Intervista a Flora Botta a cura di Paolo Polvani e sei poesie.
Flora Botta nasce in Sardegna. Dopo aver conseguito la laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Cagliari, si trasferisce a Parigi nel 2006. Nello stesso anno, comincia la sua collaborazione come redattrice per il sito whipart.it e più tardi per altritaliani.net, scrivendo articoli in lingua francese e italiana. Dal 2009, frequenta i laboratori di teatro corporeo tenuti da Gilles Coullet e si specializza in italianistica presso le Università Paris X, con una tesi sul rapporto tra scrittura del corpo a teatro in Artaud e Pasolini, la Sorbonne-Nouvelle e la Sorbona. Nel 2012 partecipa alla quarta edizione del festival Scrusci, ad Alcamo in Sicilia. Durante le edizioni parigine e quella berlinese del collettivo tropiquenoir.com, interpreta i suoi testi con performance e reading poetici. Dal 2015 al 2016 compie un viaggio in Sudamerica e scrive il blog Tierra de Argento. Nel novembre del 2017 pubblica la sua prima raccolta poetica bilingue La nuit est le mensonge per le Edizioni Le Noeud des Miroirs. Le sue poesie e le sue prose sono apparse su riviste on line e cartacee quali: Le Capital des mots, Festival Permanent des Mots (FPM), Revue 17secondes, Versante Ripido, Poésie/Première, Revue Cabaret, tropiquenoir.com.
Ha partecipato alla terza edizione de La Nuit Blanche al 59 rue de Rivoli di Parigi e nel 2018 alla ventesima edizione del Printemps des poètes all’Espace Andrée Chedid a Issy-Les-Moulineaux.
Abbiamo rivolto a Flora alcune domande e le abbiamo chiesto una selezione di testi, che trovate di seguito, in versione bilingue italiano e francese.
Com’è nato il tuo libro La nuit est le mensonge?
Più che un libro è una raccolta, costituita da una selezione di poesie molto brevi e da alcune prose poetiche, che condensano momenti e sentimenti essenziali della mia vita. Si tratta, per lo più, di testi scritti in seguito ad esperienze capitali come separazioni, incontri, perdite importanti etc.. Alcuni di essi invece sono legati a situazioni più concrete, come la creazione di uno spettacolo di lettura poetica in occasione dell’uscita del numero 16 della rivista di letteratura latinoamericana Alba, al teatro «Aleph» d’Ivry-sur-Seine, o di reading nel celebre squat parigino «59 Rivoli».
Ho cercato poi di ordinarli secondo tematiche comuni e in base alla tipologia scrittoria, in un crescendo semantico ed emotivo che vuole testimoniare un cambiamento, un passaggio, una metamorfosi.
E’ nato in francese o in italiano? qual’è la tua lingua della poesia?
Ènato in francese, lingua che non considero «straniera», ma piuttosto «seconda» o d’«adozione». Ed è proprio la sua natura di lingua «altra» che dopo tanti anni di residenza in Francia mi ha portato a sceglierla come lingua della poesia. L’accesso alle cose, al mondo e ai sentimenti diventa più immediato e essenziale; la conoscenza di sé in un altrove lontano da quello delle origini si fa più chiara e naturale. E dunque dire, raccontare, immaginare questo sé in rapporto alla realtà esterna tramite una lingua che non è quella materna permette da un lato di distanziarsene criticamente, dall’altro di farne totalmente parte ed esserne pienamente immersi. Si tratta di due aspetti, la distanziazione e l’immersione, che non sono mai realmente riuscita a conciliare nel mio universo poetico in italiano. Ma, non posso neanche affermare che la lingua della mia poesia sia solo ed esclusivamente il francese poiché le prime poesie le ho scritte in italiano, cosìcome molti altri testi nati in Francia. Tra l’altro, il testo a fronte in italiano è espressione della mia volontà di ritornare in quel mondo, di farlo convivere parallelamente a quello «nuovo». «Edizione bilingue» dunque non significa che ho tradotto le poesie dal francese all’italiano, ma in un certo senso le ho «riscritte». Èquesto attraversarsi oltre le frontiere geografiche e linguistiche che rende possibile il dialogo con le proprie origini, e dunque anche con la propria madrelingua.
Ad ogni modo, scrivere poesia in francese mi permette di mantenere un rapporto costante con la realtà nella quale vivo e opero da più di dieci anni.
Che differenze riscontri tra l’ambiente poetico francese e quello italiano?
Èdifficile rispondere a questa domanda, poiché non ho mai realmente avuto modo di conoscere o di frequentare l’ambiente poetico francese e ancor meno quello italiano. Posso dire peròche in Francia, ad esempio, grazie ad un numero significativo di riviste on line e cartacee, la pubblicazione è diventata abbastanza accessibile, e si puòfacilmente entrare in contatto con gli editori tramite Internet oppure in occasione di letture, fiere del libro, o altre manifestazioni poetiche. Ed è in particolare questo aspetto ad affasciarmi: la poesia che si fa leggere, dire, recitare, quella che permette l’incontro reale dei corpi e delle persone aldilà della pagina, prima o dopo la pagina, che si esprime tramite il linguaggio corporeo e le variazioni vocali. La poesia dell’esperienza, dell’azione. Con questa intenzione infatti nel 2011, in un appartamento parigino, nasce «Tropique Noir», che prosegue da qualche anno la sua attività creativa, su iniziativa di Emanuele Poeta e di Sébastien Léreverend, in Italia, a Magliano Sabina (cfr. https://tropiquenoir.com/). Èstato quello l’ambiente poetico, non solo parigino, ma internazionale, nel quale mi sono realmente sentita a mio agio, nel quale ho potuto esprimere totalmente le mie «appartenenze» poetico-linguistiche (francese, italiano, inglese), generazionali, corporee, esistenziali.
Parigi, poi, è una città in cui la poesia è onnipresente e parte integrante di ogni cittadino. Da anni ad esempio, nei vagoni della metro vengono affissi versi di poeti francesi noti, ma anche quelli di persone comuni selezionati in occasione del concorso annuale di poesia della RATP (ente autonomo dei trasporti parigini). Si possono leggere versi sui muri : la poesia L’arbre des ruesdi Yves Bonnefoy, accanto all’affresco di Pierre Alechinsky, rue Descartes (5° arrondissement), le Bateau Ivredi Arthur Rimbaud, rue Férou (6° arrondissement), ritrovare luoghi mitici come il Beat Hôtel, nel quartiere latino, la libreria Shakespeare and Co., l’appartamento in cui Joyce concluse l’Ulisse. I libri di poesia sono accessibilissimi, sia quelli nuovi che quelli usati, quelli in francese, in lingua straniera, in traduzione, e con testo a fronte; le manifestazioni poetiche numerose (Nuit de la lecture, Printemps des poètes, Marché de la Poésie), cosìcome gli spazi dedicati alla poesia e alle letture. Parigi è una città molto stimolante da un punto di vista poetico e culturale, e permette un contatto facile con la poesia, con i poeti e con la storia stessa della poesia. Èquesto l’ambiente di cui sono testimone, un ambiente a cui tutti possono accedere e partecipare.
In Italia tra poco inizieranno i festeggiamenti per i duecento anni de L’infinito, di Leopardi; esiste anche in Francia una poesia che rappresenta una specie di emblema, una bandiera, un inno nazionale in cui tutti si riconoscono?
In realtà, non mi pare esista “una” poesia emblema dei francesi. Esistono piuttosto diversi poeti, le cui poesie sono poi quelle che fanno parte dei programmi scolastici, che vengono imparate a memoria e talvolta proposte in occasione degli esami di maturità, le quali contribuiscono in questo modo a consolidare quel sentimento di appartenenza alla Francia e ai francesi. Mi vengono in mente Mignonne allons voir si la rose di Ronsard, le Fables di La Fontaine, Demain, dès l’aube di Hugo, L’albatros di Baudelaire, Le dormeur du Val di Rimbaud, Chanson d’automne di Verlaine, Il n’y a pas d’amour heureux d’Aragon e la raccolta Paroles di Prévert. Tra l’altro, L’albatros e Chanson d’automne le studiai proprio nel programma di francese al liceo e tanto le immagini poetiche quanto alcuni versi sono rimasti impressi nella mia mente da allora.
Penso sia importante citare cantanti come Léo Ferré, i quali hanno contribuito alla diffusione delle poesie di Aragon, Baudelaire, Apollinaire o ancora Georges Brassens che ha reso celebre les Passantes del poeta Antoine Pol, tradotta poi in italiano e ripresa da Fabrizio de André. Per quanto riguarda le nuove generazioni di cantanti, Arthur H. con la bellissima Prendre corps del poeta di origine rumena Gherasim Luca, o ancora Babx che ha fatto rinascere alcune bellissime poesie francesi con la sua voce. Basta ascoltare il suo straordinario album Cristal Automatique per ritrovarsi nell’universo di Artaud, Genet, Baudelaire.
Alle spalle hai esperienze di grandi viaggi, vuoi raccontarci qualcosa?
I viaggi sono per me un po’ come la poesia e la letteratura: un mezzo per conoscermi attraverso quel processo di straniamento e distanziazione e a volte mi riportano a quella purezza dello sguardo infantile di quando osservavo le cose per la prima volta. Ma sono anche lo spazio e il tempo dello sradicamento volontario, della perdita di sé in cui è necessario trovare nuove risorse e nuove risposte alla propria esistenza. Un modo per mettersi alla prova e sottrarsi ad un percorso esistenziale dettato da schemi sociali e quotidiani. Ho cominciato a viaggiare in Europa, in particolare nelle grandi capitali europee, principalmente in aereo, ma anche in macchina da Parigi a Oslo e in treno nell’Europa dell’Est, passando per Praga, Budapest fino a Belgrado. Ma sempre per periodi relativamente brevi o con progetti ben definiti. Poi, due anni fa la grande svolta: cinque mesi oltreoceano per giungere nel nuovo continente. Un biglietto andata-ritorno Buenos Aires-Parigi, uno zaino in spalla, il mio compagno al mio fianco e la scrittura. Il resto, lo abbiamo deciso nel corso del viaggio e soprattutto in funzione degli incontri, delle nostre possibilità economiche ma anche del piacere di attraversare luoghi incantevoli come il Salar de Uyuni e il Sud Lipez in Bolivia o la Quebrada de Humahuaca nell’Argentina nord-occidentale. Chilometri e chilometri di terre sudamericane, in autobus, in autostop e in macchina: Argentina, Brasile, Paraguay, Bolivia, Perù e Cile. Un modo diverso per fare esperire sé stessi, scoprendosi nell’altro e scriversi mentre si avanza verso l’ignoto. Ècosìche è nato Tierra de Argento (https://voyage841.wordpress.com/), il nostro blog di viaggio corredato dalle foto del mio compagno, che un giorno mi piacerebbe pubblicare.
Ammiro molto scrittori-viaggiatori come Paolo Rumiz o Sylvain Tesson e forti sono state le influenze che romanzi come On the road di Kerouac o Fiesta (The Sun also rises) di Heminguay hanno esercitato nella mia visione della vita e della scrittura. Attualmente sto leggendo The roaddi Jack London, romanzo autobiografico dei suoi vagabondaggi in un’America in pieno sviluppo industriale e imperiale. Un ritorno alle origini dunque di quel percorso artistico ed esistenziale che ispirerà numerosi scrittori di viaggio delle generazioni successive.
Chi è e di cosa si occupa nella vita Flora Botta?
Chi sono? «Non so chi sono/ inventarmi […] non so che sono?/ -inventarmi», giusto per citare alcuni versi della raccolta che esprimono il mio desiderio di rinnovarmi e di superarmi, ritornando costantemente alle mie origini, quelle sarde, della terra nella quale sono nata e cresciuta e dove vive tutt’ora la mia famiglia. Èquell’isola col suo mare a caratterizzare fortemente la mia scrittura e il mio immaginario poetico, ad aver fatto nascere in me la voglia di attraversare quell’azzurro sconfinato e di quei campi di grano bruciati dal sole. Cosìdopo una laurea in Lingue e Letterature straniere all’Università di Cagliari, mi sono trasferita a Parigi nel 2006 grazie ad una borsa di studio. Da allora, Parigi è diventata la mia residenza principale. Ho insegnato l’italiano nei licei francesi per alcuni anni ma trattandosi di un lavoro precario ho poi deciso di prendermi un anno sabatico e di partire in viaggio in Sudamerica. Al mio rientro mi sono iscritta all’Università della Sorbona per preparare il concorso pubblico per l’insegnamento dell’italiano, che quest’anno sono riuscita a vincere. Mi occupo anche di traduzioni dal francese all’italiano e presto cominceròun nuovo lavoro: quello di mamma! Sarà senz’altro un’esperienza densa e affascinante, un altro modo per esplorare la mia femminilità e continuare la mia ricerca poetica attraverso nuove forme di esperienza di sé.
***
I.
Le cœur renversé
s’accroche
glissant
est miroir
fendu.
Multiplie
nos désirs
à l’infini.
Multiplie
nos désirs
à l’infini.
Multiplie
nos désirs
à l’infini.
Multiplie
nos désirs
à l’infini.
Multiplie
nos désirs
à l’infini.
Capovolto il cuore
s’incaglia
scivolando
è specchio
in frammenti.
Riflette i
nostri desideri
all’infinito.
Riflette i
nostri desideri
all’infinito.
Riflette i
nostri desideri
all’infinito.
Riflette i
nostri desideri
all’infinito.
Riflette i
nostri desideri
all’infinito.
II.
Le cœur frisé,
épars :
une lourde plaie
au ventre.
Bouillonnement
qui s’encre
à la seconde.
Bouillonnement
qui s’encre
à la seconde.
Bouillonnement
qui s’encre
à la seconde.
Bouillonnement
qui s’encre
à la seconde.
Il cuore increspato,
sparso:
una grave
piaga
al ventre.
Fermento
che s’inchiostra
al secondo.
Fermento
che s’inchiostra
al secondo.
Fermento
che s’inchiostra
al secondo.
Fermento
che s’inchiostra
al secondo.
III.
D’un coup sec
au cou du silence
extraire
la vie,
comme un enfant.
D’un coup sec
au cou du silence
extraire
la vie,
comme un enfant.
D’un colpo secco
sulla nuca del silenzio
estrarre
la vita,
come fosse un bambino.
D’un colpo secco
sulla nuca del silenzio
estrarre
la vita,
come fosse un bambino.
IV.
S’enchanter
au regard
du vol
d’un oiseau,
et mes yeux
se font
ses ailes.
M’incanto
nel guardare
il volo
di un uccello,
e i miei occhi
diventano
le sue ali.
V.
Saurais-tu porter les paupières closes de tes mains
regarder ta peau à travers prendre d’images défilant sans
contours ou seulement lutter ?
La volonté n’est qu’habit du vrai faussaire oblique
qui incinère la flamme. Fracturée je réverbère avant
de m’étendre je couche la fêlure de mes adieux pour
repartir cascade vers la nuit ………………………………… […]
Sapresti tener chiuse le palpebre delle tue mani
guardare attraverso la pelle stringere immagini che
scorrono senza contorni o soltanto lottare?
La volontà non è che abito del vero falsario obliquo
che incenerisce la fiamma. Fratturata riverbero prima di
spegnermi distendo la crepa dei miei addii
per ripartire cascata verso la notte ……………………….. […]
VI.
[…] Je voulais comme un éclat de lumière
me faire absorber par le blanc lunaire
de ta peau. Je cherchais
le rouge primaire
Encore encore une fois
en toi
la volupté de ta danse dans ton corps
l’eau outremer
où fusent les bateaux.
[…] Volevo come un’esplosione di luce
farmi assorbire dal bianco lunare della tua pelle
cercavo il rosso primario
ancora una volta
in te
l’acqua d’oltremare
dove scorrono le navi.
*