Incroci obbligati di Enea Roversi, nota di lettura di Claudia Zironi

Incroci obbligati di Enea Roversi, Arcipelago Itaca Ed., 2019, nota di lettura di Claudia Zironi.

    

    

Dopo molti anni di latitanza dalle tipografie, Enea Roversi, poeta di lungo corso e stimato critico e operatore in ambito culturale, esce quest’anno per Arcipelago Itaca edizioni, nella collana “Mari interni”, con la sofferta – per via di tre anni di intoppi e contrattempi che ne hanno ritardato l’uscita – pubblicazione “Incroci obbligati”, una raccolta di poesie composte nell’arco di oltre vent’anni. Non si tratta di un libro corposo: dalle sole 119 pagine cogliamo tutta la ponderazione e il peso che Roversi conferisce al verso, in contraddizione con la sua quartina di pagina 81: “Comporre un verso / in poco tempo / e non ammettere / che è tempo perso.”. Per Roversi la composizione scaturisce evidentemente di getto, nello stato di grazia che conferisce l’ispirazione artistica, ma poi c’è un lungo processo di decantamento della parola e il risultato finale a noi lettori non appare affatto tempo perso – al di là del dibattuto assunto “la poesia non serve a niente”.
Enea Roversi ci ricorda Robert Musil nella stesura del suo “L’uomo senza qualità”, nel mettere il tempo di quasi una vita intera nell’opera, ma anche il protagonista dello stesso romanzo, Ulrich – uomo tuttaltro che senza qualità – per la sua lucida e competente “passività” analitica.

Le cinque sezioni del libro – DAL TACCUINO DELL’APOLIDE – (1995-2006); DISINCANTO DELLO SCORRERE – (2006); POESIE SUL DOLORE E POESIE SPARSE – (2008-2014); INCROCI OBBLIGATI – (2008-2014); CAMPARISODA – (2016) – portano una marcatura temporale che potrebbe far pensare all’accostamento in volume di sillogi tra di loro molto differenti. Roversi stesso nella sua nota dell’autore dice: “Non è una raccolta poetica omogenea”. Ma in occcasione della presentazione bolognese di “Incroci obbligati”, Silvia Comoglio, che ha accompagnato Roversi e la platea nel viaggio tra le pagine del libro, ha invece affermato, con assoluta mia aderenza di pensiero, l’organicità di insieme del dettato, dei temi e della poetica. Roversi si pone sul confine tra i generi “confessional” e “civile” correndo da esperto acrobata sul filo dell’intimo disincanto e dell’esistenzialismo. Ne esce una poesia profondamente sociale, di denuncia, impregnata dell’attualissimo mal de vivre, della cultura dello psicofarmaco e, per dirla con un termine coniato dalla critica Sonia Caporossi, assolutamente ultracontemporanea. Non c’è negazione di pathos al lettore, non si fanno sconti emotivi, non ci sono voli concettuali inintelligibili, ma la distanza dalla lirica è netta e percepibile sia nei versi del 1995, nella sezione “Dal taccuino dell’apolide” che in quelli più recenti di “Camparisoda” del 2016.

Enzo Campi nella sua postfazione si concentra molto sul titolo del libro trasmutando la parola “incroci”  nel concetto di “obbligazioni” sulla base dei versi: “Incroci obbligati le nostre strade / caselle bianche e caselle nere / e tutto quel peso da sopportare” che lo portano alla sua osservazione finale: “la struttura complessiva degli “incroci obbligati” ci racconta i vezzi, i vizi, i malanni e le idiosincrasie della quotidianità e lo fa proprio attraverso una disseminazione di obbligazioni. Qui ci si rende conto di come la contemporaneità, pervasa e pervertita dalla globalizzazione, sia costretta a ragionare in termini di bianco e nero, a muoversi su una scacchiera dove per andare avanti bisogna mangiare l’ostacolo di turno.”
Ma Roversi non mangia l’ostacolo, lo osserva e osservandolo, analizzandolo non lo distrugge ma neanche lo subisce, ce lo restituisce tramite l’occhio poetico invitandoci a una riflessione critica sul presente.

     

Di seguito vi propongo una selezione di testi dalle cinque sezioni:

    

Nuovo medioevo

Anamorfica civiltà di fango
multimediale nonché mediocre
multirazziale nonché razzista
pagina smembrata dal contesto
del testo.

Archetipo inutile e mai docile
violenza futile e datata
decade ridanciana e lugubre
nuovo medioevo che avanza scomposto
in avanzato stato di decomposizione.

    

(da Dal taccuino dell’apolide 1995-2006)

*

Orazione blasfema

Orazione blasfema e una corona d’aglio
Abbiamo esortato esorcismi innocui
E i sacramenti li assorbimmo estasiati
Di mezzo c’era la probabile fiamma

Dal portone la litania si dipanava
Sferragliando lenta sulla rotaia
Tra i sacri arredi incensati e tetri
Lauda di combusta alma espiata

Ma la durevole ed eterna vita
Per quali sotterranei ora vaga?
Voto e comandamento, rimangono
Coesi nel loro gioco di rimandi

Piovono e tuonano dogmi di goccia
Salvifica strada si apre e si chiude
Passaggio obbligato dell’impossibile
Per anime da conservare e decodificare.

     

(da Disincanto dello scorrere – 2006)

*

Funerale 

Si spande, nerastro e liquido, il dolore
sulle macchine metallizzate
bagnate di pioggia.

E con la pioggia si mischia
infradiciando i drappi viola
poggiati ai muri.

Si spande, incolore, il silenzio
insinuato, quasi definito
tra le voci sussurrate
e le lacrime trattenute.

Ed eccoci qui, raccolti
a interrogarci sul senso
dei nostri giorni.

A osservare il presente
con gli occhi bassi
e le mani inermi.

A ricercare il dubbio
fra i rami spezzati
e il fumo sospeso.

    

(da Poesie sul dolore e poesie sparse 2008-2014)

*

Incroci obbligati 

Incroci obbligati le nostre strade
caselle bianche e caselle nere
e tutto quel peso da sopportare
le definizioni                                così
assurde
e il significato delle cose poi
quello che non sappiamo
che non sapremo mai
le poesie con [le parentesi quadre] e i punti di sospensione

come i fili a cui siamo appesi
le corde che ci tengono sospesi
la danza nell’aria
il bianco e il nero
delle strisce pedonali
dall’alto
le parole attutite (suoni)
ferro e nuvole
dov’era la rotaia
ora c’è la fibra ottica
il semaforo si accende
obbligo di svolta a destra
eccole
                                  le nostre strade
              ecco gli incroci
annerire e compensare il tutto
con un tocco di falsa intelligenza.

     

(da Incroci obbligati 2008-2014)

*

Camparisoda 

Per favore lasciate libero il passaggio
fate strada al corteo delle nubi inesplose
volgete loro lo sguardo felice e inebetito
gonfio del vostro ottimismo da camparisoda
le inquietudini moriranno annaspando
tra i cubetti di ghiaccio e le fette d’arancia
le paure si trasformeranno in affari
trionfo dell’impero logica imperante
spessore che cresce e s’irrobustisce
un’aria nuova percorrerà le strade
gli elettroencefalografi non daranno più
fastidio alcuno nel silenzio reale
della radura urbana trasformata.

     

(da Camparisoda 2016)

*

in apertura Ksenja Laginja, Io sono nessuno

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