E inturan l’arsurar dl’erba, poesie di Vanni Giovanardi (Emilia).
Sono nato il 18 settembre 1957 a Luzzara /RE (paese nativo del grande scrittore/sceneggiatore/poeta Cesare Zavattini, dal quale ho tratto ispirazione soprattutto per la poesia dialettale).
Poeta dilettante, ho maturato fin da ragazzo questa grande passione, spronato involontariamente dalla mia insegnante di lettere delle superiori, che un giorno ci affidò come compito, di comporre una poesia. Da lì scoprii il piacere e il bisogno di manifestare, con quella forma d’arte, i miei pensieri più reconditi.
Maturando ho sempre poi continuato a coltivare, affinando man mano, il mio bisogno di scrivere in versi.
Da lì, rubando tempo al lavoro, ho iniziato a frequentare siti internet di scrittura e a partecipare a concorsi letterario/poetici nazionali.
In questi anni ho ricevuto tanti riconoscimenti (circa 60, di cui 20 primi premi assoluti) e soprattutto ho conosciuto tanti validi poeti con cui misurarmi e confrontarmi.
Ho potuto pubblicare 2 raccolte, frutto di vincite in altrettanti concorsi, più altre 2: Profili leggeri e Imperfezioni d’amore, nonché la realizzazione, in collaborazione con un fotografo professionista (Roberto Bertoni), di un volume foto/poetico argomentato sulle peculiarità, sulle tradizioni e sui ricordi della vita padana, dal titolo Fiume valle gente.
Proseguo nel mio cammino cercando di avvicinare sempre più persone al mondo della poesia, attraverso lo strumento dei “social” e partecipando ad associazioni culturali che cercano di salvaguardare la cultura e la genuinità del nostro comune vivere.
Le mie poesie sono semplici osservazioni dell’animo umano, tra presente e passato, tra lo svolgersi delle stagioni, tra sentimenti e passioni, in parte autobiografiche e in parte alla ricerca di un punto di vista possibilmente più distaccato.
Tema dominante comunque è l’amore, attraverso le sue manifestazioni fisiche o il meravigliarsi continuo e assoluto della bellezza che la natura offre.
Poesia che cerca una sua musicalità, un suo ritmo tendente ad abbellire i propri termini, cercando di non appesantire ma di sfrondare – e liberare se possibile -. VG
Cà mia
Quatar mür szgarblà,
soquanti fnestri scavszadi,
du ram ad röszi scaadi,
na pocia
ad polvar invcida, e inturan
l’arsurar dl’erba in setembar,
l’éra töta chè
cà mia.
Casa mia
Quattro muri sgangherati, / alcune finestre sconnesse, / due rami di rose seccate, / una pozza / di polvere invecchiata, e intorno / il ristoro dell’erba in settembre, // era tutta qua / casa mia.
*
O’ sbaglià urari
“Posia cumpagnarat
longa la strada di papavar?”
At tl’ò det na volta, sotsira
parchè ta m’év inbrüszià (avvampato) al cör.
Li bici in peera (affiancate)
li man in tremadura (ma mia par i giaron)
li gambi, prunti pr’al vul.
At vreva fa redar
ma an gl’ò mia cavada,
anca cla volta lè, am séra inamurà
sbagliand l’urari.
Ho sbagliato orario
“Posso accompagnarti / lungo la strada dei papaveri?” / Te l’ho detto una volta, sottosera / perché mi avevi avvampato il cuore. / Le biciclette affiancate / le mani tremanti (ma non per i sassi) / le gambe pronte per il volo. / Volevo farti ridere / ma non ce l’ho fatta, / anche quella volta, mi ero innamorato / sbagliando orario.
*
Paüra
A gh’ò paüra
che da cl’atra part ad la not
t’at posi arbaltar dentr’al scür
ch’el tö respir al sa smantesa
töt in na volta
e che t’an posi pö catar
li tö savati at sota al let.
A gh’ò paüra
ch’it posa sarar li fnestri
sensa spitar matina
che la tö scüdela la vegna bütada via.
A préghi, ma sensa sigar
e a pensi, ai tö oc ad madar
ch’im varda bcar al pan atsurvia al bancalen,
la fenestra, cumpagn la vèta
incor veerta in sband./
Paura
Ho paura / che dall’altra parte della notte / ti possa ribaltare dentro al buio / che il tuo respiro si affievolisca / tutto in una volta / e che non possa più ritrovare / le tue ciabatte sotto al letto. / Ho paura / che ti possano chiudere le finestre / senza attendere il mattino / che la tua scodella venga gettata via. / Prego, ma senza piangere / e penso ai tuoi occhi di madre / che mi guardano beccare il pane sul davanzale, / la finestra, come la vita / ancora spalancata.
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L’ort ad mé padar
L’ort ad mé padar
l’è ferum ades, möt
cme i sö santer ad molta fiurida,
l’è un gir ad valser lent et culur infumanà,
par ogni stagion, un arvivar par i oc
par ogni stagion
un mancamént ad fià.
Al temp tra li sèmni el médar
l’è la sö preghiera söta, par mè
al sö insgnament lent,
par fà advatar ros i pundor
lent, par infiurà la salata
e santila, la sira
smagnücrada da li lümaghi.
L’orto di mio padre
L’orto di mio padre / è fermo adesso, muto / come i suoi sentieri di fango fiorito, / è un giro di valzer lento e di colori annebbiati, / per ogni stagione un rivivere per gli occhi / per ogni stagione / un mancamento di fiato. /// Il tempo delle semine e il mietere / è la sua preghiera asciutta, per me / il suo insegnamento lento, / per far diventare rossi i pomodori / lento, per infiorare l’insalata / e sentirla, la sera / mangiucchiata dalle lumache.
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Beatitudine
Li tö linei
lavuradi cme petaj strach,
i tö gallon, pigà cme an sul ca sbüsza,
la tö pel, curva cme I arszan batù dal vent.
Al bal undegiant di dì
cmel viaszar di neui fora da la fnestra,
i segn turtià di tö pé, cmel cresar dla lus
la matina in strada.
I tö svulasz ad cavì biond
débui in sla facia,
la tö caran mulszina in dal fà l’amur
la cüra dulsa in dal baszar
al calden sütil di tö invit sot’ai linsöi
beatitutudine
la tö boca
la tö schèna
la tö anima, lugada streca
tra li còsi el cör.
Beatitudine
Le tue linee / lavorate come petali stanchi, / i tuoi fianchi, piegati come un sole che sbuca, / la tua pelle, curva come gli argini battuti dal vento. / Il ballo ondeggiante delle dita / come il viaggiare delle nuvole fuori dalla finestra, / i segni torti dei tuoi piedi, come il crescere della luce / la mattina in strada. / I tuoi svolazzi di capelli biondi / deboli sul viso / la tua carne molle nel fare l’amore / la cura dolce nel baciare / il tepore sottile dei tuoi inviti sotto le lenzuola // beatitudine / la tua bocca / la tua schiena / la tua anima, nascosta stretta / tra le cosce e il cuore.
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Vanni, la mia ammirazione per te cresce negli anni, e non sono pochi quelli da quando ci siamo incontrati.
auguri
luigi
Ciao Vanni, è un piacere leggere questa tue poesie! Sei sempre stato bravo ma in queste trovo una grande maturazione e crescita… complimenti, tanti e di cuore.
Anna (apassoleggero)