Intervista a Vincenzo Mascolo a cura di Rosa Pierno.
Vincenzo Mascolo, nato a Salerno, vive a Roma. Ha pubblicato Il pensiero originale che ho commesso (Edizioni Angolo Manzoni, 2004) e Scovando l’uovo (appunti di bioetica) (LietoColle, 2009). È di prossima pubblicazione Q. e l’allodola (Mursia). Ha curato per LietoColle alcune antologie poetiche. Dal 2006 è il direttore artistico di Ritratti di poesia, manifestazione promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro Italia-Mediterraneo.
Nonostante tu sia, in questo periodo dell’anno, impegnato in prima linea per l’organizzazione della Manifestazione “Ritratti di poesia”, che da dodici anni ha luogo presso il tempio di Adriano in Piazza di Pietra, a Roma, la quale favorisce la conoscenza sia della poesia italiana sia della poesia internazionale, voglio lo stesso chiederti a quale libro di poesia stai lavorando o sei in procinto di pubblicare.
Il prossimo libro uscirà a gennaio con Mursia. È una riflessione in versi sulle modalità del fare poesia oggi che trae spunto dagli “Esercizi di stile” di Raymond Queneau. Sto lavorando intanto ad altri progetti, disordinatamente, e non so dire quale di questi arriverà prima a compimento.
Conoscendo la tua attenzione ai problemi etici e scientifici, e ricordando che uno dei tuoi ultimi libri di poesia è “Scovando l’uovo (appunti di bioetica)”, Lietocolle, 2008, vorrei sapere qual è il tema intorno al quale la tua ricerca si sta appuntando.
Individuare un tema specifico per me non è facile. Lo studio della conoscenza e la curiosità per il sapere influiscono inevitabilmente sulla mia ricerca poetica, che definirei multidisciplinare. In questo periodo, comunque, sto scrivendo di tempo e durata in una sorta di dialogo a distanza con Peter Handke. L’idea è nata dalla lettura di “Canto alla durata”, il poemetto di Handke pubblicato in Italia da Einaudi. Sono, però, attratto anche dai temi di fisica teorica e, in particolare, dalla “teoria del tutto” che credo possa anche contribuire al superamento, secondo me necessario, della divaricazione tra cultura umanistica e scientifica. Nel contempo, sempre con quel disordine di cui parlavo prima, ho appena iniziato a lavorare sul mito di Orfeo per un progetto di scrittura e musica che spero di realizzare presto.
Anche la forma riveste per te un ruolo di indiscussa importanza, elemento indeponibile del fare poesia. Essa nasce di volta in volta, insieme al tema, oppure prosegue con autonomia un proprio percorso?
Dipende. Ci sono lavori, come quello in corso di pubblicazione, che sono dedicati in modo specifico a una ricerca formale. Altre volte la forma nasce insieme al tema, come nel caso di “Scovando l’uovo”, che ho voluto scrivere in quartine a rima alternata per alleggerire la densità, e in alcuni casi la drammaticità, dei temi di bioetica trattati. Altre volte ancora, invece, lascio che nasca autonomamente nel corso della scrittura. In ogni caso, come hai giustamente osservato, la forma è per me un elemento essenziale. La poesia è trasformazione, attraverso la parola, del poeta e della realtà in cui egli si muove. Questa tensione al mutamento che cerco di esprimere con la diversità delle forme è anche desiderio di muoversi liberamente nei luoghi del pensiero che dà origine all’espressione poetica.
Nell’organizzare una manifestazione così importante come “Ritratti di poesia”, ritieni si possa disgiungere, e, anzi, si debba, la spettacolarizzazione dalla poesia? In fondo, la comunicazione che si rivolge a un numero considerevole di persone non è di per sé un fatto negativo se attuata con criteri di qualità. Parlaci della tua esperienza.
Devo premettere che sono tra coloro che considerano positivamente il tentativo di ampliare gli spazi della poesia e di raggiungere un numero di persone maggiore di quello che la frequenta abitualmente. Sono favorevole, quindi, alla cosiddetta spettacolarizzazione della poesia purché finalizzata a una sua maggiore diffusione e attuata, come dici giustamente, senza abdicare alla qualità. “Ritratti di poesia” è nata proprio con questi obiettivi e spero che la sua realizzazione riesca a testimoniare il nostro impegno in questa direzione. Se per spettacolarizzazione della poesia si intenda, come accade nella manifestazione che curo, proporre in ogni edizione un numero considerevole di poeti per portare all’attenzione le diverse modalità di fare poesia che sono presenti in Italia e negli altri Paesi, confrontarsi con culture differenti, dare spazio alle interazioni fra le espressioni artistiche, trattare, non sempre in modo palese, tematiche di più ampia valenza (mi riferisco, ad esempio, all’importanza dei dialetti, alla necessità di preservare la cultura e la lingua delle minoranze, alla poesia usata clandestinamente in Afghanistan dalle donne per denunciare la loro condizione, argomento di cui si parlerà nella prossima edizione di “Ritratti”), allora credo che la spettacolarizzazione della poesia sia un’opportunità da cogliere.