Intervista a Mircea Cărtărescu, a cura di Anna Belozorovitch

Intervista a Mircea Cărtărescu, a cura di Anna Belozorovitch.

 

 

Nato a Bucarest nel 1956, Mircea Cărtărescu è tra i più interessanti e raffinati scrittori dell’Est Europa, e il più importante autore romeno contemporaneo. Ha esordito come poeta, dedicandosi solo successivamente alla prosa. Tradotto in tutte le maggiori lingue europee e acclamato dalla critica, ha ricevuto numerosi riconoscimenti: nel 2012, a Berlino, l’Internationaler Literaturpreis-Haus der Kulturen der Welt, l’anno successivo, in Svizzera, lo Spycher-Literaturpreis Leuk, e più di recente il Premio di Stato per la Letteratura Europea 2015 da parte della Repubblica Austriaca. Di Mircea Cărtărescu è stato pubblicato in Italia Il poema dell’acquaio (Nottetempo, 2015) e diversi testi in prosa con la casa editrice Voland, tutti tradotti da Bruno Mazzoni: Travesti (2000), Abbacinante. L’ala sinistra (2008), Perché amiamo le donne (2009), Nostalgia – di cui è uscita una nuova edizione completa nel 2012 e con il quale l’autore si è aggiudicato il prestigioso Premio Acerbi – e Abbacinate. Il corpo (2015), entrato nella short list del Premio von Rezzori 2016 per la migliore opera di narrativa straniera e candidato al Premio Strega Europeo 2016.

       

Lei comincia come poeta e soltanto dopo inizia ad esplorare la prosa. Perché crede che sia accaduto proprio in quest’ordine e come è entrata la poesia nella sua vita?

La poesia e la prosa non sono diverse come possono sembrare. Io ho scritto racconti e poesie contemporaneamente, sin dall’inizio, da quando andavo a scuola. Ma la poesia s’addice di più ai giovani scrittori, è un’arte per sempre giovane. Perciò ho pubblicato tre libri di poesia prima di esordire con la prosa. Mi considero, fondamentalmente, un poeta, e persino i miei racconti e i miei romanzi sono poesie elaborate scritte in prosa. A un certo punto, dopo aver compiuto trent’anni, mi sono reso conto che la mia carriera poetica era terminata, dal momento che avevo scritto troppa poesia (oltre mille pagine). Quindi sono passato totalmente alla prosa e da allora non ho più scritto una singola poesia.

     

Ci racconti qualcosa di più della sua esperienza personale nell’utilizzare una forma piuttosto che un’altra. Sente che il suo linguaggio cambia significativamente? Sente di avere diverse personalità artistiche?

Io ho una personalità soltanto come scrittore, sono me stesso in tutto ciò che faccio. Non mi curo molto dei generi letterari di ciò che scrivo. Le mie ossessioni, il mio stile, il mio linguaggio, il mio tipo di personaggi sono gli stessi in tutti i miei libri, dall’inizio e fino ad ora. La poesia è più adatta ad esprimere l’esuberanza del vivere, lo splendore della vita e dell’amore, l’ironia, il riso, mentre la prosa è per me uno strumento che scava in profondità della mia persona, nel campo della memoria, dei sogni, degli archetipi.

   

Vorrei domandarle qualcosa sul potere manipolativo del linguaggio. Siamo perennemente esposti a messaggi di tipo persuasivo, per esempio quelli dettati dal mercato. Come interagisce, secondo lei, il linguaggio poetico con tutto ciò? Quali diverse regole segue?

Ci sono due strategie utilizzate dal linguaggio poetico in modo da sopravvivere in un mondo brutale e manipolativo. E sono le stesse che troviamo nel mondo degli animali, degli uccelli, degli insetti, ecc… La prima è la strategia della mimetizzazione: le poesie prendono in prestito la somiglianza con il linguaggio parlato. Suonano come testi della musica rap, gli annunci pubblicitari, i discorsi politici, il linguaggio delle tribune dei campi da calcio, ecc… In questo caso, la poesia è parte della tela sociale. La seconda strategia è quella dell’avvertimento: “attenti, non sono come voi, sono diversa, strana, i poteri del mio linguaggio non provengono dal vostro mondo corrotto ma dalle sorgenti profonde della fantasia, della magia, della follia”. La poesia diventa, in questo caso, una forza dell’anima e una pura eroina linguistica.

     

C’è qualcosa che il linguaggio poetico è in grado di fare e gli altri no?

Il linguaggio poetico è il linguaggio reale, è in grado di svegliarti e mostrarti chi sei. È parte della filosofia e della religione. Gli altri linguaggi ti mostrano soltanto ciò che possiedi, non ciò che sei.

    

Quale dovrebbe essere il ruolo del poeta oggi?

Disobbedienza. Resistenza contro la stupidità, il conformismo e i cliché.

                   

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One thought on “Intervista a Mircea Cărtărescu, a cura di Anna Belozorovitch”

  1. Non faccio altro che interrogarmi e cercare risposte sul senso dell’essere poeti, nel mondo contemporaneo in cui la poesia sembra così marginalizzata, sul perché sia fondamentale il linguaggio poetico e sul ruolo che i poeti possono svolgere, contro la ragnatela di mercificazione e conformismo che sembra avviluppare ogni forma di Arte e di Pensiero. Sono rimasta folgorata dalle ultime due risposte, che sento anche mie. Mi piacerebbe che vi fosse la possibilità di ribloggare gli articoli che leggo in questo sito, questo in particolare.

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