Intervista a Gio Ferri a cura di R. Pierno con selezione di poesie inedite

Intervista a Gio Ferri a cura di Rosa Pierno con una selezione di poesie inedite.

    

    

gio-ferriGio Ferri è nato a Verona nel 1936. Giornalista, grafico, poeta, poeta visivo, critico d’arte e di letteratura. Nel 1983 fonda la rivista semestrale TESTUALE critica della poesia contemporanea con Gliberto Finzi e Giuliano Gramigna: oggi dirige il periodico con il critico e architetto Rosa Pierno.
Poesia: oltre 30 raccolte e in particolare “Inventa lengua” (Marsilio) finalista con Andrea Zanzotto al Premio Ferronia. “Le Palais de Tokio” edizione e premio del Grande Dizionario Battaglia della Lingua Italiana (Utet, Università di Torino). Prime 4 Cantiche del poema interminabile “L’Assassinio del poeta” (Anterem Ed.).
Narrazione e Teatro: “Albi” (Anterem ed.), “Macbeth, ricreazione”, “Il Dialogo dei Principi” per la musica di Franco Ballabeni. Ecc. ecc.
Saggistica: tra gli innumerevoli saggi, presentazioni, prefazioni in particolare “La ragione poetica.Scrittura e nuove scienze” (Mursia). “Forme barocche nella poesia contemporanea” (Ed.L’assedio della poesia).

     

    

La tua attività poetica non è mai stata disgiunta da un’altrettanto intensa attività critica. Vi è una relazione? O le vedi come due attività autonome?

Mia convinzione è che il poeta debba innanzitutto esercitare la critica. Il critico può essere un poeta, ma un poeta deve essere un critico, e anche storico.

    

Hai fondato e dirigi la rivista  Testuale Critica. Vi è una differenza essenziale negli obiettivi della rivista nata quarant’anni fa e quelli odierni?

La mission di TESTUALE non è mai cambiata, in quanto verte essenzialmente (se non esclusivamente) sulla analisi testuale, pluridiscipliare, del testo poetico (sempre contemporaneo, talvolta storicizzato).

         

Pensi che ci siano inevitabili differenze esistenti nella ricezione della poesia, fra ieri e oggi? O certa poesia di ricerca è sempre stata di nicchia?

Purtroppo la poesia (come per esempio la filosofia, la linguistica, la semiotica, ecc) non può esprimersi come prodotto di consumo. Anche oggi come sempre c’è un lettore ‘dilettante’, nel senso stretto che si diletta, si diverte, si commuove (?) superficialmente, e c’è un lettore (ancora, sempre raro purtroppo) che affronta la scrittura come essenzialità ‘vitale’.
In quanto la poesia come verità di parola e di scrittura è sempre di ricerca.

     

Ritieni che oggi esistano linee di ricerca innovative o siamo in una sorta di riflusso/ripiegamento in cui il panorama offre un ventaglio di soluzioni che hanno l’intento di recuperare forme che erano state superate troppo velocemente?

Il ‘vero’ poeta è per sua natura un innovatore. Non può essere altro. Certamente può produrre egregiamente anche (o sempre) guardando indietro.

     

Quella che potremmo definire la tua enciclopedia poetica “L’assassinio del poeta”, che recupera modi e forme dalla tradizione, trovo sia una delle direzioni di ricerca che configurano la contemporaneità lanciata verso il futuro. Che ne pensi?

Sì, “L’assassinio del poeta”, presunto poema interminabile, si sviluppa sia nell’ambito delle ‘conoscenze’ storico-virtuali, che sempre denotano la poesia di tutti i tempi, compresa (a maggior ragione) quella cosiddetta sperimentale.

    

Quali ritieni siano i momenti che hanno costituito un punto di svolta, segnato un obiettivo nella tua copiosissima produzione poetica e perché?

Per quanto mi riguarda il punto di svolta si situa dopo le esperienze (im)poetiche – anni ’70-80 – delle ideologie ancorché vissute alla ricerca di una verità tradita.
Oggi, dopo il 2000, riassumerei così la mia posizione critico- poetica:

Dalla fine degli anni Ottanta al 2000. Dall’introversione della parola alla sua autoanalisi biologica il passo è breve (anche se ancora in atto e assai faticoso). La scrittura poetica tenta la via della conoscenza sensitiva della propria autonoma natura. Guarda solo di sottecchi l’orizzonte della Storia e si contrappone al suo violento finalismo utilitaristico. Vuole penetrare in profondità il piacere dell’inutile come riscatto dei valori fondativi della forma. Ma c’è sempre un nemico: il discorso demagogico e millantatore (ancorché sentimentale e neo-mitico e pseudo-poetico). Quindi il segno si propone ancora, per diversa via, entro lo spazio, questa volta aperto e plurivalente, di una nuova (im)possibile ideologia della corporeità nella vicenda biologica e cosmologica dell’essere nel dire. Di qui anche il tentativo del superamento delle scienze del linguaggio (superamento e, ovviamente, non cancellazione) alla ricerca di nuovi strumenti interdisciplinari che diano conto della cosa poesia (come parola che si va facendo- cfr.Kristeva). Cosa intesa dalla nuova fisica come fonte di energia, e dalla biologia come riproducibilità creativa inarrestabile (il poema interminabile, nell’accezione di Giuliano Gramigna).

    

I progetti per l’avvenire sembrano a tutti basarsi sulla resistenza. Ci vogliono forza e determinazione e, fondamentalmente, anche un certo distacco dal presente. In fondo viviamo tutti in un tempo senza connotazione. Che ne pensi?

Sono d’accordo sulla necessità di resistere, e ciò non solamente riferendoci alla ventura poetica, o artistica in generale.

***

     

Poesie inedite di Gio Ferri.

     

“Intorno al problema di una corretta ventilazione secondo Marcel Duchamp, e altri”.

     

1. Le ragioni del cielo

“Si può guardar vedere. Non si può sentir sentire”
(M.Duchamp)

una equivalente ventilazione
pur equidistante per sensazione
pur si può guarda vedere
audente ascolto al sapere

    

2. Il disordine del cielo

“La macchina del mondo che noi veggiamo coll’ampio cielo
di chiare stelle tanto splendido… dir si po che una nobile e
gran pittura sia”
(B.Castiglione)

ma se l’aria ora mulinella e mente
e le stelle sono di luce ardente
varrà d’essa gran iattura et usura
ventilazione in sì aurea pittura

    

3. La prigione del cielo

Uno dunque è il cielo, il spacio immenso, il seno, il
continente universale, l’eterea ragione per la quale il tutto
discorre e si muove”
(G.Bruno)

e l’uno è il tutto dunque
quantunque il nulla ovunque

per quale esplosa e lucente ragione
vèntila perpetua questa prigione?

    

4. L’invisibile iddio del cielo

“Cielo non altro, cielo alto e profondo / cielo deserto”
(G.Pascoli)

alto e non altro rotore profondo
arrotonda controvento sul mondo
cielo deserto d’utile incerto
al nulla iddio incorona il serto

      

5. La materia invade il vuoto del cielo

“Quel cielo era d’avvero troppo bianco e troppo deserto per
non essere un cielo serpeggiato d’invisibili dèmoni”
(E.Cecchi)

allor quel vòto s’addensa di démoni
serpeggia polimorfica materia
condensano in-leggibili scritture
vive eppur di ventilazione oscure

     

6. La materia piove dal cielo

“En quello cielo empiro / sì alto è quel che trova, / che non ne
po dar prova / né con lengua narrare”
(Iacopone)

sol ventilazione n’è prova
al sol che par che giova
eppure nullo si trova
di tutto si dà purché piova

     

7. L’incomprensibile moto dei cieli

“Natura madre di tutte le cose et operatrice con il continuo
girar dei cieli”
(G.Boccaccio)

quel vorticoso girar dei cieli
il ventoso ondular dei veli
velo fa di realtà della cosa
sicché verità al niente si posa

      

8. L’io si sperde nei cieli

“Io me ne vivo tuttavia peregrino in qua e in là… lasciando a
guisa d’un cielo rotante rapire la debolezza del mio corso
dalla violenza del primo mobile”
(G.B.Marino)

la smossa ventilazione
m’ossessiona di qua in là
e la violenza del dio
lasciami assenza del mio

     

9. Il tangibile cielo della stanza

“Rise e piantò nel cielo / della sua stanza due pupille fisse”
(G.Pascoli)

apri al cielo l’uscio della stanza
lascia all’aria la sua possanza
e ventilato in poco spazio
il nulla s’attiene e non dà strazio

     

10. La fiamma della ragione illumina i cieli

solinga nell’altissimo dei cieli, / inaccesa agli Dei, splende
una fiamma “
(U.Foscolo)

or s’infiamma nella ragione
con corretta ventilazione
la voglia robusta dei cieli tersi
contra dismisura dei moti avversi

    

11. Il cielo spazio dei piaceri della mente

“Caelum dictum scribii Aelius quod est caelatum”
(Varrone)

allor qui si sa quel che si deve
di ciò che cela il cielo or si vede
lo spazio della mente
e il suo piacer che sente

    

12. L’ombra del sapere

“La verità che fra ti cube / me presti una sentilla del suo
lume / che scacci dal mio cor la scura nube”
(Antonio da Ferrara)

quel che sai allor t’accascia
già più di quel che lascia
il tuono forte della verità
ti dà e t’angoscia per metà e metà

     

13. L’alito del dio puranche fa il soffio del démone

“Oh quanti ne so di diavoli che sempre soffiano la malizia
loro”
(San Bernardino da Siena)

se l’alito s’espande d’amistà
per farti domino della tua sorte
infine è puranche la volontà
del dèmone che vince la tua morte

            

Arthur Rothstein, "Figlio di mezzadro", Mississippi, Arkansas, 1935 - in apertura "Famiglia afro americana a Gee's Bend", Alabama, 1937, Met Museum
Arthur Rothstein, “Figlio di mezzadro”, Mississippi, Arkansas, 1935 – in apertura “Famiglia afro americana a Gee’s Bend”, Alabama, 1937, Met Museum

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