Per una normale follia. Un excursus letterario, di Margherita Lollini

Per una normale follia. Un excursus letterario, di Margherita Lollini.

   

  

Quale potrebbe essere, innanzitutto, è bene chiedersi, una qualsivoglia definizione di follia, se è questo il tema che vogliamo trattare.

Lo schianto alla realtà potremmo definirlo, mentalmente, follia. Escludendo la surrealtà, la follia non consiste neppure in una realtà scomposta, in un quadro scandito a piani sfasati e non comunicanti alla maniera cubista: non surrealismo, non cubismo e sua frammentazione.

La follia sembra indicativamente quello che si potrebbe pensare piuttosto come la punta dell‘iceberg della normalità: e con questo intendiamo allontanare l’idea di un Giano bifronte, di un dualismo, ossia, anche intrinsecamente valutativo e morale, che postula vi sia un “paradiso” di normali e un “inferno” di folli. Questo accade per lo più e soprattutto quando si tende in maniera elementare a porre accento neutro su alcuni, i normali ritenuti sani appunto, e stigmatizzare altri, attribuendo a questi ultimi, impropriamente, quella che si può chiamare una natura folle. Contro ogni teoria della separazione diadica, vorremmo promuovere un assunto che sia la partenza di questa breve disquisizione. In poche parole, giungeremmo ad affermare che esistono più sfumature e toni di normalità: tra questi, la follia rappresenta il climax, il gradino più alto della scala. Il colore più anticonformista e creativo, la montagna mai scalata. Il mistero contro cui non abbiamo possibilità di comprensione: se non, facendo con l’unico modo in cui possiamo fare, azzardando una buona etichetta come spesso ci viene più facile e comodo.

In questa accezione di inafferrabile lato della normalità portato all’estremo, all’apice, la follia non manca di esercitare quel fascino indicibile con cui ci si approccia alla materia ancora non stimata, non misurata e dalle proporzioni e limiti non valutabili. In questo senso, letterariamente, ci sembra il caso di partire il nostro excursus – per la verità di brevità essenziale – con un’opera che riteniamo esemplare per quanto riguarda appunto la rappresentazione della follia. Non credo ci sia nulla da obiettare al magnifico e grandioso affresco che Arthur Schnitlzer seppe redigere a proposito della follia: parliamo qui del romanzo Fuga nelle tenebre, datato 1931. Assistiamo, quasi increduli per la magistrale padronanza di tecnica narrativa, al ritratto del pensiero di un personaggio, la cui psiche viene precisamente “riversata” su carta in terza persona dall’autore, che qui più che mai risulta geniale e infallibile. Infatti, mai come in questa opera forse si crede sia riuscito gloriosamente nella sua abilità massima di narratore, riuscendo a comunicare l’idea illusoria di descrivere verosimilmente la mente di un delirante. La realtà, come ben si vede, resta quella che è, medesima, sebbene sia in definitiva un filtro distorsore mentale che ne amplifica acutizzandole le caratteristiche pregnanti, lasciando cadere il personaggio nella paralisi labirintica dell’incubo e dell’atroce disvelamento della soluzione unica, l’omicidio, che viene da lui compiuto in preda ad una forsennata mala interpretazione della realtà. La follia, appunto.

Altrettanto farneticante ed emblematica, è la follia del protagonista de Il sosia, geniale romanzo di Dostoevskij, il quale spicca per la sua acrobatica nevrosi. Ciò che conduce il protagonista alla graduale emarginazione che passa dalla condizione di normalità alla successiva crescente e inesorabile follia febbricitante e fremente è la scoperta del suo doppio, identico e per storia e per fisiognomica, pronto, una volta comparso per la prima volta, a fare seguire altre apparizioni, volte a minare la dignità e la reputazione sociale del protagonista, che si vede, in tal maniera, costretto alla fuga da se stesso, all’allontanamento forzoso dalla sua stessa vita, costretto a farsi da parte dai suoi stessi panni. In realtà, si scopre, che il doppio non è che la proiezione della coscienza del protagonista, effetto e causa del suo delirio, artificio narrativo che crea, nel lettore, uno spaesamento non meno reale della nevrosi stessa del personaggio. Proprio con questo gioco sottile di lenti che si ingrandiscono a vicenda e si allontanano dalla realtà, si produce il senso di smarrimento che attesta la follia, per chi agisce da personaggio e per chi legge da lettore.

Allontanandoci dal fascino della vertigine della follia, possiamo invece soffermarci ed esplorare un’altra accezione portata alla luce dal romanzo di George Simenon La verità su Bébé Donge, uscito dalla penna dell’autore nel 1940. In questa opera, la follia appare molto vicina a quella che può essere una oscura verità: la versione dei fatti latente, la dimensione psichica del dramma vissuto in prima persona da Roberta Donge, la protagonista. A scoprire la follia come disperato tentativo di lanciare un messaggio, di trovare uno squarcio nell’attenzione altrui è proprio il marito della protagonista: dopo essere scampato all’omicidio della moglie, che gli aveva servito un caffè con arsenico, egli si interroga profondamente su un fatto: se il gesto non fosse davvero follia, allora a cosa potrebbe essere imputato? Attraverso uno scavo psicologico rivolto al presente ed al passato, insieme, il marito riesce infine a comprendere ed enumerarsi alla coscienza tutte le disattenzioni con cui ha ripetutamente amareggiato la moglie, costringendola alla sofferenza, trascurandola e riservandole atteggiamenti disaffezionati: ecco che, sotto questa nuova luce, la follia di Roberta appare perfettamente spiegata e spiegabile, lontana dal trascinarsi come fosse un’oscura verità a gravare su di lei.

Infine, vorremmo annoverare tra le opere non dico più significative a riguardo, in senso assoluto, ma piuttosto tra quelle cui siamo personalmente più affezionati, l’opera di Mario Tobino Le libere donne di Magliano, dove la follia trova un luogo ove essere contenuta e conseguentemente esprimersi: l’ospedale psichiatrico di Magliano. Follia qui diventa la parola che sta o che almeno somiglia, volendo anche per provocazione, alla parola libertà: che a sua volta non può che essere una parola molto prossima ad umanità. Proprio con questa correlazione forte tra concetti apparentemente diversi, Tobino in realtà postula ed avanza come tesi profonda il fatto che il senso dell’umanità sia intriso di libertà e che questa a sua volta prenda e assuma ogni forma che le sia lecita, come la fantasia, l’immaginazione, il non conformismo, l’irrazionalità più caotica. Dove esiste libertà non ci può essere limite di forma, sembra volere asserire, e d’altronde la follia è manifestazione umana che sfugge ad ogni definizione limitante e rassicurante, anche, in un certo senso.

Riteniamo che proprio quest’ultima sia l’interpretazione di follia che ci sembra più in sintonia con la visione che volevamo promuovere nelle nostre iniziali intenzioni: un concetto non alieno a quello di normalità, bensì continuo, venendo a formare quasi un apice contiguo con questo. Non vogliamo sposare viceversa quella definizione di follia che la vede come uno stigma il quale esiste oppure non esiste, quanto piuttosto una prospettiva che la possa comprendere in un’accezione libera del termine normalità, il quale al suo interno prevede diversi accenti, sfumature, quantità e misure.

Questo modo di inquadrare il concetto di follia ci proviene, abbiamo voluto riportarlo, dalla letteratura, fornendo un modo ampio e comprensivo di percepire le sue manifestazioni: non come una proprietà innata che si ha oppure no, quanto piuttosto la forma più o meno forte di una normalità che per ragioni di vissuto o altro prende e assume forme altre, più creative, libere, fantasiose.

Contro le classificazioni rigide e le valutazioni comode, abbiamo scelto di trattare il concetto in modo scomodo: perché, a questo punto, nessuno si può esimere dal fare un passo indietro o avanti quando si parla di normalità. Tutto è normalità, anche quello che per sua forma se ne discosta. Ed anzi, lo è forse egualmente se non di più. Squarciando il velo della normata normalità.

                               

tn_guillaume CORNEIlle~1 MARGHERITA LOLLINI

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