Italia Argentina ida y vuelta: incontri poetici, rubrica a cura di Silvia Rosa. Puntata IV.
ALICIA GENOVESE
La tua casa era una bolla di fresco cacciata dentro il fiato pesante di Buenos Aires – distante un gruzzolo di miglia dal tuo fiume – con un’architettura vegetale al centro, una zolla di patio in cui il ricordo evanescente dell’acqua si insinuava a ogni tuo richiamo, l’intonaco dei muri, là fuori, me lo immaginavo colorato del riflesso del Tigre quando sta di calma piatta con i tetti pastello delle case di villeggiatura a togliergli l’aria. Nascondersi un poco nel segreto di un altro destino, pensavo, mentre la voce della tua poesia cullava un pomeriggio intero, c’era rigore e quiete, l’ordine senza compromesso della natura che dice giorno e notte, che dice inizio e fine, quell’ironia pungente che invidio alle donne che sanno di essere l’altra metà di niente, tutto un cielo accogliente in cui partorire l’orizzonte della propria esistenza. Le domande che volevo farti davvero a un certo punto mi sono cadute dal grembo a una a una nel verde domestico della vegetazione che stava a fissarmi con una foglia puntata dritta al cuore, come un monito, “smettila”, diceva, “di nasconderti un poco nel segreto di un altro destino”, ma ascoltare crescere l’erba è un esercizio di precisione difficile e tra tutte le domande che ti ho taciuto volevo chiederti proprio come si fa, e poi domandarti quando sei tornata dalla bambina che eri al di là di quel ponte, quello che ha segnato i confini della tua infanzia, quali parole le hai sussurrato – rivedendoti una te stessa minuscola – perché ti perdonasse di essere andata via così lontano, perché lasciasse la mano di tua madre e stringesse con fiducia la tua… ma il rumore dell’acqua che scorre balza alla memoria quando te l’aspetti di meno, così la tua voce è diventata un vortice e poi più densa e ho pensato che ogni storia dovrebbe forse finire nel silenzio ovattato di liquido amniotico, coincidere con l’inizio, sciogliersi per abbracciare la terra e rifiorire di nuovo, un altro giorno con un altro nome, altrove, come le tue parole adesso, che ritornano dall’altra parte dell’Oceano, qui dove hanno radici. S.R.
BIOGRAFIA
Alicia Genovese è nata nel 1953 a Lomas de Zamora. Poeta e saggista, si è laureata in Lettere all’Università di Buenos Aires, completando gli studi negli Stati Uniti, dove ha ottenuto un “Master of Arts” e il dottorato di ricerca in Letteratura Latinoamericana. Risiede a Buenos Aires e insegna al Dipartimento di Letteratura dell’Università Kennedy. Organizza corsi di scrittura, laboratori di poesia e seminari in diverse zone del Paese. Per alcuni anni si è occupata di critica letteraria scrivendo per riviste specializzate e supplementi letterari, attività che talvolta continua a svolgere. In poesia ha pubblicato i libri: El cielo posible (1977), El mundo encima (1982), Anónima (Último reino, 1992), El borde es un río (Tierra Firme, 1997), Puentes (Tierra Firme, 2000), Química diurna (Alción, 2004), La hybris (Bajo la luna, 2007), Aguas (Del Dock, 2013) e El río anterior (Ruinas Circulares, 2014), che raccoglie una selezione di tutta la sua produzione poetica. È stata tradotta in inglese e francese. Per la saggistica ha pubblicato le opere: La doble voz. Poetas argentinas contemporáneas (I ediz. Biblios, 1998) e Leer poesía. Lo leve lo grave lo opaco (Fondo de Cultura Económica, 2011). Nel 2014 le è stato assegnato il primo premio al Certamen Internacional Sor Juana Inés de la Cruz per una raccolta poetica inedita, dal titolo La contingencia (Gog & Magog, 2015).
Il suo blog personale è “Química diurna”: http://aliciagenovese.blogspot.it/
TESTI TRATTI DAL LIBRO “AGUAS” (Acque)
(Del Dock, 2013)
Las aguas del poema
exigen más que pericia.
Abrir el pecho
empujando en círculos
los brazos. Las piernas
en ángulo de rana
y echar hacia atrás
lo que no acompaña;
acostumbrarse a perder,
avanzar
la única ganancia,
en el trecho ganado
lo que reconocerás,
mantener el pulso
y el calor.
*
Le acque della poesia
richiedono più che bravura.
Squarciare il petto
spingendo in movimenti circolari
le braccia. Le gambe
stile rana
e buttare indietro
ciò che non accompagna;
abituarsi a perdere,
andare avanti
l’unico guadagno,
nel tratto conquistato
quel che riconoscerai,
mantenere il ritmo
e il calore.
***
Me dejo estar en la ducha,
hago la plancha, floto
en el verano del río.
En diálogo con el agua tomo
las mejores decisiones.
En el agua pienso
en el agua descanso
encuentro
la boca blanda
hacia todas las cosas.
*
Mi lascio stare nella doccia
mi stendo di spalle, galleggio
nell’estate del fiume.
In dialogo con l’acqua prendo
le migliori decisioni.
Nell’acqua penso
nell’acqua riposo
ritrovo
la bocca tenera
verso tutte le cose.
DAL LIBRO “ANÓNIMA” (Anonima)
(Último reino, 1992)
ANÓNIMA
vete Federico a la cruzada
si regresas
asaré carne de venado
y sonreiré junto al fuego
al verte desgarrar
un muslo entre los dientes
tu barba crecida
con olor a pólvora
vete a mí me toca
raspar con arena
el tizne en la marmita
cuidar a los niños
de la fiebre azul
cuídate tu también
del escorbuto
ojalá tengáis tiempo
de inventar la penicilina
vete tranquilo
los hombres que se quedan
rimarán mi lamento
y mi dolor suspendido
de un gancho
como una res
o una brillante cacerola
*
ANONIMA
vattene alla guerra Federico
se torni
arrostirò carne di cervo
e sorriderò insieme al fuoco
al vederti strappare
una coscia con i denti
la tua barba cresciuta
che odora di polvere da sparo
vai via spetta a me
raschiare con sabbia
la fuliggine della pentola
curare i bambini
dalla febbre azzurra
riguardati anche tu
dallo scorbuto
spero troverai il tempo
di inventare la penicillina
vai via tranquillo
gli uomini che restano
metteranno in rime il mio lamento
e il mio dolore sospeso
a un gancio
come un pezzo di carne
o una lucente casseruola
DAL LIBRO “LA CONTINGENCIA” (La contingenza)
(Gog & Magog, 2015)
DOS CAMELIAS
Corté dos camelias, dos luces
en el verde oscuro
de apenas la mañana,
de la helada de julio
recién disipada.
Desde el frío del jardín
las traje,
blancas,
una tela antigua, un almidón
de niñez, para entibiar la mesa.
En un pétalo una marca
rojiza, una modificación
como una herida
entre el espeso blanco
y sus perfectas sombras neutras.
En cada camelia
una línea encarnada,
un roce de puñal
como todo lo hermoso
que da de vivir
y se desvía.
En cada flor abierta
su blanco,
un centro nuevo indesafiable
para el ojo dormido
cegado en lo mismo.
Camelias,
agua fría en la cara
del despertar.
*
DUE CAMELIE
Ho tagliato due camelie, due lumi
nel verde ombroso
di prima mattina,
della gelata di luglio
svanita da poco.
Dal freddo del giardino
le ho portate via,
bianche,
una stoffa antica, un amido
d’infanzia, per scaldare la tavola.
Su un petalo un’impronta
rossastra, un segno
come una ferita
tra il bianco fitto
e le sue perfette ombre neutre.
In ogni camelia
una linea color carne,
un graffio di pugnale
come tutta la bellezza
che genera la vita
e si ritrae.
In ogni fiore schiuso
il suo bianco,
un fulcro nuovo indomabile
per l’occhio sonnolento
accecato dal sempre uguale.
Camelie,
acqua gelida sul volto
del risveglio.
***
EL GRILLO DE LA FIESTA
Al final de la fiesta
un grillo sobre el mantel blanco.
No lo maten, es suerte
-dice la madre-
y una lluvia de pocas gotas
pone su halo en el amanecer.
El grillo con su flash sonoro
despide la noche
y el baile sigue
en las piernas quietas
como el fantasma
de una foto movida,
como una gasa que cae
electrizada sobre la espalda.
Quince años
tres deseos,
un pudor que la risa deshace
en el raso encendido,
en el bosque de los juegos
y los disfraces.
Primer despertar
con la bombacha manchada
y el sueño
que tardará toda la vida
en revelarse:
el río oscuro
de la atracción,
el follaje
de la entrega.
La felicidad
pegada al cuerpo.
Este grillo
es suerte.
*
IL GRILLO DELLA FESTA
A festa conclusa
un grillo sulla tovaglia bianca.
Non uccidetelo, porta fortuna
-dice la madre-
e una pioggia di poche gocce
stende il suo alone sull’alba.
Il grillo con il suo flash musicale
saluta la notte
e il ballo continua
sulle zampe quiete
come il fantasma
di una foto mossa,
come un velo che cade
elettrizzato sulla schiena.
Quindici anni
tre desideri,
un pudore che la risata scompone
nel raso eccitato,
nel groviglio di giochi
e di maschere.
Primo risveglio
con le mutandine macchiate
e il sogno
che tarderà tutta la vita
a rivelarsi:
il fiume torbido
della seduzione,
la selva
della resa.
La felicità
incollata al corpo.
Questo grillo
porta fortuna.
***
SEMBRAR PARA QUE EL PASTO CREZCA
Semillas en una curva de viento
echadas sobre la tierra removida,
aleatorias, inestables
en el agua de riego,
encharcadas por los aspersores
presentidas por las torcazas.
Con su margen de pérdida
vendrá el verde para justificarme;
ya está aquí lo que será.
Lo que fuere sale
de mi mano en círculos.
En círculos como una rogativa
para el agua y la tierra.
Vendrá el verde
para abrir el delirio
con su piel de claroscuro,
con su ráfaga implacable
arrasará lo infértil y el perdón.
La ofensa,
la culpa serán
absorbida hojarasca,
fruto escocido
que la tierra enfría.
Vendrá el verde
con su sed
para que brille, otra vez
lo que se ignora.
*
SEMINARE PERCHÉ L’ERBA CRESCA
Semi in una piega del vento
gettati sulla terra smossa,
precari, instabili
nell’acqua dell’innaffiatoio,
infangati dagli irrigatori
fiutati dai piccioni.
Con il suo margine di spreco
verrà il verde a scusarmi:
è già qui ciò che sarà.
Qualunque cosa sia lascia
la mia mano in circoli.
In circoli come una supplica
all’acqua e alla terra.
Verrà il verde
per dare inizio al delirio
con la sua pelle chiaroscura,
con la sua raffica implacabile
ad annientare infertilità e perdono.
L’offesa,
la colpa saranno
ciarpame buttato via,
frutto infiammato
che la terra rinfresca.
Verrà il verde
con la sua sete
perché risplenda, un’altra volta
ciò che ignoriamo.
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[Traduzione di Silvia Rosa]http://irisnews.net/alicia-genovese/