Intervista a Rossella Tempesta.
Salutiamo la poeta Rossella Tempesta, per la prima volta su Versante Ripido, e le poniamo alcune domande partendo con il tema di questo mese per proseguire poi con altre di interesse generale per i nostri lettori. Poesie di Rossella sono pubblicate in un altro articolo in questo stesso numero.
Le tue poesie sono state pubblicate in una prestigiosa antologia di sole autrici donne. Esiste una specificità della poesia femminile?
La specificità nella poesia è tanto femminile quanto maschile, in modo “naturale” direi, cioè proprio corrispondente alla diversa natura che contraddistingue gli uomini e le donne; questo però non significa che debba essere categorizzata una poesia di “genere” femminile (o maschile). La poesia è una, poi ciascuna scrittura ha le sue peculiarità, e la scrittura femminile, molto “corporea” ed esperienziale, ha certamente alcune caratteristiche non così comuni nella poesia scritta da autori uomini.
Sarebbe il caso tutti si fermassero e si baciassero, / congratulassero di esserci, proprio qui… Quanto ti somigliano questi versi?
Molto, mi somigliano molto, sono proprio io quella che per prima siederebbe in terra….e che bacerebbe e si congratulerebbe con gli altri umani per la gioia di essere vivi e insieme: consorzio umano.
Ho il cuore verde e fresco / come la mia vellutata di piselli / e ti bacerò a lungo… – e ancora: la carbonara come dio comanda… – che rapporto hai con il cibo?
Oh il cibo per me è importantissimo, uno dei miei sensi più ricettivi è il gusto, un senso che mi emoziona, ancestrale, ogni cibo per me può avere un forte richiamo, rappresentare una evocazione. Alcuni poi sono la mia madeleine proustiana in particolare i piatti della tradizione povera pugliese: fave e cicoria, la focaccia, la ricotta “forte”..
E naturalmente amo moltissimo manipolare e creare, toccare gli ingredienti e ottenere la magia di una cosa venuta anch’essa da me, dalle mie mani ma anche da una trascendenza. Come scrivere una poesia.
Non si trova nulla/ di più bello da guardare che non gli alberi / e gli uomini fiorire. – Nelle tue poesie si affaccia prepotente un’amorevole attenzione per le persone. E’ anche questa una tra le funzioni della poesia?
Credo sinceramente che la Poesia non abbia una funzione ma costituisca una necessità per l’uomo e le sue strette connessioni con la filosofia ne demarcano il campo di interesse: la domanda, l’umano, l’osservazione dall’interno verso l’esterno che cerca una e mille risposte a una e milioni di domande. Gli uomini li ho visti fiorire quando amano, questa è una risposta che ho ricevuto dalla mia “osservazione”.
Nei tuoi versi è rimasto il respiro del mare tra Giovinazzo e Molfetta?
Il mare tra Giovinazzo e Molfetta è il mio liquido amniotico. Il suo sapore salato, il suo incredibile inconfondibile profumo, il suo colore irripetibile. L’ho respirato, sì. E lui mi ha allevata, ho il piede che non si ferisce sugli scogli aguzzi e il corpo che su quegli scogli si distende sentendoli come fossero di velluto.
Qual è il paesaggio cui ti senti più legata?
La terra, e le campagne con gli olivi a perdita d’occhio, le “torri” antiche in mezzo ai poderi, le erbe da raccogliere e mangiare, il tarassaco detto “sivone”, la cicoria, il finocchietto per condire le olive da consevare in acqua e sale, gli immensi alberi di gelsi rossi. Poi il mare, quando mi compariva all’improvviso, provenendo dall’interno della mia Terlizzi. E poi lo spettacolo incredibile, magnifico e stupefacente di Napoli, quando vi entravo in auto dalla tangenziale, con mia madre al volante che aveva cantato per tutto il viaggio dalla Puglia le canzoni degli anni ’70, gli amori disattesi di Mina e le canzoni antiche napoletane.
La semplicità è un traguardo? ha un costo?
E’ una scelta che ho praticato sempre. Ed ha la funzione, questa sì, di rendere “comune” il sentire e infine dunque di comunicare. Il costo è alto, la poesia “laureata” contemporanea è intellettualoide e elitaria. Ma sono in ottima compagnia, mi tengo sottobraccio a Penna, Saba, Sereni… e vado avanti nella convinzione che ognuno debba esprimersi poi in fondo “nelle sue corde”. E poi ci sono tanti contemporanei di grande valentia poetica che non rinunciano al gusto della semplicità del dire. Paolo Polvani ad esempio e un’altra meravigliosa voce incontrata da poco, Enrico Fraccacreta.
La tua poesia possiede la giusta temperatura per favorire una felice immersione: accoglienza e ospitalità. E’ sempre stato così o è frutto di una maturazione?
Sono contenta se appare questo aspetto, in effetti la mia poesia vorrei che fosse una casa, una lettura intima e sodale, un luogo in cui ritirarsi a prendere fiato e prendersi tempo, tempo per “sentire” e imparare a riconoscersi e infine, amare. In fondo sì, ho da sempre avuto questo intento, ma certamente il risultato, sempre migliorabile, è frutto di una maturazione, dello stratificarsi delle esperienze, del dolore e della gioia ricamati dagli anni sulla mia pelle.
Nei tuoi versi si muovono i bambini, si da spazio all’amore coniugale, si spalancano finestre, balconi, c’è molta casa, credi che sia una possibile strada per entrare più facilmente e stabilmente nel cuore dei lettori?
Credo che i lettori siano come me ed io come loro: tutti presi dai cortocircuiti compulsivi del quotidiano tendiamo a vivere in superficie, a scambiare per banale la preziosità del quotidiano, che invece è la miniera dello straordinario nelle nostre esistenze. E’ il presente: l’unico tempo esistente. Scriverne per me è mettermi in collegamento con il cuore di chi legge, dirgli “Vedi? Battiamo all’unisono”.
Ci sono autori contemporanei nei confronti dei quali ti senti in qualche modo in debito?
Un felice debito di gratitudine e di amore a due autori su tutti: Davide Rondoni, mio “scopritore” e amorevole mentore e Elio Pecora, un vero poeta e una figura umana di spessore altissimo, un padre, un fratello maggiore, sempre presente a dirmi “brava, continua, la tua voce cresce bene”.
E poi tanti, ma tanti. Non ho mai incontrato altro che accoglienza e stima. Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Claudio Damiani, Sara Zanghì, Gloria Bellezza sorella di Dario, Bruno Galluccio mio carissimo amico, Raffaele Niro, nostro comune amico, Pasquale Vitagliano mio compagno d’ infanzia, abitavamo nello stesso palazzo ed io a 11 anni… già lo amavo perdutamente!. E il più bel debito, quello da non estinguere mai, resta l’amicizia che nasce da un gesto di attenzione nei riguardi della mia poesia: Salvatore Ritrovato e Giovanna Rosadini, per l’antologia Einaudi e per tutto quanto di meraviglioso ne è venuto…
La tua intervista è meravigliosa grazie.