Intervista a Gabriella Musetti

Intervista a Gabriella Musetti, a cura di Rossella Tempesta.

    

    

Gabriella Musetti, come ho accennato nella mia prefazione al tuo lavoro di poesia La manutenzione dei sentimenti, Samuele ed., tu sei approdata alla scrittura in versi dopo una vita intera spesa ad insegnare a svariate generazioni di allievi e di studenti la scrittura e ovviamente la letteratura. In quale cassetto dell’anima era nascosto questo libro di poesia?

Questo libro è stato scritto in più riprese, mi ha accompagnato per diversi anni, anche quando scrivevo altri testi. Nasce da una storia personale difficile da sopportare, come è sempre la convivenza con la malattia, e forse ha avuto anche un intento liberatorio, un tentativo di affrontare tempi duri senza soccombere alla disperazione, senza sentire tutta l’impotenza che ci perseguita.

    

Allora il moto del cuore è stato il motore della penna, ma la storia personale si può fare paradigma, narrazione esemplare?

In effetti non ho voluto scrivere solo una storia privata. C’è anche una intenzione più generale. Chi come me ha fatto un percorso di pensiero femminista ora si trova ad affrontare alcune tappe della vita che sono molto complesse, scardinano le certezze. Come si possono affrontare? Quali risorse mettere in campo, se c’è stato un guadagno – come credo – nel percorso di vita svolto? Questo è stato un punto importante nella scrittura, su cui ho molto riflettuto. E ho visto che nella tua bella introduzione hai colto molto bene questi passaggi. Vorrei chiarire subito una cosa: non era mia intenzione indicare strade da seguire, esempi o altro; è stato importante per me cercare di rispondere a queste domande. E non so se ci sono riuscita. Sappiamo bene come è difficile per tutti orientarsi nelle esperienze personali, come la soglia di equilibrio che viviamo sia così precaria.

     

Guardando alla forma, parte integrante, anzi espressione della sostanza, la tua scrittura appare nitida e misurata, una lingua scevra da iperbole e poco incline al dire ermetico e intellettualoide che connota molta poesia contemporanea. Una scelta portata avanti col lavoro sui testi, la tua poesia “comprensibile”? Un lavoro di manutenzione?

Il linguaggio è importante. Io penso che la poesia sia insieme passione e pensiero, un aspetto non si può districare dall’altro. Non basta il talento, anche dove c’è. Il discorso è molto ampio, oggi ci sono diversi punti di vista, anche in opposizione tra loro. Credo che sia importante la voce ma anche il testo scritto, la lettura, la ricerca di modalità nuove.
Poi c’è l’aspetto che riguarda, diciamo così, il mondo. Credo che la poesia non si debba chiudere in una prospettiva soggettiva, autoreferenziale. E’ questo strano movimento, minuscolo, potente, che congiunge l’intimo e l’esterno, la vita concreta, materiale e sociale in cui tutti siamo collocati, senza avere scelto nulla. Ciò che ci capita. Quello che vediamo intorno a noi, vicino o lontano, generalmente non ci piace. Sono convinta che il vecchio tema della cura, della manutenzione appunto, da fare con l’azione concreta, con le mani, di cui le donne sono esperte da secoli e che molte soffrono come un destino imposto, possa tornare sotto una veste diversa, direi etica, di apertura verso l’altro, gli altri. Prendersi cura di questo mondo in rovina, come si può, dove si è. Senza eroismi inutili, senza cedere agli abbattimenti che sprofondano.

      

Ma la Poesia rischia di restare “solo” movimento minuscolo, seppur potente; tu invece sei sempre stata una donna d’azione su larga scala, dall’insegnamento ai viaggi, dalla cura di una storica casa editrice alla direzione di una bellissima rivista quale L’Almanacco del Ramo d’Oro, dalla tua energia d’azione prende vita la neo nata, una nuova casa editrice, addirittura, coi tempi che corrono?!

Il progetto di casa editrice ha avuto inizio un anno fa: abbiamo fondato Vita Activa, da Hannah Arendt, proprio per ricordare il valore dell’azione concreta, anche minima, ma capace di operare spostamenti. Sappiamo che l’editoria in Italia oggi soffre di molti mali, non ultimo la concentrazione di poteri e risorse, l’occupazione di tutti gli spazi. Vediamo i libri vivere brevi stagioni, moltiplicarsi volumi inutili ed effimeri, vuoti, legati a personaggi televisivi o “inventati” dalla pubblicità. Abbiamo fatto una scelta temeraria con diverse amiche della Casa Internazionale delle Donne di Trieste: fondare una casa editrice indipendente, che non chiede contributi per pubblicare, che ambisce operare sul valore dei testi di autrici e autori, curando l’aspetto esteriore e quello del prodotto, con l’idea di allargare la nostra azione a livello nazionale.
Recuperare la memoria di molte scritture dimenticate, cancellate, e fare lavoro di ricognizione sul presente per scovare testi di qualità.

     

Da diversi anni la tua “azione concreta” si manifesta pure in uno dei più preziosi e accurati festival di poesia italiani “Residenze Estive”, nella Trieste ormai un poco anche tua, raccontaci…

La manifestazione che ha quindici anni di vita, si svolge precisamente a Duino, al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico, dove ho insegnato per diversi anni. Si chiama Residenze Estive per dare una idea di residenzialità anche breve, dello stare insieme, non come molte manifestazioni in cui l’autore fa la sua lettura e poi va via. Dura cinque giorni, a fine giugno, e crea occasioni si scambio tra autori di varie provenienze, e con il pubblico. Poi c’è l’incontro e l’ascolto dal vivo delle voci dei poeti e delle poete di oggi. Il senso cercato è il lavorare sulle contaminazioni tra arti e discipline diverse: una residenza di scrittura, lettura pubblica, presentazioni di libri, performances, proposte di work in progress. Una manifestazione che si svolge lontano dai riflettori dei media perché cerca soprattutto il dialogo tra i partecipanti, una dimensione di relazione che è assai apprezzata da chi ha partecipato, molti ritornano più volte. Ci sono stati diversi autori nazionali e internazionali, da Sanguineti, a Pecora, a De Angelis, a Frabotta, ad Anedda, a Tomaž Šalamun, Maarja Kangro, Nguyen Chi Trung, e molti altri. La collaborazione con la Società Italiana delle Letterate, di cui faccio parte, assicura anche una attenzione critica, un approccio ai testi che diventano luogo di ricognizione e confronto.

     

“Luogo di ricognizione e confronto” mi pare sia una definizione che ben si attagli ad un’altra tua “azione concreta” cioè l’aver riportato in vita la rivista Almanacco del Ramo d’Oro che era scomparsa dopo la chiusura della casa editrice Il Ramo D’oro, della quale tu stessa eri stata a lungo curatrice. E’ importante questa scelta, ancora una volta in controtendenza?

E’ una scelta certamente utile perché offre uno spazio al dibattito sul contemporaneo e la rinascita della rivista Almanacco del Ramo d’Oro, semestrale di poesia e cultura, che, faticosamente ma con tenacia, stiamo riportando in attività, pur mancando la casa editrice, con la Redazione delle precedenti edizioni, allargata a nuovi elementi significativi come Alberto Pellegatta, Amos Mattio, Luca Minola, Enzo Della Mea, ha proprio questo scopo. E mi preme qui ringraziare i “vecchi” redattori, da Mary Barbara Tolusso, direttrice responsabile, a Roberto Dedenaro, Marko Kravos, Marina Giovannelli, Claudio Grisancich, Jolka Milic, che hanno creduto nel progetto di rinnovamento e di recupero di una rivista importante.

                         

Zazie nel metrò, Louis Malle, 1960
Zazie nel metrò, Louis Malle, 1960

One thought on “Intervista a Gabriella Musetti”

  1. Dell’intervista mi piace evidenziare un punto che ho particolarmente apprezzato: la concordia tra intervistatrice e poeta sull’uso di una scrittura “nitida e misurata” in contrasto con quella assai “incline all’uso di iperbole e al dire ermetico e autoreferenziale” di gran parte della poesia contemporanea, lingua che sembra specificamente indirizzato agli addetti ai lavori: autori e critici. Quasi che contenuti problematici si possano solo dire con/in forma “alta” e questa corrisponda solo a un linguaggio “difficile”.

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