La morte è irrevocabile? editoriale di Stefano Iori

La morte è irrevocabile? editoriale di Stefano Iori

 

   

1 Ad ogni trapasso, deperiscono e si disperdono le parti di noi che erano immerse in coloro che ci hanno lasciati, negli amori infranti o esausti, nei desideri non appagati, nelle fantasie negate. Portiamo il lutto per noi stessi, in verità, per ciò che perdiamo ogni giorno.
Così i vivi sono costantemente in balìa del vortice cupo del cordoglio.

2 Passiamo ora al pensiero creativo che anima la letteratura e la poesia: un cambio di registro.

2.1 “Amore, vita, miseria, malattia – tutto è temporaneo. Anche la morte. Niente è permanente, perché la vera natura dell’esistenza è immersa nella mutevolezza. …tutto è temporaneo, niente è irrevocabile”. Così scrive Ofir Touche Galla, romanziere israeliano, nel suo racconto La fabbrica del capro espiatorio pubblicato nel volume antologico Ebrei contro zombi (Acheron Books, 2018). Il titolo della raccolta è effettistico, per una scelta dell’editore, specializzato nel genere fanta-horror, e mira esplicitamente al pubblico di settore, ma non lasciamoci trarre in inganno. L’approccio letterario ebraico al genere zombi è sorprendente, reinterpretato con raffinatezza e profondità rispetto ai canoni di George Romero. Solo nel dire di una novella su otto si può tirare in ballo la parola paura. I racconti sono delicati e stranianti, pregni degli esiti di sacre letture, spesso riflessivi. Prova di questo è la tesi letteraria della temporaneità del morire cui si faceva cenno all’inizio: affascinante. Se tutto passa e va, perché la morte non dovrebbe essere anch’essa provvisoria?

2.2 Non ho scovato significativi riscontri scientifici circa l’ipotesi di cui sopra che tuttavia, almeno in ottica letteraria, mostra vivacità sorprendente. Tale intrigante visione, andando indietro nel tempo, trova autorevole contraltare nella lettera che Albert Einstein scrisse nel 1955 alla sorella e al figlio di Michele Besso, suo caro amico e collaboratore, da poco defunto. Einstein, nel testo, sostiene (e suggerisce) in merito all’idea di morte, che “la separazione tra passato, presente e futuro ha solo il significato di un’illusione”. Ma poi aggiunge: “per quanto tenace”. La semplice tenacità dell’idea di morte definitiva, però, non esclude che la morte stessa sia illusione. Forse proprio a questo alludeva il grande fisico. Da qui l’apertura a un futuro altro, da intendersi alla luce dell’altrimenti, proiettato in un altrove.

3 I defunti, in letteratura, possono vivere altrimenti e non credo che ciò dipenda solo da un’altra tenacità, quella della memoria di chi resta al di qua del velo. C’è infatti la variabile dell’invenzione, della ricreazione della realtà stessa al di fuori della prospettiva degli atomi. La scrittura può essere efficacemente illogica, può travalicare il tempo, circolare o lineare che sia. In letteratura si può parlare e interagire con fantasmi, zombi e spiriti.

3.1 Omero fece discendere Ulisse nell’Ade. Era l’avvio della catabasi, motivo forte della letteratura antica. Più tardi Virgilio, nel libro VI dell’Eneide, condusse il proprio eroe nell’oltretomba e Ovidio narrò di Orfeo che scese fino allo Stige per reclamare la sua Euridice uccisa dal veleno di un serpente. La poesia sorpassa e trapassa i confini della morte, lo confermò, secoli dopo, Dante Alighieri, dicendo del suo viaggio nell’aldilà che lo portò a scendere nel buio seno della terra a incontrare anime non più viventi, sia del mito che della storia, oltre i confini del tempo. L’ultima soglia è stata declinata, nel vortice dei secoli, con prospettive differenti se pensiamo anche ad autori più vicini a noi, quali Mary Shelley, Charles Dickens, Bram Stoker, Howard P. Lovecraft poeta.

3.1.1 Fantasie, ambizioni illogiche, speranze esagerate, deliri di ricerca, elaborazioni immaginifiche, sogni (e incubi) che tuttavia hanno dato corpo a opere d’arte immense: vere, concrete, efficaci.

4 L’oltre, l’altrove e l’altrimenti sono semi curiosi, nascosti nella (in)coscienza di ciascuno. La letteratura e soprattutto la poesia sono gli idiomi perfetti per raccontare del frutto che nasce da tali germi, del farsi silenzioso ma esplosivo di questi embrioni di stranianti superamenti e trapassi. La poesia gioca con la parola ridefinendo all’infinito l’universo intero. È tenzone aliena, fulgida lotta, danza estrema in cui non c’è paura di confrontarsi con la Parca dalle forbici affilate né con Kronos.

4.1 Per gli antichi greci c’erano tre modi di indicare il tempo e altrettante personificazioni più o meno divine: Aion, Kairos e Kronos. Il primo rappresenta l’eternità, l’intera ampiezza del vivere, è il divino principio creatore, eterno, immoto, inesauribile; Kairos indica il tempo opportuno, il momento propizio, la buona occasione. Kronos è specchio del tempo nelle sue dimensioni di passato, presente e futuro, lo scorrere delle ore, il flusso della vita fra nascita e morte.

4.2 Alludendo a Kronos Platone scrisse: “la lunghezza degli anni può cambiare nomi, forme, natura e fortuna”.

4.2.1 E siccome alla fin fine tutti ci confrontiamo col morire, c’è da chiedersi, con Platone: muore chi nacque o muore chi ha trascorso tutta una vita cambiando pelle e mutando idee?
E poi aggiungo: quante trasformazioni avvengono nel corso di un’esistenza?
La morte è solo l’ultima che riusciamo a concepire?
Potrebbero esserci altre mutazioni, altre vite?
Sarebbe possibile parlare con i trapassati?

5 “Ero nulla prima di nascere” disse il discepolo. Dal suo sguardo trapelavano frenesia e gioia.
“E così vorresti dire del Nulla” sentenziò il maestro.
“Fallo finché sei in questa vita, però” aggiunse il saggio dopo aver sorriso “perché ciò che farai non potrai portarlo con te nella prossima”. Ogni vita merita ascolto, coraggio, responsabili risposte e tutti i sogni immaginabili.

       

The mother, Bouguereau vs Ksenja Laginja, 2019

 

 

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