Epicedio per un innocente scorpioncino, inediti di Paolo Polvani.
Epicedio per un innocente scorpioncino
Gentile scorpioncino che ti aggiravi
confuso sotto il letto, ti commemoro qui,
scrivo un ricordo breve, ti dono un epicedio.
Fosti incauto nel disattendere il mio suggerimento
di trasferirti più in là, nel corridoio
dell’antico convento che ospitava me, che ospitava te.
Ti blandii con la voce, ti feci un complimento:
un assoluto portento il tuo lucido nero.
Ti pregai di uscire, ti porsi persino quel giornale
affinché ci salissi, ti accompagnassi fuori, nel buio
corridoio del convento. Ma tu eri confuso,
stordito da tutte quelle mie attenzioni, alla fine
vinse il vigliacco che sono, la tua bellezza
mortificata sotto un tacco. Credimi, la convivenza
mi avrebbe inibito il sonno, che pure fu agitato,
temevo accorressero i fratelli, la tua fidanzata
in lacrime, un’adunata di scorpioni
convenuti per farmela pagare. Ormai così è andata,
non basta una poesia a restituire le gioie di cui si è cibata
la tua vita, non basta una poesia
a cancellare la macchia della vigliaccheria.
***
Le darò del lei
Forse le piace Mahler, la quinta sinfonia,
è facile arguirlo da come socchiude gli occhi, si lascia
invadere da ondate di piacere, lei predilige,
ne sono certo, tale raffinata cucina giapponese
e non le sono estranee le prelibatezze dello zen
lo intuisco dal velluto dei passi, dalle venature d’oro
dello sguardo, da quando è venuto a passeggiare
in questo spazio di necessità, tra i vicoli di una mia poesia
lei che fa da specchio alla mia solitudine
possiede un’innata principesca follia
e presta una dedizione scientifica al volo dei colombi
allo scompiglio del vento tra le foglie, all’eleganza
dello sguardo, lasci che mi complimenti, pertanto preferirei
seguitare a parlarle dandole del lei, gatto di nuda fantasia
***
Un gatto da romanzo
Il gatto abitava felicemente quei romanzi,
quelle poesie. Guardare come socchiudeva gli occhi era
davvero una delizia. Diceva molto con poco, come fa
del resto la buona poesia. Passeggiare nei libri
era il suo divertimento. Facilitava certe storie,
sovvertiva le trame, invertiva gli esiti, e nei versi
si leccava i baffi, in definitiva un perfetto attore
letterario. Genio dell’invenzione. La sua coda
entrava e usciva dai romanzi, nelle poesie
era il suo passo felpato che decideva il ritmo.