Giorni dove andare di Flavio Almerighi.
Flavio Almerighi è nato a Faenza il 21 gennaio 1959. Sue le raccolte di poesia Allegro Improvviso (Ibiskos 1999) Vie di Fuga (Aletti 2002) Amori al tempo del Nasdaq (Aletti 2003) Coscienze di mulini a vento (Gabrieli 2007) durante il dopocristo (Tempo al Libro 2008) qui è Lontano (Tempo al Libro 2010) Voce dei miei occhi (Fermenti editrice 2011) Procellaria (Fermenti 2013) Alcuni suoi lavori sono stati pubblicati da prestigiose riviste quali Tratti, Prospektiva, Il Foglio Clandestino; viene a volte invitato a far parte di giurie in premi letterari.
le donne di Dozza
Resistono le donne di Dozza
accartocciate alle finestre
alle plastificate romagnole
a una ciotola di semi unti
per l’interminabile partita,
l’inverno spiove così
senza scuola né lavoro,
un gatto le osserva distando
giusto per stabilire certezze
sulle auto di passaggio,
le donne non vedono altro
di quella finestra accesa
dalla colazione del mattino,
d’ora poi nessun pasto
è esigibile oltre la luce
e le strategie di gioco,
chissà se dentro
c’è una radio accesa
o un pezzo di giornale
con le previsioni gualcite
di un non meglio precisato
fine settimana,
quando anche i passeri
vanno a godersi il mare
o la più vicina pizzeria
giovani spiantati anche loro,
chissà perché le tendine
sono state appese fuori
e da quale mano a rifinire
quelle donne votate
a un istante d’attenzione.
***
giorni dove andare
Il primo amore completo
se n’è andato a Ventimila lire
non ha lasciato tracce.
Gli anni tardano non offrono
giorni dove andare,
ex amanti commentano
capannoni abbattuti
probabili certezze in vite precedenti
fronte al paesaggio,
piove ancora
acqua aguzza e svestita
sugli occhi appannati
sui negozi drasticamente vuoti,
le promesse, premesse
copriranno di ridicolo
grandi speranze in affanno
sulla linea gialla
di un tenero lamento
simile al cinismo
trattenuto dalle labbra
per non disturbare
Ho voluto lasciar decantare dentro me queste due poesie delle quali, in quanto a bellezza, non saprei quale scegliere.
La nota comune mi sembra quella di un paesaggio umano ridotto ai minimi termini, non come essenzialità di linguaggio, ma proprio come mancanza di prospettive di vita.
I negozi spaventosamente vuoti, i capannoni abbattuti contemplati da amanti che, forse, li avranno frequantati in occasione di qualche incontro furtivo, fanno da spalla a quelle figure di donne di Dozza, ” accartocciate alle finestre ” ( questo verso da solo basterebbe a dare valore a questa poesia ) che passano l’inverno giocando a carte senza scuola nè lavoro, e il tutto avvolto da un’acqua fredda, direi anche ghiacciata, come le speranze che non esistono più in questa zona di provincia che personalmente ricordavo per la produzione di un ottimo Albana.
Le “big expectations” di un Dickens moderno centocinquanta anni dopo quel mitico inizio di sviluppo industriale che oramai fa acqua da tutte le parti, messe in versi da un poeta che mi fa sempre piacere leggere per quel suo sguardo ” cattivo ” che gli fa dire con tenerezza e pudore :
simile al cinismo
trattenuto dalle labbra
per non disturbare
Due letture da non ignorare.