Gli obbedienti e Affondata sul lavoro a Forlì, reportage di Clery Celeste.
Quello che è avvenuto mercoledì 6 giugno a Palazzo Romagnoli a Forlì, a soli quattro giorni dalla giornata della Repubblica Italiana, è la dimostrazione pratica che la poesia e l’arte sono in stretta connessione con la realtà. La poesia è qualcosa di quotidiano, che parla dei problemi e della vita di tutti. Sono state realizzate in uno dei luoghi più preziosi di Forlì due performance poetiche, a cura dell’associazione Lestordite di Giorgia Monti e Serena Piccoli per il Festival Internazionale di Poesia e Arti Sorelle.
La serata si è aperta al piano terra del palazzo con l’evento poetico performativo di Francesca Del Moro, in quello che è stato un percorso conoscitivo e sensoriale attraverso la visita della collezione Verzocchi. L’intera serata è stata incentrata sul tema del lavoro, centrale sia in tutta la preziosa collezione forlivese, il lavoro come diritto e privazione, sia nelle poesie lette, che sono testimonianze di una difficoltà reale (spesso a carattere principalmente femminile). Francesca ha scelto per ogni sala un quadro con cui ha trovato particolare connessione con i suoi testi e davanti al quale ci ha recitato le sue poesie tratte da Gli obbedienti (Cicorivolta edizioni, 2016), raccolta intensa e diretta incentrata sulla fatica di trovare e mantenere una posizione propria nel mondo. La voce poetica di Francesca è stata un saldo ponte temporale tra le opere dello scorso secolo esposte e la narrazione dei disagi attuali, cambiano le forme ma certi dolori e certe fatiche sono restati purtroppo immutati. I testi da Gli obbedienti dicono tutto, non lasciano niente in sospeso, il ritmo è deciso e i versi sono precisi e taglienti. Francesca scrive le cose come stanno, dando il giusto nome, anche se duro e doloroso, non mette veli o patine. Sono testi che vanno alla radice più intima del problema, esattamente come le opere della collezione Verzocchi. Mostrano quello che c’è da far vedere, senza premura e senza abbellimenti inutili.
Dopo questo intenso momento la serata si è spostata nella ampia e ambrata sala al primo piano del palazzo, la Sala dell’incontro, dove ci attendevano Serena Piccoli e le musiche splendide di Fabio Strada. Una seconda parte di ascolto e di silenzio.
Per Serena Piccoli le questioni importanti vanno affrontate direttamente e andando a cercare personalmente chi ha vissuto e vive il rifiuto e il sopruso in ambito lavorativo. Serena ci introduce in quella che è la preparazione che sta dietro a una performance teatrale: l’autrice ha intervistato per mesi tantissime persone che hanno vissuto forti difficoltà lavorative, raccogliendo così una rosa di testimonianze importanti da parte di voci di età, strato sociale e identificazione sessuale differenti. Parole che sono di tutti noi, in una recitazione sentita ed emozionante che veniva alternata agli haiku di Maria Laura Valente, alle poesie di Francesca Del Moro e alle musiche di Strada. Un dialogo diretto quello tra Serena e il pubblico, dove chiunque si può essere identificato in almeno una delle storie e dei dettagli raccontati.
L’arte quindi è quel filo che ci permette di non sentirci soli, di legarci tutti insieme in un nodo di esperienze e vissuti comuni. Una serata all’insegna dell’empatia, del dono e della testimonianza in due forme artistiche differenti ma sincere, dove la parola assume una valenza necessaria, di verità. Mi auguro e auguro alle autrici che questa esperienza si possa ripetere ancora.