La vela il vento, inediti di Marco Ercolani.
Marco Ercolani (Genova, 1954), è psichiatra e scrittore. Tra le sue ossessioni l’apocrifo, il nodo arte/follia e la poesia contemporanea. Tra i suoi libri di narrativa: Col favore delle tenebre, Il ritardo della caduta, Vite dettate, Lezioni di eresia, Il mese dopo l’ultimo, Carte false, Il demone accanto, Taala, Il tempo di Perseo, Discorso contro la morte, A schermo nero, Sentinella, Turno di guardia, Camera fissa e Preferisco sparire. Per la saggistica: Fuoricanto, Vertigine e misura e L’opera non perfetta. Per la poesia: Il diritto di essere opachi e Si minore. I suoi taccuini sono raccolti in Nottario. In coppia con Lucetta Frisa cura “I libri dell’Arca” e scrive L’atelier e altri racconti, Nodi del cuore, Anime strane, Sento le voci e Il muro dove volano gli uccelli.
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Pagina
Pagina scritta o vuota. Pagina altrui. Vela.
È la mia morte, che abito e fuggo. La mia sempre unica pagina. La mia sola stanza. Allarmata dal fuoco, la descrivo con parole fluttuanti.
Pagina. Scritta o vuota. Sognata da chi venne e verrà.
Non ci sono più ospiti. Siamo tutti fuggiti.
Aveva una verità, ma non la amava. Per dimenticarla, di notte, costeggiava i fuochi della spiaggia.
Una madre paralizzante fece di lui il vagabondo delle stelle.
Mentre scrivo, sono io la prima delle ombre che evoco.
Nel giardino migliaia di alberi intrecciano le loro radici in un gomitolo sotterraneo, una rete sottile, elastica, acuminata, più complessa dei labirinti del cervello umano.
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La vela, il vento
Tenermelo stretto, il mondo, mentre chiuderò gli occhi.
Il sole mi sfiora la pelle e torno vivo, felice di dissolvermi in luce.
Voci assordanti avvolgono questa stanza, mai solo mia.
Potente e leggero, il sole. Responsabile della mia ombra.
Se i sogni ci appaiono come nemici, smettono di essere letteratura e diventano minacce reali.
Alcuni gesti segreti, che ritrovo in vite altrui: la mia personale semiologia dell’inferno.
Ricorda che devi sentire.
Vela – vento che si condensa nella forma della tela tesa. Vento – forma allarmata e sfuggente che non concede pause fra ferita e segno.
La vela, il vento. Indissolubili.
Aereo e terrestre, il pensiero: un’immagine.
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L’uomo di notte
E il teatro è vuoto, è vuoto, e non abbiamo mai avuto nulla da dire: ma restiamo attori.
Bellezze viste: case. Bellezze mai viste: abissi.
Se la parola è un metodo di concentrazione, scrivere è solo una traccia del pensiero.
Rifiutare la notte unica per le tenebre plurali.
Uno dei suoi libri sognati ha un titolo rivelatore: “L’uomo di notte”.
Annaspare con forchette e coltelli, cercando affannosamente il cibo che sfugge. Cercare la luce. Trovarla ma non accenderla.
Il magma, ma espresso in parole limpide.
Il silenzio notturno: il più vicino all’intimità del corpo.
Sogno traversato dai lampi dei sogni, come da una continua ansia di luce.
Non esporre la propria luce. Non tradirla.
Andando verso una strada non vista, il poeta sa farci sentire ogni oggetto che nomina come se lo toccassimo nel buio, come se leggendo lo illuminassimo, come se da ciechi tornassimo vedenti attraverso la parola.
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Ciò che sono
Accarezzare i dorsi dei libri. Non leggerli più. Ricordarli.
Forse la pagina dove inventare parole è diventata solo un muro, un osso dove sbattere le mani, la mente.
Pietre coperte da acque turbinose. Montagne come quinte.
Vivo i gesti dell’altro, che mi modella nei regni dell’ombra.
È stato bellissimo ritornare. Ma dove?
Fiamma penultima. Rogo definitivo.
Scrivo perché il bianco della carta mi abbàcini. Perché la carta non ancora scritta mi indichi il vero silenzio, la sola direzione: ciò che sono.
Una epifania è possibile, ma nello spazio che vedo.
Senza esitare, ricomincio. La mia morte ha bisogno delle mie parole.
Ben chiuso nel nido, a guarire qualche destino malato, a téssere per qualche dio minore che non smette di cercarmi la tela che poi sarà sciolta con un sorriso alla mia morte.
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Oggi gli artifici
Appena ti arriveranno queste righe, non rispondermi. Chi ti ha scritto è già un altro uomo. Qui tutto si trasforma.
Mi hanno capovolto il foglio, fatico a trascrivere.
Sì, sono stati accesi dei fuochi, ma da distanze illimitate.
Avrò finalmente il sonno come terra d’arrivo?
Oggi, come vanghe in un campo di sassi, gli artifici non servono più.
Fino a quando fisserò il sole antico? Fino a quando sarò antico?
Gli dèi, fermi con le frecce che non scaglieranno.
Il buio non vorrebbe nemici che sognano.
L’eternità: una voce.
Pazzo di pittura e scrittura, nomina tocca segna respira.
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I leoni di Nimurad
Dare spazio al segreto della poesia, dipanare in parole numerose e diverse quanto non sarebbe dicibile: esercizio taoista della parola che scava se stessa come una termite il legno. Il legno, alla fine, appare intatto – anche se in realtà è vuoto.
Ogni arte frammenta il cerchio del delirio che la nutre. Spezza un incantesimo solitario e perfetto per esprimere la sua imperfetta magia.
Turbine da evocare nel cristallo dell’arte, godendo l’inafferrabilità dei rispecchiamenti.
Un ciclone, dentro una stanza. Ma la stanza non preesiste al ciclone.
La scrittura non origina dalla materia della parola ma dai racconti che il fluttuare della parola evoca.
Il segreto, o resta tale o sale alle labbra per essere detto: ma, in quest’ultimo caso, la voce lo trattiene e assistiamo all’apparizione della scrittura.
Vedere i leoni di Nimurad. Non vedere i leoni di Nimurad. Se vedo i leoni, mi manca la magia della loro assenza. Se non vedo i leoni, perdo l’energia della loro presenza.
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Un vasto segreto
L’aria è un segreto vasto, che bisogna sentire a occhi chiusi.
Perde gli occhiali, cadono nel pozzo, comincia a vedere.
Pietre. Pietre, come segreti. Vento, come messaggero
Conserva la sua opera chi sprofonda nel buio con una fiamma.
Ogni scrittura contiene il suo grido.
Coprire il mondo di parole. Tacere.
La bellezza è un sasso acuto. Inciampo, mi fermo.
Sento grida, strida. Ma quali voli? Quali torture?
Nessuno mi aveva invitato. Allora entro, sicuro. Parlano di luce, ma le sono estranei.
Vorrei tuffarmi. L’acqua mi tradirà, ma non so come.
Niente, niente. È un osso, la luce. Come intuivi.
Ogni cosa che nasce brucerà per cose future.
Ho desiderato sempre essere dove i venti arrivano. Ma, quando arriveranno, io mi nasconderò.
Lasciate che resti misteriosa. La gioia? L’angoscia?