La rubrica di Arturo Martinelli: tentativi per una pseudo pedagogia poetica del cavolo.
Continua la rubrica di pseudo pedagogia poetica di Arturo Martinelli, agricoltore di Termoli con la passione della poesia, specializzato nella coltivazione di ortaggi e che per questo si definisce un poeta del cavolo.
Arturo continua anche in questa puntata ad elargire consigli in versi a chi intende mettersi in marcia lungo l’impervio cammino della poesia.
Consigli espressi con ironia , che hanno lo scopo di aprire uno spazio di riflessione ed auspicabilmente un dibattito, più che ambire a costituire articoli di un improbabile e non richiesto codice della poesia.
Quindi opinabili e confutabili consigli elargiti per restituire leggerezza alla poesia.
Qui il consiglio di Arturo è di restituirci un mezzo litro di verità.
Lettera ai poeti del corto circuito
Sì, ai poeti che fanno la spola
tra un abbandono d’amore e un palpito
della mamma, tra le fitte rughe
della medesima e le sponde dell’amor sublime,
mai eretici, mai problematici, sempre stretti
al sentimento calligrafico, alla scrittura
di conforto, al tre camere e cucina
dell’anima ammobiliata, ai doppi servizi
dell’amor divino e dell’amor terreno, avvezzi
ai luoghi frequentati dalle masse, alle fosse
comuni, col ciglio umido e le mani
non sempre, non affatto pulite, diteci poeti
del corto raggio qualcosa di veritiero, qualcosa
che faccia arrossire il foglio, diteci che quella mamma
amata l’avreste, talvolta, volentieri trucidata,
e quel babbo dal baffo buono scaraventato
per le scale, una volta sola, sia chiaro, diteci
che il massacro del diverso sarebbe per voi una bella festa.
L’anima che tanto amate non è un luogo lucidato
a cera, la luna non vi si specchia, mostrateci
un mezzo litro di verità, non tanta, che possiamo
rallegrarci di non esser soli, in mezzo al popolo
dei poeti con le alucce bianche.
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Foto di testata: Roberto Landi – Namibia
Caro Arturo, la tua poesia mi piace sempre molto anche alla terza o quarta lettura.
In riposta ti regalo questi versi di Simone Cattaneo, purtroppo scomparso, che ovviamente non era un poeta del cavolo
Ciao e grazie ancora
luigi38
Gli amici si sposano, finiscono in qualche comunità riabilitativa non ben definita,
diventano dottori in legge, spacciano, pretendono il 41bis e
tu speri che qualcuno ti possa lasciare a marcire in una discarica
abusiva per uno sguardo sbagliato o un giro sfortunato
come fosse questa la costante stella cometa che indica la tua schiena
ma non c’è da stare male, nessuna donna ha annegato
il suo bimbo nella lavatrice in questo momento, nessun uomo
dagli occhi a spillo mi può fare evaporare come acido inaridito
a questa ora della sera.
Mi piace la tua poetica del cavolo, E mi piace la tua poesia perchè contiene più di mezzo litro di verità. 🙂
bella poesia, che la dice tutta e anche un po’ più in là …
condivido pienamente il pensiero espresso
Salutare la tua “poesia”, è da divulgare come insetticida, come recinto, come limite che serva a distinguere, non la poesia vera da quella che vera non è, ma quella che, partendo dalle vene e dai fegatelli, arriva al cervello e, da qui, dopo aver preso forma, si trasmette all’inchiostro.
Ma resto convinto che la poesia, come la musica e ogni altra forma di arte è poiesis, escrezione, o ognuno espelle quello che sa produrre, mica altro … e poi, la poesia è di chi ne fruisce, di chi ne gode (o ne soffre)…
Esistono grandi poeti dell’anima e degli affetti, grandi poeti politico sociali, grandi poeti dissacratori e “maledetti” o “edificanti” … che hanno ricevuto, a prescindere dai contenuti (che la poesia è anche forma, ars combinatoria nella quale le parole collassano subendo inauditi slittamenti semantici ..) un riscontro universale. Quelli ai quali il tuo tagliente e dotto e simpatico pistolotto poetico è rivolto sono tutti gli altri, quelli che “compongono” considerando la poesia solo un’esercitazione cerebrale consistente nel mettere in strofa i contenuti più banali. E son legione.