Intervista e poesie della terza classificata al concorso poetico “COMUNItariSMO – pensare è oltrepassare”: Fernanda Ferraresso, a cura di Paolo Polvani.
Ai primi tre classificati del concorso “COMUNItariSMO – pensare è oltrepassare” dedichiamo uno spazio personale in cui rispondere ad alcune domande per i nostri lettori e in cui proporci alcune loro poesie. La terza classificata è Fernanda Ferraresso.
Fernanda Ferraresso – Nata nel 1954 a Padova, dove vive e insegna architettura presso il Liceo Artistico della città, è direttrice del sito web CARTESENSIBILI e FERNIROSSO WEBBLOCK, suo sito personale.
Tra le sue pubblicazioni: Migratorie non sono le vie degli uccelli (Il Ponte del sale 2009), Dimmi se (Terra d’ulivi 2013), MAREMARMO (LietoColle 2014), Nel lusso e nell’incuria (Terra d’ulivi 2014), Voci oltre e altre cose storte (Terra d’ulivi 2015), In pochi attimi di vento (Terra d’ulivi 2016). Ha partecipato inoltre alle seguenti raccolte: Ombre come cosa salva- Il Purgatorio letto dai poeti, Canti I-IX (2008) Editore Il Ponte del Sale; Cuore di preda (2012), Il riscatto del pane (2012), Cronache da Rapa Nui (2013) (CFR Edizioni); Luce e notte e L’ustione della poesia (LietoColle); Scrittori & Scrittura. Viaggio dentro i paesaggi interiori di 26 scrittori italiani (Lucaniart); Sotto il cielo di Lampedusa (Rayuela Edizioni). Numerosi suoi testi e letture critiche compaiono in noti siti web e riviste di critica letteraria.
Com’è nata la tua poesia A Lesbo?
Lesbo nasce dalla situazione in cui l’isola, famosa per altre memorie, è stata la pagina scritta con le vite dei migranti, arrivati là con sbarchi susseguitisi numerosi e con la produzione di esiti assolutamente tristissimi. E questo sia per una terra che viene riconosciuta come l’origine della nostra, sia perché noi tutti, oltre a parolare non abbiamo fatto nulla per tutto quanto continuaa ad accadere ed è la cancellazione del sentire, del vivere insieme, su questa terra magnifica ma fattasi piccolissima sotto i piedi di certuni che da nessuna parte possono appoggiare le loro esistenze. Ultimamente mi sembra che la parola non abbia nessun altro scopo che contenere il nostro vuoto umano, sociale, culturale, ideologico. Per questo Lesbo assume la configurazione del corpo femminile e dalle sue labbra nascono queste mostruosità.Mostruosità che hanno indosso un colore anch’esso magnifico, il giallo del tuorlo, del sole, della luce, delle stelle come le disegnano i bambini ma che si rattrappisce, rinsecchisce in quella stella gialla che ha illuminato i lager, a cui anche i contemporanei alla fine si ispirano. Chiunque precluda la libertà di un altro e con la forza gli impedisca di muoversi sul pianeta credo riporti tutta l’umanità in quella oscurità che è l’origine della carneficina che vediamo in Siria in Palestina, in Messico, in Turchia,in molti paesi dell’Africa, dell’America latina, ma molti altri sono nella stessa situazione, sotto il mirino di una volontà di potenza totalitaria che non nutre nessun senso di alleanza umana, che non ha rispetto che per il dio che si sente d’incarnare con diritto di vita e di morte su tutti. Follie: antiche e contemporanee. Le medesime.
L’Europa, o forse l’intero mondo occidentale, è diventato un “luogo senza anima e sogno”, come recita un verso della tua poesia. Cosa possiamo fare per per restituire un’anima al mondo? per restituire un sogno?
Pesa moltissimo sapere che il genere umano così sottile nel disquisire dell’anima, del pensiero, della costituzione dell’universo, che elabora raffinatissimi testi di ogni genere speculativo poi si abbrutisca così come vediamo ormai dovunque. Tutto si compra e si vende, tutto è cosa. Non c’è volontà di scoprire chi siamo,chi ognuno è e ha in se stesso, quell’immenso che ospitiamo, quel dna dell’origine. Il successo, qualsiasi successo, grande piccolo, in qualsiasi settore è l’obiettivo primario e ultimo mentre da qualsiasi scalino ci mettiamo ad osservare non vediamo nemmeno che la capacità di reggerci è dei nostri piedi, e il nostro corpo, mantenuto in piedi dalla forza più piccola che esiste nell’universo ed è un mezzo ma non è il solo per muovere verso noi stessi, da qualunque posizione si parta senza svantaggio legato alla ragione sociale e al censo.Non so se siamo rimbambiti o se siamo diventati intellettualmente atrofici. Personalmente non mi valuto nulla, ho sempre avuto poca considerazione di me e continuo a pensarlo. Non ho cure per nessuno:dopo secoli che l’uomo dice di progredire vedo che siamo allo stesso punto e questo lo confermano gli annuali di storia e non c’è arte, bellezza, poesia, cultura, ideologia o religione che sia riuscita a fare nulla.Tutto conduce al medesimo scontro tra belligeranti. No, non credo che nulla porterà ad un cambiamento, l’uomo va incontro alla sua distruzione e sarà cosi per ogni tempo egli viva nel futuro come già ha vissuto nel passato. Eppure quanto sento di amare la vita!
La poesia in effetti s’impegna parecchio, molti autori ne fanno oggetto di versi, letture, iniziative. Credi che ne sortirà un effetto?
La poesia? La poesia è così lieve e la vedo come un’ala che sa di fratturarsi eppure insiste fino a sbriciolarsi fino a fare delle proprie piume un campo bianco, di neve. Forse è a questo che dovremmo mirare, alla lezione della neve.
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a lesbo si sono aperti i lembi
nelle reti metalliche a brandelli
la pelle di bambini donne uomini
passati attraverso la notte
in quest’oscuro pestaggio dei corpi
le guardie di un luogo
senza anima e sogno
con le unghie rubavano
a noi la scorza di un lager
di fame e di stelle
profonde nel giallo cucito negli occhi
la stessa stella decifrata dall’odio
dio della guerra
una la medesima su tutta la terra
fuori
dietro il vetro la sera che sale
è solo un richiamo in cerca di qualcuno
in ascolto
anche il vento che fischia
fortissimo e
a me sembra
che chiami proprio il mio nome
poi due tortore forse in amore
che dicono cuore cuore cuore
che ascolto solo io
in un continuo fragore di auto
lungo la via principale
che rade i muri delle case
e lascia graffiti di nero smog
nessuno cammina
tra quei segni
nessuno chiama a gran voce qualcun altro
o grida forte a quel cielo un chiarissimo
ti amooooooooooooooooo
in quel cielo così carico di nuvole
disegnate con l’arco e le frecce
con le righe sbeccate e grandi curvilinee
sporchi di china e carboncino
c’è un cielo cancellato che nessuno guarda più
lo hanno tutti nel computer
fatto di pixel e la gomma che ripassa lungo i bordi
è un cielo di gesso elaborato in photoshop
tutto pulito anche quando sembra infausto
con richiami stagionali di colori e telai di neve
ma non ha più quel cielo
soffi di sabbia portata da lontano e soffioni dei pioppi
profumi essenziali o pestilenziali prigioni di odori
è un cielo sempre morbido anche quando
è ruvido di freddo
irto di aculei fatto di ghiaccio delle tante morti sempre ai confini
non è più un cielo arcuato che scende fino alle radici
mie nostre del fiume e del prato
noi paroliamo
eco nomie di illusionismi
e disfiamo noi stessi nel raccontarci
storie filati di zuccheri sugli spini
tra man diamo
cose che non sono
i giorni vissuti
per esteso c’è
sempre
una mezza bugia e
una falsa verità
un buio
dove nascondere
quell’io marchiato
da un’ombra
quell’in-
cavo di un buco
dove mettere le nostre defezioni
le finzioni le nostre infettive paure
e le metamorfosi
che ci hanno trasformati
tutti
in questi vuoti
saturi
insipienti
adulti
Fernanda Ferraresso ci invita a connettere a cominciare dalla stessa struttura formale della poesia, dalla sua dislocazione sulla pagina bianca. Sul lato destro la realtà disumana di Lesbo, a sinistra la nostra chiusura, la nostra falsificazione degli elementi naturali, il nostro ottuso egoismo. Lesbo con la sorgente della sua poesia era il simbolo della sensibilità classica: ora quei sentimenti elevati, fatti a pezzi dal passaggio distruttore della Storia, non sono altro che un paesaggio di rovine. E i miti,che le parole dell’ antica Grecia evocavano e tenevano saldi alla terra? Ne ricicliamo alcuni – è il caso di dire – come fossero oggetti di largo consumo. Due versi, tra gli altri indicano la direzione: ” noi paroliamo/ eco nomie di illusionismi “. Non riusciamo più a formulare asserzioni credibili ed efficaci, possiamo solo ripetere all’infinito le ultime parole di una notizia atroce che non riesce più a colpirci, a scuoterci. Di fronte a noi creiamo come Pigmalione una statua con sembianze umane: solo a quella e alle sue molteplici e fittizie copie, possiamo riservare il nostro interesse e la nostra empatia. La persona ci è remota, confinata in un campo profughi, ha perso la sua attinenza con l’ umanità, è solo un’immagine replicata all’infinito dalla nostra tecnologia. Manca, appunto, il contatto, quell’attitudine ad interessarci e a preoccuparci dell’altro, l’ ” only connect” di cui scriveva Forster in ” Casa Howard”, abbracci reali, altro che connessioni sulla Rete. In questo panorama desolato come riusciremo a spostarci verso la parte destra del foglio, la parte del diritto? Forse rendendoci conto che ogni uomo e donna – non conta dove il destino lo abbia seminato – a destra e a sinistra è nutrito, come quasi urla Fernanda nell’intervista, da un disperato amore per la vita.