Il libero Ferreira Gullar di Massimiliano Damaggio.
Una cosa che fin dal primo momento ho amato della poesia brasiliana è stata, fra le molte: la libertà. E’ difficile spiegare cosa significhi questa parola a chi non conosce abbastanza la letteratura brasiliana. Mário de Andrade scriveva: “Io sono trecento / io sono trecento e cinquanta”. Un amico mi ha detto: “Ah, be’, lo diceva anche Pirandello”. Sì, ma i trecento e cinquanta di de Andrade erano anche la possibilità che egli si dava di “essere un giorno avanguardista, il giorno dopo parnassiano, e dopodomani altro”, ma all’interno di una ricerca di espressione personale, quasi sempre legata alla produzione di una letteratura propria, da esportazione.
Ferreira Gullar mi sembra un buon esempio: da avanguardista a poeta concreto, da poeta politico a poeta popolare, infine a poeta libero di fare. E poi teorico, romanziere, pittore. 19 libri di poesia; 4 di racconti per l’infanzia; 10 saggi fra cui il notissimo “Teoria del non oggetto”, uno dei fondamenti della poesia neoconcreta mondiale; 4 piéces tatrali; 2 romanzi; 8 libri di traduzioni. Un autore prolifico, insomma. Uno dei maggiori poeti di sempre, in Brasile come nel mondo.
Ferreira Gullar è lo pseudonimo di José Ribamar Ferreira. Nasce a São Luís do Maranhão il 10 settembre del 1930. E’ ancora vivo. A ventun anni pubblica il suo primo libro di poesia e si trasferisce a Rio de Janeiro. Là, comincia a collaborare con giornali e riviste, anche come critico d’arte. Nel 1954 pubblica A luta corporal (La lotta corporale), un libro bomba, che apre il cammino verso la poesia concreta, movimento cui ha partecipato e con cui poi ha rotto: Hanno detto che la poesia / è una macchina / o un diadema (…) o quando è tanto accetta la parola neutra / perché chi fa la poesia è un poeta / e chi legge la poesia, un ermeneuta, (…) Ma come, gente / come essere neutri se ha finito di piovere e la terra profuma / l’asfalto profuma (…) se c’è una dittatura nel Paese / e io sono infelice? Nel 1959 rompe con il movimento concreto e fonda il movimento “neo-concreto”. Portando alle estreme conseguenze questo cammino, lo considera terminato nel 1961 e si rivolge al movimento di cultura popolare, e politico. Dal 1962, sente la necessità di convogliare la poesia nella denuncia e nella lotta sociale. Rielabora la propria poesia in popolare e, più tardi, rimodifica il linguaggio fino a raggiungere la complessità del Poema sujo (Poema sporco), scritto in esilio a Buenos Aires nel 1975 e considerato da Vinicius de Moraes “il più importante poema scritto in qualsiasi lingua negli ultimi decenni”. Ritorna in Brasile alla fine della dittatura e continua la sua produzione, sorprendente. E libera.
***
O trabalho das nuvens
Esta varanda fica
à margem
da tarde. Onde nuvens trabalham.
A cadeira não é tão seca
e lúcida, como
o coração.
Só à margem da tarde
é que se conhece
a tarde: que são as
folhas de verde e vento, e
o cacarejar da galinha e as
casas sob um céu: isso diante
de olhos.
E os frutos?
e também os
frutos. Cujo crescer altera
a verdade e a cor
dos céus. Sim, os frutos
que não comeremos, também
fazem a tarde.
(a vossa
tarde, de que estou à margem)
Há, porém, a tarde
do fruto. Essa
não roubaremos:
tarde
em que ele se propõe à gloria de
não mais ser fruto, sendo-o
mais: de esplender, não como astro, mas
como fruto que esplende.
E a tarde futura onde ele
arderá como um facho
efêmero!
Em verdade, é desconcertante para
os homens o
trabalho das nuvens.
Elas não trabalham
acima das cidades: quando
há nuvens não há
cidades: as nuvens ignoram
se deslizam por sobre
nossa cabeça: nós é que sabemos que
deslizamos sob elas: as
nuvens cintilam, mas não é para
o coração dos homens.
A tarde é
as folhas esperarem amarelecer
e nós o observarmos.
E o mais é o pássaro branco que
voa – e que só porque voa e o vemos,
voa para vermos. O pássaro que é
branco,
não porque ele o queira nem
porque o neccessitemos: o pás-
saro que é branco
porque é branco.
Que te resta, pois, senãu
aceitar?
Por ti e pelo
pássaro pássaro.
Il lavoro delle nuvole
Questa veranda resta
al margine
della sera. Dove le nuvole lavorano.
La sedia non è tanto secca
e lucida, come
il cuore.
Solo al margine della sera
si può conoscere
la sera: cosa sono le
foglie di verde e vento, e
il coccodeare della gallina e le
case sotto un cielo: questo davanti
agli occhi.
E i frutti?
e anche i
frutti. Il cui crescere altera
la verità e il colore
dei cieli. Sì, i frutti
che non mangeremo, anche
loro fanno la sera.
(la vostra
sera, ci cui sto al margine)
C’è, però, la sera
del frutto. Questa
non la ruberemo:
sera
in cui il frutto si propone alla gloria di
non essere più frutto, essendolo
ancora: di splendere, non come astro, ma
come frutto che splende.
E la sera futura dove
arderà come una torcia
effimera!
In verità, è sconcertante per
gli uomini il
lavoro delle nuvole.
Non lavorano
sopra le città: quando
ci sono nuvole non c’è
città: le nuvole ignorano
scivolano sopra la
nostra testa: noi sappiamo che
scivoliamo sotto di loro: le
nuvole scintillano, ma non è per
il cuore degli uomini.
La sera è
le foglie che aspettano d’ingiallire
e noi lo osserviamo.
E il resto è l’uccello bianco che
vola – e che solo perché vola e lo vediamo,
vola perché lo si veda. L’uccello che è
bianco,
non perché lo voglia né
perché lo necessitiamo: l’uc-
cello che è bianco
perché è bianco.
Che ti resta, allora, se non
accettare?
Per te e per l’
uccello uccello.
***
Não há vagas
O preço do feijão
não cabe no poema. O preço
do arroz
não cabe no poema.
Não cabem no poema o gás
a luz o telefone
a sonegação
do leite
da carne
do açúcar
do pão
O funcionário público
não cabe no poema
com seu salário de fome
sua vida fechada
em arquivos.
Como não cabe no poema
o operário
que esmerila seu dia de aço
e carvão
nas oficinas escuras
– porque o poema, senhores,
está fechado:
“não há vagas”
Só cabe no poema
o homem sem estômago
a mulher de nuvens
a fruta sem preço
O poema, senhores,
não fede
nem cheira
Siamo al completo
Il prezzo dei fagioli
non entra in poesia. Il prezzo
del riso
non entra in poesia.
Non entrano in poesia il gas
la luce il telefono
la malversazione
del latte
della carne
dello zucchero
del pane
Il funzionario pubblico
non entra in poesia
col suo salario da fame
la sua vita rinchiusa
negli archivi.
Come non entra in poesia
l’operaio
che si mola il giorno d’acciaio
e carbone
nelle officine oscure
– perché la poesia, signori,
è chiusa:
“siamo al completo”
In poesia entra solo
l’uomo senza stomaco
la donna di nuvole
la frutta senza prezzo
La poesia, signori,
non puzza
né profuma
***
Subversiva
A poesia
quando chega
não respeita nada.
Nem pai nem mãe.
Quando ela chega
de qualquer de seus abismos
desconhece o Estado e a Sociedade Civil
infringe o Código de Águas
relincha
como puta
nova
em frente ao Palácio da Alvorada.
E só depois
reconsidera: beija
nos olhos os que ganham mal
embala no colo
os que têm sede de felicidade
e de justiça.
E promete incendiar o país.
Sovversiva
La poesia
quando arriva
non rispetta niente.
Né padre né madre.
Quando arriva
da qualcuno dei suoi abissi
disconosce lo Stato e la Società Civile
infrange il Codice delle Acque
nitrisce
come una puttana
giovane
davanti al Palazzo del Governo.
E solo dopo
riconsidera: bacia
sugli occhi chi guadagna male
culla fra le braccia
chi ha sete di felicità
e di giustizia.
E promette d’incendiare il paese.
***
Morte de Clarice Lispector
Enquanto te enterravam no cemitério judeu
do Caju
(e o clarão de teu olhar soterrado
resistindo ainda)
o táxi corria comigo à borda da Lagoa
na direção de Botafogo
as pedras e as nuvens e as árvores
no vento
mostravam alegremente
que não dependem de nós
Morte di Clarice Lispector
Mentre ti interravano al cimitero ebraico
di Caju
(e il bagliore del tuo sguardo sotterrato
ancora resisteva)
il taxi correva con me lungo la laguna
in direzione di Botafogo
E le pietre e le nuvole e gli alberi
nel vento
mostravano allegramente
che non dipendiamo da noi
***
No corpo
De que vale tentar reconstruir com palavras
o que o verão levou
entre nuvens e risos
junto com o jornal velho pelos ares
o sonho na boca, o incêndio na cama,
o apelo da noite
agora são apenas esta
contração (este clarão)
do maxilar dentro do rosto.
A poesia é o presente.
Nel corpo
A che serve tentare di ricostruire con le parole
ciò che ha portato l’estate
fra nuvole e risate
insieme al vecchio giornale che svolazza
il sogno nella bocca, l’incendio nel letto,
l’appello della notte
adesso sono solo questa
contrazione (questo bagliore)
della mascella nel volto.
La poesia è il presente.
***
Falar
A poesia é, de fato, o fruto
de um silêncio que sou eu, sois vós,
por isso tenho que baixar a voz
porque, se falo alto, não me escuto.
A poesia é, na verdade, uma
falta ao revés da fala,
como um silêncio que o poeta exuma
do pó, a voz que jaz embaixo
do falar e no falar se cala.
Por isso o poeta tem que falar baixo
baixo quase sem fala em suma
mesmo que não se ouça coisa alguma.
Parlare
La poesia è, di fatto, il frutto
d’un silenzio che sono io, siete voi,
per questo devo abbassare la voce
perché, se parlo alto, non mi sento.
La poesia è, in verità, una
mancanza al contrario del dire,
come un silenzio che il poeta esuma
dalla polvere, la voce che giace sotto
al parlare e nel parlare tace.
Per questo il poeta deve parlare piano
piano quasi senza parola insomma
anche se non si sente proprio niente.
***
Poema
Se morro
o universo se apaga como se apagam
as coisas deste quarto
se apago a lâmpada:
os sapatos-da-ásia, as camisas
e guerras na cadeira, o paletó-
dos-andes,
bilhões de quatrilhões de seres
e de sóis
morrem comigo.
Ou não:
o sol voltará a marcar
este mesmo ponto do assoalho
onde esteve meu pé;
deste quarto
ouvirás o barulho dos ônibus na rua;
uma nova cidade
surgirá de dentro desta
como a árvore da árvore.
Só que ninguém poderá ler no esgarçar destas nuvens
a mesma história que eu leio, comovido.
Poesia
Se muoio
l’universo si spegne come si spengono
le cose di questa stanza
se spengo la lampada:
le scarpe di corda, le camicie
e guerre sulla sedia, il paltò
delle ande,
bilioni di quadrilioni di esseri
e di soli
muoiono con me.
O no:
il sole tornerà a segnare
lo stesso punto del pavimento
dove è stato il mio piede;
da questa stanza
sentirai il chiasso degli autobus per la via;
una nuova città
sorgerà da dentro questa
come l’albero dall’albero.
Solo che nessuno potrà leggere in queste nuvole lacerate
la stessa storia che leggo io, commosso.
***
Off price
Que a sorte me livre do mercado
e que me deixe
continuar fazendo (sem o saber)
fora de esquema
meu poema
inesperado
e que eu possa
cada vez mais desaprender
de pensar o pensado
e assim poder
reinventar o certo pelo errado
Off price
Che la fortuna mi liberi dal mercato
e che mi lasci
continuare a fare (senza saperlo)
fuori dallo schema
il mio poema
inaspettato
e che io possa
sempre più disimparare
di pensare il pensato
e così potere
reinventare il certo per l’errato
ho trovato queste poesie semplicemente meravigliose! vi chiedo se in Italia esistono libri di questo autore, ho trovato finora soltanto l’accenno a una vasta antologia pubblicata ma senza l’indicazione della casa editrice, grazie a chi mi darà indicazioni
Caro Astolfo, la poesia brasiliana è a mio parere la più interessante di tutto il ‘900, ma in Italia non è mai stata “recepita” a sufficienza. E Occorre, per farlo, liberarsi dalla pedanteria europea. E il nostro paese non è stato capace di farlo. Gullar e altri, molti altri, direi troppi, sono stati tradotti poco, comparsi come un lampo, poi scomparsi. Puoi forse trovare qualcosa in biblioteche molto fornite. Se però chiedi a Vera Lucia de Oliveira (che ha scritto in questo numero), lei saprà darti molte indicazioni.
Grazie Massimiliano delle informazioni, farò come dici. E grazie per la tua traduzione. Ho apprezzato anche il poeta Pastakas, grazie anche per lui. Quando il prezzo dei fagioli e il prezzo del riso entrano in una poesia capisco che si tratta di buona poesia. Sono un semplice lettore, e quando sento che lo sguardo del poeta riesce a scorgere poesia nelle cose semplici della vita, so che quella poesia mi aiuta a essere migliore, a guardare le cose con occhi più partecipi e attenti, direi amorevoli. Questa è la poesia che serve ai lettori, o almeno ai lettori come me. Spesso mi imbatto in poesia, italiana, di cui mi riesce ostico il senso e a volte la stessa concatenazione delle parole. E’ come se l’autore volesse respingermi, tenermi fuori dal suo discorso. In quel caso prendo il largo e smetto di leggere. E mi domando se sia buona poesia quella che mette in fuga il lettore. E so che io cercherò sempre la poesia dove il prezzo dei fagioli, o il prezzo delle olive, come in Pastakas, non siano considerati temi eretici. Quindi ancora grazie. E grazie anche a questa pubblicazione per le proposte varie e interessanti.