Intervista a Raffaele Niro a cura di Paolo Polvani e cinque poesie.
Raffaele Niro è nato a San Severo (Fg) nel 1973.
Ha pubblicato L’attesa del padre (Transeuropa, 2016); Lingua di terra (La Vita Felice, 2013); Carte d’identità (Sentieri Meridiani, 2011); Cartacanta (Edizioni M. Di Salvo, 2009); Vuoti a rendere (Edizioni Rhymers’ Club, 2006).
Sue poesie sono tradotte in Austria, Cile, Messico, Nicaragua e Spagna.
Per la narrativa è coautore di Inchiostro di Puglia (Caracò, 2015, postfazione di Nicola Lagioia), de I fuggiaschi (Stilo, 2013, prefazione di Franco Arminio), di Babel Hotel (Infinito, 2011, prefazione di Gian Antonio Stella) e di Rondini e ronde (Mangrovie, 2010).
Per il teatro ha scritto “Acqua”, la cui prima teatrale è andata in scena nel 2001 al Teatro “E. De Filippo” di Roma per la regia di Barbara Bagnini; lo spettacolo di narrazione “Ed ora ammazzateci tutti – omaggio a Peppino Impastato”; lo spettacolo di narrazione “I piedi al muro. Una donna saharawi”.
È presente nel censimento di PordenoneLegge e in tutte le ultime antologie della poesia pugliese dell’ultimo secolo [“Letteratura del Novecento in Puglia” di Ettore Catalano, (ed. Progedit, 2009); “A sud del sud dei santi” di Michelangelo Zizzi, (ed. Lietocolle, 2013); “Verso levante” di F. S. Lattarulo, (ed. Stilo, 2014)].
È tra gli esponenti più interessanti della videopoesia in Italia.
Dirige la collana di narrativa “Sud Aria” per la casa editrice “Terra d’ulivi” di Lecce.
È ideatore e direttore artistico del festival DauniaPoesia.
Sito internet: raffaeleniro.wordpress.com
*
Abbiamo rivolto a Raffaele alcune domande sul tema del mese e gli abbiamo chiesto una selezione di testi, che trovate di seguito, dal suo ultimo “L’attesa del padre”, Transeuropa ed., 2016.
Il tuo libro L’attesa del padre è interamente dedicato al tema della paternità. Ci racconti la nascita del libro e la tua esperienza di padre?
Inizio col dire che non è un diario. Potrà sembrare una banalità, ma per me è importante fare questa precisazione. Un po’ tutti quelli che, incuriositi, mi hanno chiesto di questo libro senza leggerlo si erano fatti l’idea che fosse un diario, ma, appunto, così non è.
Chi conosce anche la mia produzione poetica precedente sa che la mia poesia è sempre priva di riferimenti alla mia vita personale.
Prova sempre a dare una visione universale e questa è una caratteristica anche de “l’attesa del padre”.
L’idea di questo libro è nata nel 2013, quando ero in attesa di Gioele, il mio primogenito.
Un primo nucleo di poesie è stato pubblicato nell’agosto 2013 sul sito “L’estroverso” e, più o meno negli stessi giorni, portato live al festival “La luna e i calanchi” di Aliano, ma è diventato maturo durante l’attesa della secondogenita Gaia, nel corso del 2015.
Sapere di diventare padre, in qualche modo, è stata una rinascita. Più che “una” occasione, direi “la” occasione per mettere un po’ d’ordine nella vita, trovarne un nuovo senso.
Scriverlo è stato importante, mi ha aiutato a mettere a fuoco ogni piccolo dettaglio del miracolo della nascita, prima, durante e dopo il suo avvenimento.
E’ molto interessante la struttura del libro, puoi parlarcene?
Il libro si apre con la sezione “il varco del tempo”, una sorta di calendario perpetuo, ma soprattutto una sezione che mi serve per dire al lettore che l’esperienza della paternità scombussola l’idea umana del tempo, quella dettata dall’orologio, ed è più vicina all’idea di tempo dettata dalla Storia, per avvenimenti.
La seconda sezione si intitola “l’idea di un figlio” ed in qualche modo vuole essere la mappa emotiva della genitorialità quando questa è solo un’idea ancora vaga.
La terza sezione si intitola “nascite” ed è una delle sezioni cuscinetto contenute nel libro, con questa sezione inizia la presa di coscienza di questo viaggio.
La quarta sezione è il nucleo originario di questo libro e si intitola come il libro stesso, qui sono contenute quasi tutte le prime poesie scritte nel 2013.
La quinta sezione, “il principio della nascita”, è una sezione cuscinetto che traghetta il lettore verso “poesie per il figlio”, sesta sezione dedicata al figlio che diventa carne.
La settima sezione, “la pratica del figlio”, è una sezione cuscinetto particolare e diversa dalle altre. Qui i testi si alternano a pagine bianche in quanto i testi sono slegati uno dall’altro e, in qualche modo, volevo concedere al lettore lo spazio-tempo per metabolizzarli prima di passare al successivo.
L’ottava sezione si intitola “eredità per un figlio”, una delle sezioni alle quali tengo di più. Si tratta, ovviamente, di un testamento universale con il quale un figlio riceve in eredità beni immateriali come, ad esempio, la libertà.
La nona sezione, “verso la madre”, è l’ultima sezione cuscinetto che traghetta il lettore verso l’ultima sezione dedicata alla madre, che si intitola, appunto, “poesie per la madre”.
Un bellissimo verso recita:
tua madre è un luogo sacro
la terra e l’altare su cui pregare…
Lo dico da sempre che le donne custodiscono il segreto della vita. Lo dico sempre in modo diverso. Questo è un esempio.
Un altro verso dice: un figlio nutre il padre / di quella continua meraviglia… Quindi una carica poetica infinita.
Come tutte le relazioni umane anche quella tra padre e figlio non è unidirezionale, non è solo il padre a trasmettere al figlio; è un flusso, anche d’informazioni, che dal figlio arriva al padre.
Una delle cose più importanti dell’essere padre che ho imparato è che bisogna mettersi sempre al livello dei figli, possibilmente anche fisicamente, perché il rapporto è assolutamente alla pari.
Il nome che hai dato ai tuoi figli ha un significato particolare per te?
Credo che un regalo importante che si possa fare ai propri figli sia proprio il nome.
Durante l’attesa del mio primo figlio, io e Stefania, la mia compagna, abbiamo preso tre libri di nomi. Li abbiamo studiati tutti, ma allo stesso tempo li abbiamo anche letti tutti ad alta voce.
Volevamo che nostro figlio avesse un nome bello a tutto tondo.
Il nostro primo figlio si chiama Gioele e quando si pronuncia il suo nome, meraviglia delle sinapsi, mette di buon umore sia chi lo pronuncia sia chi lo ascolta.
La nostra seconda figlia si chiama Gaia e il suo nome è stato scelto allo stesso modo. Solo che con lei abbiamo avuto molte meno titubanze, dato che Gaia è anche uno dei nomi con il quale indichiamo il pianeta Terra.
***
Primordi
lo spazio, nell’universo,
era una questione di tempo
quando dio si è allontanato
una ventina di passi dal mondo.
era andato in un canto
a fare giumella. dalla mammella
ancora gorgoglia cantilenando
l’antico incantamento.
un bimbo che si specchia
in un pozzo di luce,
semente che s’inventa
piccola radice
e celia la terra
facendola girare tra le dita
a principiare nuova vita.
*
soluzione di continuità
non posso dimenticare
di essere frutto di un albero
seminato nel passato
e che maturo sarà piantato,
come è stato,
nella terra del presente
che è già ora
e un po’ domani
e che dai rami, dalle mani,
farà fruttare il suo essere in divenire
l’avvenire
*
le mani del figlio
le mani di mio figlio
aprono l’asola del mattino
con la disinvoltura della luce
è lui che cuce l’alba
trasformando materia scialba
in un pezzo di universo
che inizia qualcosa di possibile
*
il tuo gelsomino
mi auguro
di essere alla tua altezza
riuscire ad annaffiare i tuoi fiori
tutti i giorni
aiutarti a curare i tuoi giardini
e diventare
nel tempo
passando per la terra
il tuo gelsomino
*
il corpo della madre
Io, anima della cenere dei canti,
proveniente dal mio passato,
e mio figlio, orlo di vapore dei miei
avi, proveniente dal suo futuro,
ci siamo dati appuntamento
più o meno sulla terra, all’alba
sul corpo della madre, il tuo,
presente che si apre alla vita,
per diventare l’acqua dei fiumi.
*
Leggo con ammirazione queste poesie di Raffaele Niro sull’ interessante tema proposto e lo stupore aumenta mentre ripetutamente torno sui versi dell’ultima “Il corpo della madre”.
M’incanta quell’ “appuntamento” tra il padre che realmente esiste e il figlio che, come ogni cosa bella che si desidera, già vive nel pensiero. Un appuntamento “all’alba sul corpo della madre”, in altra poesia magnificamente definita “luogo sacro/ la terra e l’altare su cui pregare…”.
Sono versi di intensa dolcezza, giocati sull’uso sapiente di pronomi e aggettivi personali e possessivi che riescono a dare senso pieno e speranza di luce a quel “presente che si apre alla vita.”
Complimenti vivissimi al poeta.
Annalisa Rodeghiero