La città inventata, di Maurizio Evangelista, edizioni Secop, 2015. Note di lettura in forma di lettera di Paolo Polvani.
Caro Maurizio,
ho ricevuto e letto più di una volta il tuo bel libro di versi. Ti ringrazio per la fiducia, ti sottolineo però che non sono un critico, non ho alcuna competenza specifica, se non la passione per la scrittura e la mia personale, limitata esperienza. Ti scrivo di seguito quanto la lettura dei tuoi versi mi ha suggerito, prendilo come un’idea di poesia molto soggettiva, legata al mio gusto e alla mia inclinazione. Complimenti per il titolo! davvero accattivante. Sono tanti, troppi, quelli che si affidano a titoli superficiali, scelti senza alcuna tensione, che a volte depistano sul contenuto del libro, o almeno non aiutano a centrarlo. Il titolo dobvrebbe essere una specie di indicazione segnaletica: si va di qua! Ho sempre preso i titoli dei miei libri dagli stessi versi, ce n’è sempre qualcuno che racchiude, sintetizza l’intero discorso. E il tuo mi sembra ed è un bel titolo.
Uno dei problemi della poesia è quello della riconoscibilità. Nel senso: di cosa parla questa poesia ? che aderenza ha con la realtà? Molte volte resto spaesato dai versi, non capisco bene, non afferro di cosa si stia parlando. La poesia dovrebbe essere al contrario un evidenziatore della realtà, far risaltare le cose, sottolinearle con la forza delle parole, renderle brillanti. Ora non mi riferisco semplicemente alla realtà fenomenica, mi sta bene anche la realtà dell’invenzione, l’importante è che le parole non diano retta a una evanescenza incomprensibile. Non conosco molto bene la poesia brasiliana, ho letto solo alcuni autori, ma mi hanno sempre colpito per i temi concreti, tattili, direi persino vili se l’aggettivo non tendesse a sminuire, a svalutare. C’è una bellissima poesia di De Andrade sul prezzo dei fagioli, sempre sua una poesia sul culo femminile. Mi sembrano temi molto umani, che abitano il nostro immaginario, in cui possiamo riconoscerci con facilità. Di Ledo Ivo ricordo una meravigliosa poesia dal titolo: I poveri alla fermata dell’autobus, prova a cercarla in rete, la troverai facilmente, il libro è edito dalla casa editrice di casa della poesia, di salerno, non ricordo esattamente come si chiama, ed è tradotto da vera lucia de oliveira che è una meravigliosa poetessa brasiliana che vive e insegna a perugia, con la quale siamo amici da parecchi anni. Scusa la lunga introduzione, è che volevo dirti che delle tue poesie mi sono piaciute soprattutto quelle che spiccano per un alto grado di riconoscibilità, per esempio quella i cui primi versi recitano: giorni di spilli e di bottoni pendenti…e per lo stesso motivo quella sulle cose, che stanno lì ad aspettarci, non sanno starci lontane. Piaciuta anche Una città inventata, con belle immagini, soprattutto quel fiume azzurro lungo la linea ferroviaria. Inoltre l’idea che suggerisce è quella di uno spazio che non c’è, che si vorrebbe, apre alle porte del desiderio, dell’utopia di cui spesso la poesia si fa portatrice. Anche Il tempo è una poesia veloce, agile, che dice bene quello che vuol dire! soprattutto parla di cose che abitano vicino a noi, possiamo vedere, toccare, riconoscere. Questa che segue è una delle sequenze che mi è piaciuta di più, rivela una buona mano, una capacità compositiva di buon livello:
ma tu nel
buio
sveli di me
quella piccola porta
sulla città
che mi abita dentro.
(non so se nella trascrizione ne ho alterato la struttura…)
Piaciuta molto anche Restare qui, con quel verso centrale che apre alla desolazione della verità: siamo fatti per sparire, io e te.
Trovo che Lui fuma sia forse la più riuscita, compiuta delle poesie della raccolta. Mi sembra un piccolo gioiello, non c’è una parola di troppo, conosce la misura e la sobrietà, che sono categorie connesse alla poesia in maniera indissolubile. Leggendo inoltre mi complimento con te per l’uso degli aggettivi. Sugli aggettivi è facilissimo scivolare, bisogna davvero avere un olfatto sviluppato per non farsi tentare da aggettivi roboanti, eccessivi, retorici; uno dei sistemi più efficaci per misurare la capacità tecnica di un poeta è analizzare la qualità e la quantità degli aggettivi. Mi sembra quasi un manifesto programmatico Poesia, dove quel nuovo giardino auspicato non è altro che il nuovo mondo che nasce nuovo e buono dai versi di una poesia. Tra quella che più mi sono piaciute c’è questa:
VOGLIO GUARDARTI
voglio guardarti a quest’ora del giorno e mettere puntini
su ogni cosa che tocchi:
le tende, gli armadi, le cornici sui muri, mentre il sole tramonta
e il freddo viene avanti e ritorna.
Piaciuta anche questa combinazione: affollate di matti / che si mangiano il cuore, in una delle prime poesie. Non so se tu hai mai letto Lettere a un giovane poeta, di Rilke. Se non l’avessi letto te lo consiglio vivamente, cerco di rileggerlo ogni tanto, contiene spunti, riflessioni, suggerimenti meravigliosi per chi scrive poesie. In definitiva Maurizio, la strada è quella giusta, sei giovane e non avere fretta, c’è, sempre di Rilke, una bellissima frase, che cito a memoria e quindi sicuramente sbagliando qualcosa, dice che la poesia non è sentimento, ma esperienza, e che bisogna aver visitato molte città per scrivere anche un solo verso, e aver amato persone e animali, e trascorso notti d’amore, e poi bisogna dimenticare tutto questo e lasciare che a volte riaffiori in noi. Mi sembra un concetto illuminante, in effetti le poesie nascono da avvenimenti, da incontri, da fatti concreti. Conta molto la sagacia tecnica, la capacità di destreggiarsi bene con le parole, di saperne soppesare i colori, i suoni, il peso specifico all’interno di un verso, e questo viene solo con l’esperienza, con l’applicazione, con tanti sbagli, tanti ripensamenti, tanti percorsi e esperimenti. Consolati che non c’è mai un punto d’arrivo, un momento nel quale puoi affermare sono arrivato, ho creato una buona poesia! Il mio piccolo suggerimento è di non essere mai soddisfatto di quello che scrivi, di mettere sempre tutto in discussione, questa è la strada certa per migliorare. Considera che nessuno di noi raggiungerà mai fama né alcun vantaggio di qualsiasi natura con la poesia, e in virtù di questo siamo liberi di tentare tutte le strade che vogliamo, è la libertà che ci regala la poesia. Quindi buon lavoro!
Paolo