Fernanda Romagnoli, di Simonetta Sambiase

Fernanda Romagnoli, con tre poesie scelte da Mar Rosso, di Simonetta Sambiase.

   

   

Mancano pochi mesi al centenario della nascita di una poeta dalla fortuna biografica “minore”, poco antologizzata, Fernanda Romagnoli, romana, classe 1916. La sua scrittura poetica è densa e non sperimenta, chiusa nel tracciato metrico dell’io narrante che regna sovrano impressionando lo spazio stretto in cui si respira una generazione di donne in reclusione dal mondo. E’ la voce di una generazione intera che vive in se stessa fra mura domestiche e spirito addomesticato. Non c’è però mai spazio per compiacimenti né commiserazioni, ed è qui il pregio di questa scrittura che pur contraendosi per non lasciare entrare vita, strada e umanità intesa come “genere collettivo”, lascia che l’inquietudine attraversi dal primo all’ultimo verso, per esiliare quella censura claustrofobica dell’io che raffina la percezione, in una sorta di espressionismo poco compassionevole e fortemente irrequieto, ma che lascia trapelare uno spazio di domanda che anela e chiama il divino, ed è cosciente che nessuno vorrà/potrà rispondere. L’ennesima solitudine è dentro l’angolo del proprio vivere. La debolezza di salute della poeta può in parte sovrapporsi con il suo vissuto poetico, ma tuttavia è una scelta di campo la sua: la Romagnoli è una voce dal tempo indefinito, sospesa in un limbo storico che può perfino sovrapporsi ad una ricerca lessicale legata al passato in alcune zone della narrazione poetica, soprattutto nella sua raccolta più famosa, Il tredicesimo invitato, che pubblica nel 1980, oltre la boa dei sessant’anni, concentrandone il lavoro di una vita. Laddove la poeta si concede tregua, nasce bellezza fluida. Il rito, ad esempio, è una delle poesie dedicate alla figura materna più intensa ed emozionante che si possano leggere ancora oggi. Ma per chi riuscisse a reperire la plaquette Mar Rosso, una manciata di pagine creata con le ultime poesie della Romagnoli sparse “senza ordine cronologico o tematiche in una cartellina marrone”, troverebbe lì dei nuovi panorami, sebbene si debba scavare ancora sotto nuvole flabelle, tetti di bandoni e razze olivigne, perché la ricercatezza fonetica è comunque il segno principe della sua scrittura. Ma l’occhio si è aperto ai luoghi nuovi, c’è vento nei canali a Venezia, e non importa da dove arriva, il vento “è un sogno che ci percorre tutti, e ad uno ad uno”, c’è la strada di luglio, con i ragazzi alti e le ragazze svolanti, la periferia, dove risplende sì la morte dei prati ma il sole infila rose sulle gru, le Dolomiti in cui tapparsi le orecchie con edelwaiss e non fermarsi a pregare. E c’è l’amore che è riconosciuto come bugiardo ma non più patito (Ottavo comandamento, Sorriso) e c’è il poeta, il Mar Rosso della notte, “egli – al centro – il suo passo beduino”, pura circonferenza d’orizzonte. La Romagnoli passa oltre il suo muro di cinta e apre ad una geografia umana più ampia, e la sua poesia, non mutando schema e preziosità lessicali, prende nuovi respiri, e lascia d’incanto. Fernanda, la poeta, la donna ha lasciato la casa e si è messa finalmente per il mondo. SS

*

Da Mar Rosso, edizioni Il Labirinto 1997 (tiratura limitata):

   

OTTAVO COMANDAMENTO

Siamo due gran bugiardi, noi, mio caro.
L’ottavo comandamento, ci condanna.
Ma Iddio non sarà avaro d’indulgenza
forse, con noi, sapendo come avviene:
                     Che tu mi mentisci a parole
gridandomi con gli occhi: “per tuo bene
devo, devo mentire”;
                     E ch’io fingo di crederti perché
sono una donna che molto può capire
e ormai non ha più bene.

      

MAR ROSSO

L’animo del poeta: un espatriato!
Un erede di ghetti dati al fuoco!
Non ha foglio di profugo. Non chiede
vivere sigarette posto-letto.
L’atlante – cancellato alle sue spalle.
Pura circonferenza l’orizzonte
(egli – al centro – il suo passo beduino).
Su dal mattino, come da un bivacco;
giù al tramonto, vermiglia intermittenza
d’una misura senza fine.
Ma a notte … come dolce il suo Mar Rosso
trabocca in lui, l’inonda fra le ciglia
quand’egli giace – tutto il cielo addosso.

      

L’APPELLO

Guardammo in giù.
Stava tranquillo il mare
nella piccola baia senza nome,
né fruste di correnti, né incalzare
di centrifughi venti.
Percorreva fondali trasparenti
il tempo, con impronte
l’una all’altra vicine.
L’immensità si restringeva al fiato
della baia minuscola, all’atollo
in nessun De Agostini segnato.
Pure tutto era al colmo, e non mancava
un atomo all’appello.

                                 

Alice Mary Havers, Lavandaie, 1880 - in apertura Bella del villaggio, 1883
Alice Mary Havers, Lavandaie, 1880 – in apertura Bella del villaggio, 1883

One thought on “Fernanda Romagnoli, di Simonetta Sambiase”

  1. scelgo di lei, che porta il mio stesso nome, un testo, in cui mi riconosco e in cui c’è la carica per non fermarsi, per non scoraggiarsi.La consapevolezza è una miccia di grande leggerezza che ci confisca un corpo a cui spesso ci si incatena senza sentire più cosa sia davvero un’esistenza piena. Grazie,ferni

    MAR ROSSO

    L’animo del poeta: un espatriato!
    Un erede di ghetti dati al fuoco!
    Non ha foglio di profugo. Non chiede
    vivere sigarette posto-letto.
    L’atlante – cancellato alle sue spalle.
    Pura circonferenza l’orizzonte
    (egli – al centro – il suo passo beduino).
    Su dal mattino, come da un bivacco;
    giù al tramonto, vermiglia intermittenza
    d’una misura senza fine.
    Ma a notte … come dolce il suo Mar Rosso
    trabocca in lui, l’inonda fra le ciglia
    quand’egli giace – tutto il cielo addosso.

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