voci dell’immigrazione, viaggi e
solitudini, violenza e sfruttamento, speranza e
diffidenza, il volto amaro di esistenze consumate
e i sogni di vite da rifare.
Le frasi fatte, le verità d’accatto dispensate da tivu e
giornali, manovrate da esperti imbonitori
insieme a tutte le ideologie d’annata,
qui sono da rottamare.
La verità è tutta da cercare, qui è tutto da ascoltare
tutto da imparare.
***
Marije
Ed è il prezzo da pagare quando crolla un Muro e
s’aprono voragini e crepacci tutto attorno, un vuoto
da colmare e nella tua Albania compare
un nuovo Caporale sorridente
di democrazia e costituzione
e non rimane che passare il mare
che ti sta davanti, una notte, in gommone,
tutta la famiglia
da Durazzo a Bari.
Sbarcare e salire qua, per lavorare, e la domanda
d’asilo due anni fa, è tutto a posto
c’è solo da aspettare.
La mattina lavare le scale eleganti degli accoglienti,
brava gente che ti vuole bene e ti dà lavoro,
trecento euro al mese più mancia finale.
E sei contenta e pensi che non ti è andata male.
Il pomeriggio cameriera ai piani di un Grand Hotel
di Mestre, sorridere, essere carina con i clienti,
uomini d’affari di passaggio
qualcuno ti propone la sua stanza
tu non dici niente
è un buon lavoro, meglio lasciar stare.
E ti ripeti sempre che non ti è andata male.
***
Shakil
L’astuzia bengalese nel magazzino pianterreno, fradicio
e malsano ma tacà de la Piassa [3], quattro metri
quadri di cartongesso e stucco e un monte de porcàe,
màscare, gondoléte, palassi e ciése ne le bosse
de vero co la neve da véndar ai foresti
che là s’ingruma e compra e impegnisse
le sporte de scoàsse a un euro el toco [4]
e Shakil può contare ogni sera seicento euro
di fatturato col benestare del governo comunale,
ufficio igiene e polizia municipale.
Màstega poco italiàn, Shakil, ma ga capìo ben qua
cossa xe da far par far presto i schèi, [5] sorrisi e
faccia tosta e qualche busta nella tasca giusta.
Shakil non prega Allah né altro dio, musulmano
per convenienza, avrà presto in moglie
una fanciulla bengalese ben dotata, le trattative
sono già avviate, perché Shakil vende allo straniero e
compra al connazionale
se l’affare è conveniente, se la sposa
da assegnare è come il suo cliente
ricca, docile e obbediente,
Shakil da Dahka
nelle vene il sangue del vincente.
***
Yan Lin
Yan Lin sul permesso di soggiorno, ma qui il suo nome
è Giulia, fuggita da chissà quale campagna cinese,
di Mao e del libretto rosso Giulia
non sa niente, ma sa bene la miseria, l’acqua alle ginocchia
la schiena che si spezza
la risaia che ammala e ammazza.
E adesso scappa dalla Cina toscana, dallo zio di Prato
bracciaspalancate, ospite nella sua casa fiorentina e
nella fabbrica di capi in pelle, nel seminterrato
sedici ore al giorno, notte e giorno.
Giulia ancora in fuga, cacciataodiata dalla sua gente
ora vive in una stanza a Marghera, si vende la sera
per l’affitto, il mangiare e le bollette e
mentre il cliente le sta sopra ansimante
Giulia vede la luce,
i neon di un salone di bellezza acceso di colori ed eleganza.
Perché Giulia è estetista diplomata e vuole quel lavoro dove
tutto si fa bello e studia per gli esami
si aggrappa a ogni parola da imparare,
al manuale che dice tinture, tagli e pettinature
perché quel sogno lo vuole per davvero, ad ogni costo,
che quella luce diventi il suo domani.
***
Assira
E il tuo Marocco adesso è terra di sale, da dimenticare,
il tuo nome è oltraggio, bestemmia da non pronunciare.
Fuggita da una legge infernale che ti ha voluto
sposa e madre a sedici anni, tuo figlio donato
al fratello privo di prole perché così là impone
un padre padrone e la tradizione. Sparito il marito,
il tuo giovane corpo da riaffittare al miglior offerente.
Sei fuggita una notte in barcone verso l’Italia, l’ignoto,
cercando la vita a occidente. Qui infine un approdo,
un odore vago di liberazione, qui sola, senza sapere
le nostre parole, senza documenti,
clandestina di nuovo braccata, nascosta
per mesi in case segrete
e di nuovo paura e buio di porte sprangate.
Poi quasi per caso un varco, una luce, un lavoro
e oggi puoi venire a scuola, una vita intera
da riguadagnare, da strappare
all’abisso che da sempre accompagna i tuoi passi.
Assira ora scrive la sua cupa storia tutta d’un fiato
due pagine piene
come sciogliere un ansimo al cuore, un laccio alla gola
una ferita ad ogni parola.
Una ferita antica da dover medicare, da mettere incisa
sul foglio, per ricordare
per dimenticare.
***
Radu
“Io ti amasso putana”
el ghe ga sigà dosso a Irina.
Un patòn sul muso, col s-ciòco, dopo che Radu
la gaveva tocàda e ’l rideva forte smargiasso [6]
Irina, sedici anni, bocciata tre volte, qui
al Ctp per il suo riscatto, per imboccare
una porta, l’ultima, per una vita normale.
Radu desso no ’l ride, el muso sbiancà,
el se sbrassa, el siga, la s-ciùma in boca
in mezo al coridòr de la scuola
a éla, a noialtri, a tuti [7]
“Stai tenti, voi sempre chiamo polisia,
no in Albania, noi fare le cose noi,
no polisia, noi fare noi in Albania
stai tenta putana che io ti masso”.
***
Manifestazione a Mestre
Hanno chiesto le donne musulmane un orario personale
per nuotare alla piscina comunale
un’ora, la domenica, ad ingresso riservato
l’autorità si è detta ben disposta a firmare l’autorizzazione
in nome dell’accoglienza, dell’apertura alla diversità
il governo cittadino ha detto sì rapidamente e
rapidamente si è defilato.
E ora sfila feroce la manifestazione, le donne velate armate
di verità e concessione istituzionale, la milizia bestiale
di Forza Nuova a impedire il passo, insulti, sputi e derisioni
la polizia pronta a intervenire, la popolazione ha occhi
di stupore, si divide sul torto e la ragione.
S’alzano le grida, cresce confusione e smarrimento
tutto s’annebbia, si spegne la ragione.
Oggi a Mestre è guerra di religione.
S’ingrossa il corteo musulmano e canta in coro e la milizia
di Forza Nuova prende nuova forza,
sfida le truppe dei centri sociali schierate
nella difesa ad oltranza della causa santa.
La legge, l’autorità è assente, la gente boccheggia,
si dice qua e là di incontro di civiltà,
tolleranza e integrazione
uomini e donne di buona volontà.
Qui si appresta la prova generale
il preludio del massacro che si farà
globale nel rispetto vintage di ogni cultura,
nell’ossequio vile ad ogni pensiero, credo e religione
qui si dà ragione per pigrizia e comodità
si benedice l’orrore che verrà.
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[1] fuggi per mare e per terra, su barconi scassati,/ nel mare che ti inghiotte, sotto i tir, trascini/ il tuo corpo, la mente ti si annebbia, dimentichi/ storia e memoria
[2] I Ctp (Centri Territoriali permanenti per l’Educazione in età adulta) sono stati istituiti nel 1997 (sulla scorta dell’esperienza delle cosiddette “150 ore”) per il conseguimento della Licenza Media, attraverso un percorso abbreviato, da parte della popolazione adulta che ne era sprovvista. Oggi tali strutture si occupano soprattutto dell’insegnamento della lingua italiana agli stranieri immigrati ed al loro conseguimento della Licenza Media. Gli immigrati, provenienti da vari paesi europei, africani ed asiatici ed appartenenti a diverse culture, etnie, religioni, costituiscono oggi più del 90% dell’utenza dei Ctp.
[3] molto vicino a Piazza San Marco,
[4] e una montagna di ciarpame,/ maschere, gondole in miniatura, palazzi e chiese nelle bocce/ di vetro coperte di neve da vendere ai turisti/ che là si ammassano e comprano e colmano/ le borse di immondizia a un euro il pezzo
[5] Parla male italiano, Shakil, ma ha capito bene qua/ cosa fare per ammassare rapidamente denaro,
[6] ha urlato in faccia ad Irina.// Uno schiaffo sulla faccia, sonoro, dopo che Radu/ l’aveva toccata e rideva e se ne vantava.
[7] Radu ora non ride, la faccia stravolta/ si sbraccia, grida con la schiuma alla bocca/ nel corridoio di scuola/ a lei, a noi, a tutti