In transitu di Barbara Pumhosel, Arcipelago Itaca ed. 2016, recensione di Antonio Spagnuolo.
Sorprendente viaggio della parola attraverso pagine che si allacciano ad una poesia colta e significativamente colorata. Attraverso innumerevoli filtri e modelli il verso cerca di creare esaltanti accostamenti tra valenze aggreganti e valori intellettualmente dominanti, ove ci si possa avvicinare, sempre con delicatezza e sorpresa, ad un modo semplice di raccontare favole o illusioni, incontri o speranze, figure o paesaggi, impatti o preghiere.
La scrittura ha l’immediatezza della fotografia, quando la metafora, affidata alla tradizione orale, consente di sospendere l’affanno per immergersi nella fantasia.
Bestiarium, Dice Borges e Viaggio d’autunno sono le tre sezioni nelle quali si divide il volume, una fusione di tre momenti ben distinti per proporre e riproporre le pulsioni dell’imprevedibile e delle dinamiche della proiezione. Brevi acquerelli le visioni che vanno dalla delicatezza della tela del ragno all’impatto con il ciottolo immerso nell’acqua. Una rete di seduzione indeterminata dal Danubio al sogno dello scrittore, in quel che narra Borges o immagina rappresentare, in uno sciorinare pensieri filosofici o ricordi fuori confine. Improvvisi segnali in “Viaggio d’autunno” nel taglio di giorni che hanno la luminosità necessaria alla libertà degli umori: ”Innamorata/ delle forbici, taglio/ il filo e i ponti/ taglio i giorni/ le pagine, i ricordi/ di noi due insieme/ per contemplare un/ disegno bellissimo/ fatto di buchi.” – Ogni sentimento può divenire visione, indecifrabile gioco delle magie, che nasce dalla profonda specularità degli intenti e diviene poesia, necessità di integrarsi nell’altro che ascolta e sorride.