Intervista a Rossella Tempesta a cura di Paolo Polvani e tre poesie.
La maternità ti ha ispirato poesie? In quali occasioni? Come sono nate?
Essere madre. Un desiderio che mi apparteneva sin da bambina, direi.
Essere madre per me prescindeva dalla maternità biologica: sono stata madre di una rondine ferita, di una rana, di un gattino seviziato da maschi appena adolescenti e feroci, madre di una compagna di terza elementare figlia di giostrai e stanziata nel mio paese, Terlizzi, solo per un anno.
Sono stata madre dei miei genitori, di me stessa, di mia sorella finché è vissuta e di mio fratello, figlio per la speranza. Essere madre dei miei genitori non ha funzionato, non può funzionare, lo sappiano i genitori che fanno “gli amici” dei figli : facciano i genitori e non costringano i figli a sopperire (vanamente) ad una genitorialità manchevole e immatura.
Poi, sono diventata madre. La nascita dei miei tre meravigliosi figli mi ha trasformata da potenza in atto, da essere a divenire, perpetuo divenire.
Ho scritto poesie, molte, ispirate dai miei figli, osservati come creature, spicchi di universo.
Loro sono “poesia fatta carne”, scrivere versi su di loro è stato come tradurre poesia: dalla loro lingua fatta di suoni e sentimenti privi di finzione -ancora- alla mia poesia.
E come accade nell’atto del tradurre, quello che ne viene fuori è qualcosa di nuovamente… originario.
Durante la gravidanza il corpo cambia e rifiorisce, la percezione si amplifica puoi parlarci delle sensazioni che ti hanno attraversata?
La gravidanza è un’esperienza del tuo corpo, attraverso la quale comprendi che non “hai” un corpo, ma “sei” un corpo. Un corpo che ogni giorno trasmette un segnale nuovo, un suono, un movimento che ne acuisce la percezione. E poi c’è l’accrescimento, questo ampliarsi per accogliere, per diventare culla, casa, bolla di universo al cui interno l’universo si ricrea. E’ una sensazione fortissima, incredibile, ma unica nel suo genere, non unica in generale. Io credo sinceramente che sia stata l’esperienza più incredibile della mia vita, ma anche che ogni esperienza della vita possa essere emozionante, e che quella più straordinaria di tutte sia…vivere.
Credi che le capacità della persona possano nascere e acuirsi con la pratica corporea? In quest’ottica quindi riconosci alla maternità e al parto un potenziale cognitivo?
La pratica corporea, per esempio lo yoga, le arti marziali o la meditazione tout court hanno la capacità di bypassare la mente che…mente! Lowen e la sua bioenergetica lo hanno insegnato al Mondo : attraverso la mediazione metacorporea si può guarire la mente che soffre.
Nella maternità perdi…la testa, allo stesso modo. Le nottate insonni, l’allattamento, le giornate intense ti stancano la mente, ti fanno perdere un po’ la memoria e la lucidità mentale e questo è…fantastico. Uno stato onirico e di innamoramento fortissimo ti possiede, e ti dota di superpoteri: sentire il respiro di tuo figlio mentre dormi, comprendere i suoi bisogni con un solo sguardo, comunicare con lui attraverso la pelle, l’odore. Il neonato ha bisogni primordiali e te li ricorda, sovverte e riporta alla giusta scala valoriale, i tuoi stessi bisogni, fa tornare autentica la vita.
Il parto…io ne ho avuti due ma cesarei, quindi purtroppo, me lo sono perso, con gran dispiacere. Ma in compenso ricordo ogni istante della “venuta alla luce” dei miei piccoli: il primogenito, Francesco, si è voltato verso di me quando ho pronunciato il suo nome; lo “chiamavo” sempre durante i nove mesi di gravidanza, deve aver sentito il suo nome pronunciato dalla mia voce come familiare…
I secondogeniti, gemelli, Sofia e Salvatore…bhe è stata un’esperienza doppiamente straordinaria vederli “sorgere” da me…due creature…
La mia gratitudine verso loro tre, per avermi scelta, mi accompagnerà fino all’ultimo respiro.
La nascita di una poesia genera un sentimento paragonabile alla maternità?
La poesia mi è sempre parsa una rivelazione, più che una nascita, qualcosa che c’era e che per motivi misteriosi si rende manifesta a me, si rivela attraverso la mia “voce”.
Quando rileggo i miei testi però, in effetti, provo lo stesso stupore di quando guardo i miei figli. Vengono da me e non sono già più miei, sono parte di me e già altro da me.
***
Ascoltare il battito veloce e perfetto
poggiando l’orecchio tra le piccole spalle di nostro figlio
– mentre dorme stanotte tra di noi-
ringraziare Dio e le forze del bene per la sua vita che pulsa e respira,
ricevere nel buio schiarito dell’alba la tua prima carezza, la mia prima carezza del giorno.
Tutto è nella medesima azione.
Tutto è dentro la bolla iridata, trasparente
che rimbalza leggera nei giorni da quando tu sei
da quando vivere è più fragile e intenso
com’è la vita di una rosa che prima della fioritura esploda
e tutta si protenda in boccio a quello che sarà il giardino intorno e sogna
così avvolta e speranzosa e già sparge profumo, l’impaziente.
Rosa si è schiusa sul ciglio di un binario della ferrovia,
una strada ferrata di campagna percorsa mille volte
in una gioventù smaniosa, persuasa di vita lunghissima o immortale
e mai più bel giardino vide in sogno
di questa strada pietrosa ed erta, di queste terre di erbe e olivi;
e mai più bello, le pare, possa essere fiorire, lasciar cadere da sé petali e polline
sfiorire.
Tutto, si accorge, era da sempre nella medesima azione.
Inconoscibilità, appassionante mistero che è vivere
*
Le pietre angolari
La timidezza pura
nel verde occhio di Franci
il viso cesellato di Salvino
il suo velluto e acciaio
la rosa rugiadosa
la danza di farfalla che è Sofia.
Ho la Poesia.
*
Terza lettera
Ho sentito una nuova paura, io che credevo
non posso più perdermi.
E’ chiaro che maldico
ma è una solitudine anche questa.
A mio figlio mi vergogno di chiedere
a lui devo solo poter dare
altri hanno il loro daffare.
Tu dove sei?
Richiama “mamma” con tono di domanda
Confermo “dimmi” (prontezza e certezza)
*