La leggerezza del poeta “migrante” di Pina Piccolo

La leggerezza del poeta ‘migrante’: appunti per approfondire le indagini sulla specificità dell’apporto dei poeti e delle poete stranieri che scrivono in italiano, di Pina Piccolo.

                                                                                                                                                        

   

Seppure possa apparire strano avviare considerazioni su poesia, migrazione e mondializzazione in Italia partendo da un evento in superficie estraneo al mondo della poesia e dell’attualità italiana, non riesco a non cogliere una certa poeticità nella ‘occasione’ dell’inaugurazione in questi giorni di un sindaco di New York di origini italiane, di promettenti vedute e con un simpatico figlio a cui ha dato il nome Dante. Invece del severo profilo fiorentino, grazie alle radici africane della madre, questo giovane dal poetico nome sfoggia un ampio e folto Afro, come non si vedevano più dagli anni 70 del secolo scorso. A parte il richiamo esplicitamente poetico del nome, c’è una certa poesia in queste immagini che ci parlano di questo millennio e dei semi che sono germinati,  dopo aver attecchito in uno humus preparato dal secolo scorso. A mio avviso questo è un discorso che ha profondi, sotterranei collegamenti con evoluzioni in atto oggi anche in Italia, e che hanno un impatto sulla poesia  anche se a volte stentiamo a decifrarne i contorni.

A farci da guida per questi meandri poetici  potrebbe essere d’aiuto una figura che non ha pubblicato mai un verso ma che ha grande autorevolezza nel paesaggio intellettuale e letterario italiano e internazionale e la cui mancanza avvertiamo in queste confuse stagioni: Italo Calvino. Spesso in questi tempi, quando cerco di individuare quell’angolo di mondo che inferno non è per tentare di strapparlo all’inferno e coltivarlo, mi vengono in mente le caratteristiche che poco prima di morire Calvino aveva individuato come auspicabili per la letteratura del 21esimo secolo: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità (e consistenza, l’ultima qualità per cui non aveva fatto in tempo a scrivere la “lezione”). Tempo fa  avevo analizzato come queste qualità si manifestavano nello scrittore italiano Gianni Celati e richiamandole adesso non posso fare a meno di notare che molte di queste qualità sembrano esplicitarsi negli apporti di molti degli scrittori di origine straniera che scrivono in lingua italiana (come ha anche notato la studiosa Rosanna Morace). Mi chiedo quindi se Calvino  fosse ancora in vita con che occhio giudicherebbe i loro contributi,  visto che nel 1985, l’anno della sua morte, il fenomeno era solo agli albori.  Comunque in sua assenza, vi è stato un fiorire di critici, studiosi, accademici e operatori culturali che negli ultimi 20 anni hanno non solo notato l’importanza di quella letteratura, il suo potenziale di rinnovamento e rinvigorimento della letteratura italiana, ma hanno anche affinato gli strumenti critici per analizzarla in maniera metodica e rigorosa. Per quanto riguarda la poesia, a parte articoli in riviste cartacee e online, una prima, sistematica analisi di alcuni di poeti e poete di origine straniera che scrivono in italiano è stata fornita nel 2006 dalla critica e poeta Mia Lecomte nel suo libro “Ai confini del verso. Poesia della migrazione in italiano” che raccoglie in maniera sistematica e aggiornata, con tutti gli approfondimenti critici, la produzione poetica italofona di venti voci da diversi paesi del mondo “per suggerirci nella nostra lingua l’avanguardia della nostra poesia.”  Da alcuni anni la stessa ha messo a frutto le sue considerazioni critiche trasformandosi in ideatrice e organizzatrice de “La Compagnia delle poete” che raggruppa un certo numero di poete straniere in spettacoli di poesia performata in italiano, accompagnata da musica, facendole conoscere in molte parti d’Italia.  Nel 2012, la studiosa Rosanna Morace nel suo libro “Letteratura-mondo italiana” dopo aver fatto il punto sullo stato degli studi della letteratura di scrittori stranieri che scrivono in italiano e aver preso posizione per un loro inquadramento all’interno del  concetto di letteratura-mondo elaborato da Edouard Glissant ha notevolmente contributo a delineare alcune caratteristiche che accomunano la produzione letteraria soprattutto di scrittori stranieri italofoni di prosa concentrando la propria attenzione sul loro multilinguismo, la focalizzazione multipla e plurilinguismo, e la loro vocazione e maestria nella creazione di generi ibridi. Non si è purtroppo soffermata in maniera approfondita sulla poesia che rimane quindi un vasto territorio di indagine.

Collins_Anna_Nina3Basandomi sulle mie esperienze dirette con poeti di origine straniera con cui collaboro da diversi anni, tra cui Hamid Barole Abdu, Julio Monteiro Martins, Christiana de Caldas Brito,  Antar Mohamed Marincola, Idriss Amid,  Gassid Mohammed, Livia Bazu, Brenda Porster, Rina Xhihani e Rosana Crispim da Campo,  approfitto di questo spazio gentilmente concesso da Versante Ripidi per offrire alcune mie considerazioni su quale terreno potrebbe essere utile esplorare nell’analisi di poeti stranieri italofoni, per capire lo specifico del loro contributo oggi in Italia a una forma artistica che potrebbe essere dispiegata a difesa e accrescimento di un senso dell’umano che negli ultimi anni è assediato in maniera pervasiva da forze contrarie.

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In Europa la letteratura ha rivestito un ruolo di grande importanza  nella creazione di ideologie e schemi identitari che hanno notevolmente contribuito  alla formazione di una “identità nazionale” specialmente tra gli intellettuali e le classi più agiate, all’epoca della formazione degli stati-nazione,  processo durato un certo numero di secoli  a seconda del paese (in questo contesto potrebbe essere interessante  indagare certe debolezze del caso italiano, il perdurare della “questione della lingua”,  l’esistenza storica al suo interno di forme diverse di “Stato” e di nazione). Oggi che la stato-nazione a livello mondiale subisce grandi tensioni sotto la sforzo dei cambiamenti dell’assetto economico produttivo della globalizzazione e  si sta sfaldando,  l’Italia potrebbe costituire un interessante osservatorio dal quale discernere quali contributi, tensioni, sforzi, pressioni vengono esercitati dall’entrata in campo di “scrittori stranieri” nelle loro più variegate accezioni.

Prendendo come punto di partenza il concetto di straniamento  elaborato dal critico russo Viktor Sklovskij cercherei di analizzare quello che accade all’interno del mondo creato dal testo poetico tenendo presenti i fattori di cui sotto: 

1)      Quali modalità con cui  lo straniero “defamiliarizza” il mondo lo rendono diverso dalla “defamiliarizzazione” del mondo operata da uno scrittore autoctono?

2)      In che modo incidono le esperienze di vita che attraversa uno straniero ”anagrafico” rispetto a un artista che potrebbe sentirsi “estraneo” alla società in cui vive? Cioè vi sono elementi che accomunano gli stranieri nella marginalità rispetti a poeti autoctoni marginali?

3)      Quali sono gli aspetti linguistici che contribuiscono allo “spiazzamento”?  Come influiscono le intraducibilità ( vedi Lotman), come si manifestano in un testo poetico?

4)      Che impatto hanno le provenienze, diciamo di  poeti che si spostano all’interno di un paradigma “occidentale”  rispetto a chi proviene da paradigmi africani, asiatici, indigeni? Considerare gli aspetti del ritmo, dell’oralità.

5)      Quali sono le differenze più rilevanti  nel modo in cui sono stati integrati o non integrati gli scrittori italofoni in Italia rispetto agli scrittori stranieri in altri paesi?

Spostandoci dal concetto di “straniamento” verso quello di “slittamento” (concetti esplorati da Jakobson, Lotman e Genette), esplorare quale impatto possono avere gli slittamenti per contiguità (direttrice metonimica), similarità e contrarietà (direttrice metaforica).

  1. Lo status di straniero porta ad elaborazioni particolari di tali slittamenti rispetto agli autoctoni?
  2. I poeti che vivono a lungo in un’altra nazione tendono a produrre metafore e metonimie miste?
  3. Si può “misurare” un affievolimento dell’influenza del mondo del paese di origine dopo molti anni trascorsi nel nuovo paese giudicandolo dalle metafore e metonimie prodotte? Esistono diversi stadi di un processo di integrazione a livello di immaginario?
  4. In che modo può  la globalizzazione culturale aver influito sulla produzione di immagini che vengono a loro volta elaborate per formare un mondo poetico?  Per esempio, una produzione poetica come quella di molti paesi arabofoni e di area persiana molto ricca di immagini in che modo è stato modificato dalla centralità dell’immagine nel modo moderno e come si trasforma  quando un poeta di quelle tradizioni  scrive in italiano?
  5. Che peso ha la poesia italiana delle origini e quella contemporanea nel plasmare il mondo poetico e la produzione italofona dei poeti di provenienza straniera?
  6. Quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi di Internet e delle telecomunicazioni  nel senso di mantenere vivo un contatto con il paese di origine rispetto a quello che accadeva a scrittori che in passato si erano insediati in un altro paese e non riuscivano a mantenere i contatti  con il paese di origine?

Partendo dalla felice intuizione dello scrittore e studioso Julio Monteiro Martins riportata nel libro di Rosanna Morace che lo scrittore straniero dopo aver soggiornato a lungo in un altro paese perde il rapporto usuale  con la madrelingua e ne instaura uno di “sorellanza” con la lingua del paese in cui vive che ne determina un risuonare diverso rispetto alla lingua degli autoctoni:

  1. A livello di suono, ritmo, silenzi che cosa sono in grado di risvegliare sia in chi li ascolta sia in chi li legge? Vengono recepiti in maniera diversa dagli autoctoni rispetto a da chi è straniero?
  2. Che implicazioni ha questa differenza rispetto a un eventuale  stimolo  ‘partecipativo’ da parte di chi ‘riceve’?
  3. Si può partire da queste differenze per arrivare a delle considerazioni sull’importanza dell’elemento orale della poesia per un recupero dell’oralità  persa della poesia italiana delle origini e dei generi popolari  con commistioni di generi poetici ‘importati’? 
  4. Considerazioni pratico-sociologiche: che impatto ha sul poeta straniero che scrive in italiano la difficoltà di trovare un pubblico di lettori visto lo spazio ristretto che riesce a ritagliarsi in Italia la poesia  e i problemi di accettazione  di una produzione spesso considerata “innatamente” minore perché spesso elaborata da poeti provenienti da zone considerate poco “prestigiose” dagli italiani?
  5. E’ possibile andare oltre “l’esotismo” evocato da produzioni di stranieri e arrivare a concetti di “reciprocità” specialmente negli scambi tra poeti?
  6. Quali possono essere ulteriori difficoltà da affrontare per poeti provenienti da aree un tempo colonizzate dagli Italiani?
  7. Viste le difficoltà a livello di editoria e distribuzione  e la nascita negli ultimi anni di case editrici fondate da stranieri proprio per sopperire alla mancanza di case editrici italiane disposte a pubblicare  autori stranieri italofoni,  quali potrebbero essere i modi per abbattere le barriere e gli ostacoli  e integrare meglio questa produzione all’interno di quella italiana scritta da autoctoni?
  8. In che modo si possono abbattere le barriere e integrare meglio lo studio di testi di poeti italofoni da parte di critici e come parte della letteratura italiana, non relegandola alla nicchia di “letteratura migrante” o minore?

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