Il mondo è ovunque, poesie di Giuseppina Di Leo

Il mondo è ovunque, poesie di Giuseppina Di Leo.

    

    

Giuseppina Di Leo è nata e vive a Bisceglie (Bt). Si è laureata in Lettere Moderne; frutto della tesi di laurea è la pubblicazione bio-bibliografica Pompeo Sarnelli (1649-1730): tra edificazione religiosa e letteratura (2007).
Ha pubblicato i seguenti libri di poesie: Dialogo a più voci (LibroitalianoWorld, 2009); Slowfeet. Percorsi dell’anima (Gelsorosso, 2010); Con l’inchiostro rosso (Sentieri Meridiani Edizioni, 2012); la plaquette Il muro invisibile (LucaniArt, 2012).
Numerose poesie e scritti vari sono ospitati su riviste, antologie, blog e siti dedicati alla poesia.
Alcune poesie sono state musicate dal M° Giovanni Castro.

      

Alla fine contano le parole che si dicono
come il ‘sì’ ufficiale. Magari è un no mascherato
ma conta sì quello: ci si rassegna col crederci;
all’inverso
di primo acchito, non ci fidiamo
di una scritta pubblicitaria
sapendola ingannevole.
Ma dov’è la verità?
A ben guardare, quel sì
ha lo stesso valore portentoso del prodotto:
entrambi con una scadenza. Pur di non svelarci
accontentiamoci pure di verità nutrite di menzogna.

*

[A seguire]

Appena giunti sul fondo avvertii il precipizio/ la sciabola di vento guizzare dentro e trafiggermi. / In seguito./ Alzarsi non fu semplice come l’essere giunti./ / Appena giunti sul fondo/ i grandi occhi pesci guardarono code di squali su noi volare/ rapidi getti di prora aprirono un vortice. / In seguito./ Giungemmo meritatamente alla pioggia.
Nomi e fogli, acqua in scaglie e la rata per domani del mutuo da pagare./ E di nuovo insieme/ salutammo copiose provviste in avaria da disfare. / In seguito. / La paura lasciò il posto all’incoscienza/ sulla giostra Avvenire/ avventure scadevano a giorni alterni / – /tra un terno in galleria ed un treno in allegria. / -/ E vissero felici e contenti. /[…].

*

Mi sento smarrito senza il mio sorriso, dice Montag *
mentre si avvia da Faber, il professore.
Avviene così, ci si dimentica
anche delle cose di cui sentivamo il bisogno
le piccole cose custodite come pietre di un tempo prezioso.
Pietre che scenderanno nel fondo, in un luogo imprecisato.
Scenderanno.
Al punto che ci vorranno grandi macchinari per estrarle.
(Senza nulla dire, nulla rimane.)
Immobili di suono, giungeranno api dappertutto
a punzecchiare i lobi sordi delle nostre piazze vuote
ricolme di nulla. E noi giriamo, in sottovuoto,
seduti sul mondo.

      

* (Fahrenheit 451 – Appunti:
Il personaggio voluto da Ray Bradbury è Guy Montag. La moglie, Mildred, forse si è tolta la vita con un astuccio di barbiturici. La donna è stata appena “ripulita” da due tecnici con le macchine aspira e rigenera.
«Noi siamo la minoranza degli strambi che gridano nel deserto – sempre Ray – vagabondi all’esterno, biblioteche dentro».)

*

L’apolide

Qui è il mondo. Il mondo è ovunque, recita
un cartello pubblicitario nell’aria fredda.
Voci e musica salgono dalla strada
fino al tavolo di un bar. Il gestore
continua a lamentarsi per la presenza degli stranieri.
Mai visti così tanti, ripete come a se stesso
nel servire un caffè. Nello sfogo resta inclusa la scena
svoltasi poco prima per l’uomo che aveva utilizzato
il bagno, esterno al locale, senza chiedere il suo permesso.
Non è mica un bagno pubblico questo
aveva detto il barista allo straniero
è pur sempre un bagno privato, del bar.
Muchas gratias!
gli aveva poi quell’altro urlato andando via.
Lo straniero, l’intruso, era il trombettista
di un piccolo gruppo di musicanti.
Basso di statura e non giovanissimo
sul fianco gli si notava la tromba
come una sua appendice sotto a una pancia enorme.
Nel gesto esibiva qualcosa di un altro tempo
la creatività dell’inizio del giovane che era stato
veniva fuori nell’immagine diseguale del suo passo
la verve spregiudicatamente amata
di quando aveva creato la band
deciso a cambiare il mondo a suon di musica.
Quello stesso mondo che un giorno
ne avrebbe avuto a iosa di lui, della sua band
della sua musica e di tutti gli stranieri del mondo.
Un mondo ridotto, come sembra, al divieto d’entrata
in uno squallido cesso di un triste bar di provincia.

E il Mondo, dov’è?
Ecco il mondo: è ovunque. Ma forse
non è qui”!

*

       

Ivo Mosele, La carrozzina
Ivo Mosele, La carrozzina

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