Intervista a Anna Maria Farabbi e una poesia

Intervista a Anna Maria Farabbi e una poesia.

    

    

Per questo numero di Versante Ripido abbiamo proposto ad alcuni autori quattro domande uguali per tutti sul tema della casa, domande uguali per un confronto tra le differenti risposte, il differente modo di ognuno di loro di vivere umanamente e artisticamente l’unità basica dell’insediamento umano.

Qui vi proponiamo le risposte di Anna Maria Farabbi e una sua poesia sul tema.

*

che tipo di rapporto esiste tra i tuoi versi e la tua casa?

La mia poesia nasce e abita le profondità e le radici della mia casa. Della mia casa interiore. Per me non esiste altra casa che non quella interiore. I poeti come me sono nomadi.

       

ci racconti delle scatole segrete che custodiscono ricordi?

Potrebbe essere la domanda che cade dalla bocca di un bambino venuto qui da me, ora, sul bordo della mia scrivania. Gli sorriderei e, mano nella mano, lo accompagnerei all’orto dicendogli: lascia stare ciò che è segreto. E’ come i semi, come le radici da cui vedi spuntare questo fiorire, questi legni, questi verdi. Sentine solo l’odore e la vita che suscita.
Ciò che è segreto si incontra corpo a corpo individualmente, con lentezza, quasi sempre senza parola. Non si racconta. Altrimenti non custodisce più, non fruttifica più.

    

qual è il vento che spira tra i mobili ? della gioia, del rimpianto, del dolore?

Energie volatili dentro cui pollini e virus.

     

dicci del passaggio del tempo tra le cose e di come gli occhi le abbiano viste mutare.

Prima sono andata a lavorare dai ciechi per smettere di pensare agli occhi e alle superficiali mutazioni, poi ho creato un baricentro nel corpo per concentrarmi nel sentire, infine ho dissolto la cultura che interpreta il tempo come una lineare narrativa. Ho accolto in me l’impermanenza. Tutto questo è già nella natura del canto. Del nomadismo di me e del canto.

*

Dicano quello che vogliono.
La mia selvatichezza odora.
Io non ho invidia perché ho tutto:
Creato e creature. Il fare
per la grandezza del giorno.

Ho un recinto. Una porta. Il mio corpo
è casa.

    

Poesia tratta da “la magnifica bestia”, Alphabeta, 2007  

                 

Martina Dalla Stella, 'In sospeso', olio su tavola, 2011
Martina Dalla Stella, ‘In sospeso’, olio su tavola, 2011

3 thoughts on “Intervista a Anna Maria Farabbi e una poesia”

  1. Le parole di Anna Maria Farabbi sono ricche di spunti per ulteriori riflessioni sulla poesia come esperienza pura e fondamento dell’esistenza. Apre ad una visione originale e rigorosa della testualita’, con sobrieta’ ed efficacia. La sua ricerca creativa personale rivela pertanto una sicurezza ed una purezza di dettato che invogliano a proseguire la lettura con passione e bellezza.

  2. “La mia selvatichezza odora.”.
    Chi dissolve (parafrasandola) la cultura – come fa Anna Maria Farabbi – sfugge alla linearità narrativa dell’esistenza per accogliere la reale misura del mondo:
    una strada che si percorre da nomadi, e non è mai a senso unico.
    Concordo con Marzia Alunni: questo dettato invoglia davvero ad appassionarsi alla poesia. E ce n’è tanto bisogno.

    Sandro Angelucci

  3. Si tratta di un nomadismo che, pur incentrato sul corpo individuale, riesce a far perno su una interiorità ‘fossile’, (per nominare come Farabbi nomina nelle sue poesie), che apre non solo ad una responsabilità corale, di specie -che viene quindi da un lungo tragitto percorso -, ma anche ad una responsabilità attuale verso chi, adesso, abita il mondo. Nomadismo, quindi, dell”io’ verso un ‘noi’ tutto da conquistare, difficile da conquistare, soprattutto se la tensione è per le ‘creature’ ultime, senza voce, reiette, separate, cancellate. Come i ciechi, sì. Ma anche gli ergastolani. E i matti ni (come nomina Farabbi), e i sordi e le anoressiche, e. Molto è detto in Abse, uno dei più intensi libri d’amore (per me, te, e gli ultimi) e, quindi, politico, che io abbia letto negli ultimi anni. E molto sarà in Dentro la O, di prossimissima uscita. Milena

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