E’ quanto abbiamo avuto di meglio, di Paolo Gera
La felicità della lettura è legata significativamente a quella dell’accoppiamento. Nella vita di ciascuno leggere e fare l’amore sono per fortuna esperienze ripetibili e di difficile computazione. Beato chi potrà dire di aver letto tanti capolavori, quanti sono stati gli uomini e le donne che ha potuto memorabilmente stringere fra le proprie braccia, o anche un solo uomo e una sola donna, ma per un numero incalcolabile di volte. Libri e amanti: fare l’amore con l’isola di Arturo, to fuck Ubik, se coucher avec Madame Bovary, leggere la pelle tesa dell’altro, non poter smettere, non poter staccare il proprio corpo sino all’ultima parola, al punto che chiude la storia. Importante che in un grande libro, come in un rapporto sessuale, è che ci sia un finale del tutto convincente, un orgasmo esplosivo, profondo, dolce, commosso, che concluda degnamente l’atto precedente della lettura e dell’amore. E dopo aver terminato, stupiti e grati, tenere ancora stretti a noi per un po’ il libro o il corpo che ci hanno dato un piacere tanto grande.
Essendo che Versante Ripido si occupa essenzialmente di libri e non di scopate, eviterò riferimenti personali che non siano rigidamente attinenti al mondo della bibliofilia, tranquilli! Inoltre rispetto doppiamente la consegna, perché la pagina che voglio condividere con voi è una chiusura narrativa che parla appunto di felicità o meglio del momento più felice di un’intera esistenza. Mi riferisco all’opera di Gustave Flaubert, “L’éducation sentimentale”, romanzo pubblicato nel 1869.
Il protagonista Federico Moreau e l’amico Deslauriers si ritrovano dopo un periodo di distacco e cercano di tracciare insieme un bilancio delle proprie esistenze.
E riepilogarono la loro vita. Tutti e due avevano fallito, quello che aveva sognato l’amore, quello che aveva sognato il potere. Quale ne era stata la causa?
– Forse il non aver seguito una linea diritta, – disse Federico.
– Per te può darsi. Io, al contrario, ho peccato per eccesso di perseveranza, senza tenere conto di mille cose secondarie, che sono più forti di tutto. Io avevo troppa logica e tu troppo sentimento.
Poi accusarono il caso, le circostanze, l’epoca in cui erano nati.
L’incredibile stile di Flaubert! I luoghi comuni e la lucidità di riflessione distillati in una sintesi impagabile. Mai nessuno prima e dopo di lui con questa capacità di scrittura, dove le sciocchezze diventano favola e le chiacchiere della borghesia lo specchio mitico di un tempo che ancora ci appartiene.
Così nelle righe successive i due amici si lasciano ovviamente andare ai ricordi dell’età dell’innocenza: il collegio, gli amici, gli insegnanti, le agognate vacanze e i passatempi.
Durante quelle del 1837 – scrive Flaubert – erano andati dalla Turca.
La Turca è l’esotica tenutaria di un bordello dove gli adolescenti vengono iniziati alla felicità del sesso.
Ed ecco il finale de “L’educazione sentimentale”, dove i fili del mio discorso (amore e letteratura) vengono tirati e intrecciati per bene.
Ora, una domenica, mentre, tutti erano ai Vespri, Federico e Deslauriers, dopo essersi in precedenza fatti arricciare, colsero dei fiori nel giardino della signora Moreau e uscirono dalla porta che dava sui campi, e, dopo un gran giro per le vigne, si infilarono dalla Turca, portando sempre i loro grandi mazzi di fiori.
Federico presentò il suo come un innamorato alla fidanzata. Ma il caldo, l’apprensione per l’ignoto, una specie di rimorso, e perfino il piacere di vedere con un solo sguardo tante donne a sua disposizione, lo turbarono talmente, che divenne pallidissimo e restò immobile senza dire nulla. Tutte ridevano divertite dal suo imbarazzo; ed egli, credendo che lo canzonassero, fuggì via; e poiché il denaro lo aveva Federico, Deslauriers fu obbligato a seguirlo.
Furono visti uscire; e ne nacque una storia che non era dimenticata tre anni dopo. Se la raccontarono prolissamente, completando ognuno i ricordi dell’altro; e, quando ebbero finito:
– È quanto abbiamo avuto di meglio! – disse Federico.
– Sì, può darsi benissimo! È quanto abbiamo avuto di meglio! – disse Deslauriers.
Questo è quanto abbiamo di meglio. Il distacco ironico di Flaubert non riesce ad impedire che trabocchi una fulminea commozione: sentiamo che è così, che l’irrisoria esperienza dei due amici adolescenti corrisponde senza ombra di errore al Vero, ne siamo coinvolti, ci riconosciamo. Parlo da buon borghese della decadenza, vivo quello stato sentimentale di cui una volta per sempre ha dato le misure il profeta Gustave. Di fronte al fallimento di una vita – ed è difficile che non lo sia – basta un istante passeggero di felicità per un riscatto accettabile, sia questo il ricordo di un’esperienza sessuale anche solo sfiorata, premonizione di altre che ci gratificheranno di un’incredibile pienezza, o la lettura emozionante di un finale di Flaubert. Il resto della vita, vada a farsi fottere.
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L’edizione a cui abbiamo fatto riferimento per la traduzione in italiano è quella a cura di Carlo Bo, Gustave Flaubert, Romanzi e racconti, Mursia Milano, 1974. Ecco di seguito i tre brani nell’originale:
Et ils résumèrent leur vie. Ils l’avaient manquée tous les deux, celui qui avait rêvé l’amour, celui qui avait rêvé le pouvoir. Quelle en était la raison ? – C’est peut-être le défaut de ligne droite, dit Frédéric. – Pour toi, cela se peut. Moi, au contraire, j’ai péché par excès de rectitude, sans tenir compte de mille choses secondaires, plus fortes que tout. J’avais trop de logique, et toi de sentiment. Puis, ils accusèrent le hasard, les circonstances, l’époque où ils étaient nés.
C’était pendant celles de 1837 qu’ils avaient été chez la Turque.
Or, un dimanche, pendant qu’on était aux Vêpres, Frédéric et Deslauriers, s’étant fait préalablement friser, cueillirent des fleurs dans le jardin de Mme Moreau, puis sortirent par la porte des champs, et, après un grand détour dans les vignes, revinrent par la Pêcherie et se glissèrent chez la Turque, en tenant toujours leurs gros bouquets. Frédéric présenta le sien, comme un amoureux à sa fiancée. Mais la chaleur qu’il faisait, l’appréhension de l’inconnu, une espèce de remords, et jusqu’au plaisir de voir, d’un seul coup d’œil, tant de femmes à sa disposition, l’émurent tellement, qu’il devint très pâle et restait sans avancer, sans rien dire. Toutes riaient, joyeuses de son embarras ; croyant qu’on s’en moquait, il s’enfuit ; et, comme Frédéric avait l’argent, Deslauriers fut bien obligé de le suivre. On les vit sortir. Cela fit une histoire, qui n’était pas oubliée trois ans après. Ils se la contèrent prolixement, chacun complétant les souvenirs de l’autre ; et, quand ils eurent fini : – C’est là ce que nous avons eu de meilleur ! dit Frédéric. – Oui, peut-être bien ? C’est là ce que nous avons eu de meilleur! dit Deslauriers.
Grazie a Paolo Gera per questa felicissima (ri)-scoperta, i classici sanno sempre proporci sfumature nuove.
La felicità è un eterno “trasferimento” riuscito: da sé nei libri, nelle cose, città, animali,persino persone;-) E tutto il resto se ne vada,è vero, caro Paolo!