Io sono un vecchio che talvolta guida contromano di Luigi Paraboschi.
Io sono un vecchio che talvolta guida contromano
Chi ha inventato la storia che i vecchi non hanno più passioni
che sono pieni di saggezza e trasudano esperienza?
Io sono un vecchio che spesso sogna di guidare contromano
e quando osserva un cumulo di bietole nei campi
gli viene da associarle ai teschi cambogiani di Pol Pot,
forse sogno anch’io i leoni come il Santiago che pescava
mi dissanguo ancora per la rosa nera che non ho
e resto spesso senza fiato di fronte al colore della terra
sotto il vomere che la divarica e possiede senza riguardo.
Chi parla di pace dello spirito mente e in malafede,
perché i vecchi acquistano saldi di testosterone stando coi gomiti
sopra banconi delle osterie, e poi lo spendono con gli occhi
dietro le mutandine delle ragazze, e si raccontano bugie tra amici
narrandosi di pastiglie prodigiose, parlano talvolta di politica
sui crocicchi del mercato ma l’occhio corre sempre
sull’ultimo ombelico che dardeggia e poi alludono
ad un passato eroico ( a sentir loro ) che non torna.
Non godono il giusto riposo, né pensano alla pesca, o al giardinaggio
credono in Dio perché c’è la figa, come scrisse Zavattini
sono atei , brutti e malmostosi, e, guardandosi nello specchio
si palpano con tristezza e rabbia le carni flosce e penzoloni.
Tenera è la notte
ispirata da un articolo di Marcello Veneziani pubblicato sul Corriere:
“ un prof. di 95 anni scoperto dalla figlia abbracciato, nel letto, alla sua badante di 30 anni”.
Tenera sarà questa notte che ho deciso
d’abbandonare la mia prostata al suo destino,
il bagno da raggiungere ciabattando
e questa parte di me, rantolante, che si ritrae
progressiva e mi riporta nell’infanzia.
Còricati qui accanto ragazza ucraina,
stendi il tuo fianco e fingi per mezz’ora
o per un istante, e potrò raccontarti
chi era Mosca e pure chi scrisse della piroga,
farti gustare Boccherini e spiegarti qualcosa
su Kandinsky e la sua teoria dei colori,
fingi di non vedere la morte che porto dentro
aiutami ad ingannare la mia ombra, a non farmi trovare,
allontaniamoci di soppiatto, lei mi riprenderà,
ma ora chiudi gli occhi e convincimi con l’inganno
di un tocco, d’una carezza calda, d’un gesto
intanto che ci diamo del lei come nel film Hiroshima,mon amour
e così potremo ritrovarci dentro l’anno scorso a Marienbad.
La cataratta m’ impedisce ma io ti vedo con la mente
e tu fammi sentire quant’è dolce essere cullati,
aiutami a riemergere dal tempo e poi uccidimi
svuotandomi di quel poco di vita che ancora circola,
uccidimi con un pensiero d’ironia quando staccherai
il peacemaker che mi sostiene, ma fammi sentire ancora
com’è morbida la pelle d’una donna nella notte.
C’è tanta di quella forza in queste poesie, la forza di guardare la realtà per quella che è senza falsi moralismi, sei un grande.
Marilena
bella, Luigi. bella.
Poesie molto belle davvero, Luigi. Poesie dure e vere, dal linguaggio e dal tono forte, tagliente, che dice senza mezzi termini, senza ammorbidire nulla, una realtà di solito stereotipata, falsata e modellata su convinzioni tanto comode e rassicuranti quanto sbagliate. E la tua voce decisa e robusta viene a spazzare via, a dire no, che non è così. E la vera poesia si nutre della verità. Grazie Luigi!
Francesco mi ha preceduto nell’analisi; senza falsi pudori ci lasci scoprirela sensualità che ci circonda e che è la molla per la conoscenza e l’impluso della sopravvivenza. Bella poesia, Luigi.
Un “quotidiano” vero, dei nostri tempi…ma così bella la poesia che
tutto diventa luminoso.