Italia 90, poesie di Vito Panico.
Italia 90
Sul Si la sera
ammucchiati nel pigro imbrunire mediterraneo
scivolavamo veloci verso
una pozzanghera blu.
Come capita,
la partita dell’Italia era in stallo, per questo il ragazzo chiese:
‘ a che minuto siamo Pizzul?’
“siamo al 78’ minuto di gioco!”
fece il naso di quello.
Eruttò la risata.
Estate.
***
Mia zia e dintorni
Un lungo tornante sulla schiena
cammina
nel freddo della sua caverna
tra le foto dei suoi cari guardiani di castità,
nei giorni festivi come in quelli feriali.
L’agenda prevede cimitero martedì,
legumi il lunedì, messa la sera, orto di mattina,
panni sporchi a volontà.
Ai compleanni regala zucchero e caffè qualità oro.
È sera e secolari ceppi d’ulivo
La tengono calda se a parlare
è il vapore dei tempi trascorsi a infilare tabacco,
nuvole di memoria messe a seccare
sui telai,
eco dei figli mai stati.
Per fortuna c’è la pensione di alcune centinaia,
– dico euro non lire –
che la spending review ha voluto decurtare
e ho provato a spiegarle che anche lei doveva contribuire
e che era tutta una questione di spread
ma credo d’aver parlato invano.
Lo spread, il vino rosso, il toscanello.
Afferma d’essere stata bella,
-non lo diresti oggi-
ma, avendo perso l’attimo giusto,
intorno ai ventidue rimase singol e felice.
Oggi, insieme alle sue ossa,
custodisce il letto nuziale dei suoi padri
come un rapper custodisce le sue collane d’oro
o la nozione di una natica ritmata.
Fu lei a iniziarci al nascondino,
pane e pomodoro permettendo,
e dove ti nascondevi?
nelle corti, sulle terrazze,
nei vicoli bui odoranti di legna umida,
ma più spesso nei pensieri offesi delle persone
in quelli mai formati, nella pubertà,
dove nessuno poteva trovarti
ché non osava guardare, ché
piuttosto avrebbe contato all’infinito.
***
Break up
Scomparsa dai messaggi ricevuti
Sei quel che rimane del giorno
nelle montagne senza neve
nelle parole nate morte
nel fango e nel silenzio.
***
Ho vissuto nove anni fuori da qui
Avendo vissuto nove anni fuori di lì
s’era accorto che gli mancava la voce,
come essere bambino.
Capì che le parole desuete
non bastavano a spiegare
e servivano altri nove anni
per esistere,
come pioggia che gonfia le falde.
Lavò via il passato
strofinando con cura.
Nel vestito di Natale
sul letto indurito dai sogni
si chiese dove dovesse andare
se il cielo è rotto e non si può riparare
se il tempo è il primo a perdersi.
Chi c’era al suo posto durante l’esilio
chi aveva pagato le sue tasse
chi aveva saltato dalle scale fiammanti
in sua vece
chi aveva leccato la salsedine
dalle statue di paese
e trattato gli scogli eroi.
Lo interruppe un languore di morti
Poi un sussurro udì
dalla gola spiegare
che non importava a nessuno.
Molto vitali questi versi che, come fili, intrecciano il passato e il presente delle nostre generazioni “a cavallo” tra mondi così differenti. Quasi a celebrare la conquista di un qualcosa di così inaspettatamente umano, forte, tangibile, che forse non è altro che la consapevolezza dell’effimero.
Grazie, Monica!