L’abito della vita di Enzo Santese, Medianaonis ed. 2016, recensione di Alessandra Cerminara.
Chi si accinge a leggere i ben misurati versi di Enzo Santese ha l’impressione di trovarsi in un quasi paradiso dantesco, sebbene terreno ed “esistente”, di luci, colori, suoni, sorrisi che sbocciano e si dispiegano, a rivelare l’arcano e variegato intreccio de “L’Abito della Vita”, titolo dell’opera. Il soffio vitale che anima questa trama è scandito ora “in battere”, ora “in levare”, connotati che non possiedono soltanto una mera accezione metrico-ritmica, ma rimandano ad un significato più profondo che ha a che fare col respiro interiore: in battere quando piega verso l’oggi e la concretezza; in levare quando si gonfia verso l’alto e il domani, alimentato dall’attesa e dalla speranza. Il multiforme ingegno di Enzo Santese, critico d’arte, narratore, saggista, traduttore di classici latini e greci, si riflette in questa bella raccolta poetica che spazia con agile sicurezza dal classicismo ad una sensibilità più moderna. Al lessico ricercato e composto si mescolano termini contemporanei e talvolta inusuali, come “pixel”, “poke”,“monitor”, “afrori”, “bugie artiche”, che non costituiscono mai una brusca inversione di registro, ma un ingrediente sapientemente dosato. Dirompente è l’uso della parola musicale che, dalla solida impalcatura classica, scivola compiaciuta verso una più raffinata sensualità:
Nel brulichio confuso
di parole addensate nella logica
di un festoso desinare,
ci ritroviamo nell’allegria
connessa alla volontà d’incontro,
dove l’amica è tale oltre l’accento
di seduzioni tenui, come veli
di fantasie affidate al vento
d’una follia leggera
…
Tra i piatti che parlano di tartare
e condimenti ricercati,
fluttua il respiro di creatura
pronta a farsi conoscere
per gradi, come vino centellinato
…
L’allitterazione di sibilanti, l’abbondanza di sinestesie rievocano atmosfere dannunziane in cui la sera, musa ricorrente nei versi di Santese, non induce alla meditazione, ma piuttosto ad un’ esperienza estetizzante in cui avvolge e accarezza con la sua seducente frescura calici, vivande, parole e convitati:
La brezza leggera di una sera d’agosto
Illude una morsa di calore meno intensa,
La piscina accenna a desideri di frescura
Nelle bibite che corrono in mani capaci
e ai vini che riempiono calici impreziositi
dai consigli del maitre,
dosati a più riprese nell’orchestra
di vivande che esaltano la voglia di
restare insieme nella festa e nella poesia.
I tavoli si specchiano nell’acqua,
il cielo illumina un tintinnio di calici
che invitano alla poesia del vino
in una serata di ritmi leggeri
come piume di felicità
librate nell’aria di Rossini,
strofe di sapori e cadenze d’aromi
riempiono l’aria e colorano i sorrisi
di convitati dialoganti in allegria.
Nell’Abito della Vita il poeta si fa “veggente” e coglie lo straordinario nell’ordinario. Il verso diviene strumento di conoscenza che penetra il velo dell’apparire, per cui anche la fredda e grigia luce di un monitor diviene occasione di estasi:
Nella luce di un monitor
esplodi col tuo sorriso
in mezzo a nugoli di parole,
fantasmagorie d’immagini,
fisse nel tempo del nostro esistere,
con un pensiero all’orizzonte
dove siedono desideri
sopiti nell’attesa di verità.
La forza dei versi di Santese consiste nel derivare la poesia proprio da ciò che per sua natura è impoetico: gli eventi del reale e la routine quotidiana. E’ la peculiarità che Auerbach, nel suo celebre saggio “Studi su Dante”, riconosce al poeta fiorentino, celebrandone la superiorità rispetto agli altri stilnovisti, in cui la freddezza concettuale ostacola la forza del concreto. Non a caso fanno da introduzione alla raccolta i versi scespiriani “Questa nostra vita, libera da ogni volgare contatto, trova lingue negli alberi, libri nei ruscelli correnti, sermoni nelle pietre, del bene in ogni cosa”. La poesia non risiede in un lontano iperuranio, ma è insita nel mondo reale:
Mi sono svegliato al canto
del gallo che ritma i passi dell’alba
con gorgheggi acuti che dicono
trame notturne sulla pianura
battuta da una pioggia insistente.
…
Guardo la panca inclinata
e sembra la mia volontà
di scivolare verso il riposo
…
Alla fine il compromesso
mi rende felice,
non evito l’attrezzo
ma lo abbraccio per dirgli
l’affetto di un pomeriggio fiacco
per impercettibile slancio
al movimento consueto.
Anche la “poetica degli oggetti” trae linfa dalla quotidianità. Una moka, una tazzina di caffè possiedono, per quanto nascosto, un potenziale poetico.
La fiamma accarezza
la moka che ribolle
di un profumo amico
…
L’aroma caldo si sparge
sui nostri sorrisi che parlano
di volontà di sguardi
…
Nel fondo di una tazzina
lo sguardo fissa granelli
di un futuro scritto apposta
per illudere approdi di felicità
incisa nelle tessere del nostro mosaico
ispirato a orizzonti dove
si attenua il fuoco dell’ansia
e si dilata il contorno di viste
opache simili ai sogni.
Dopo essere sprofondata nella contingenza, la parola si eleva e vola alto. Ma “alto” deve essere inteso nella sua accezione latina di “profondità” oltre che di “altezza”: la poesia penetra, affonda nella realtà, tanto da divenire suo sostrato e in quanto sostrato la precede; ma nello stesso tempo la supera, fino a trascenderla. Dunque, la precede e la trascende. Si tratta di quel percorso ascensionale, di quel viaggio interiore che fa dire a Mario Luzi in “Vola alta, parola”: “cresci in profondità….non arrivare/ ti prego, a quel celestiale appuntamento/da sola, senza il caldo di me/o almeno il mio ricordo”. Priva di poesia la realtà rimarrebbe materia morta, povera di significato. Ma come in ogni opera d’arte che si rispetti il vigore realistico sfuma nel vago e nell’indeterminato, alimentati dall’immaginazione:
Sguardo vivo e luce intensa,
ascolto parole senza voce
auspice un monitor che taglia distanze
e alimenta aneliti di prossimità.
Calda è linea di contatto
che attiva fantasie e lievita magie,
l’unico modo per mandare carezze
restano i “poke”,capaci di assorbire
la voglia sciogliere il mistero
…
L’immaginazione tuttavia, fonte a cui attinge lo spirito creativo e che sfuma i contorni, non coincide come la fantasia con l’inventiva, ma piuttosto con la capacità di cogliere attraverso l’occhio interiore il compimento delle cose, la loro piena fioritura; non è fuga dal reale, ma immersione e penetrazione del reale:
Leggo nella trasparenza di sorrisi
il riflesso di un moto interiore,
caldo afflato di sensi vigili
a cogliere spunti e tracce
incisi sui volti della gente.
Parli con la forza del dire,
ridi con la gioia d’essere
creatura dall’animo fragile,
mentre l’occhio profondo indaga
e scruta nel folto giardino cosparso di corolle
in caleidoscopio di petali in fiore.
Ascolto parole che canti
sul far della sera punteggiata
di stelle reclamanti dolci utopie,
come volerti essere accanto
durante una notte di primavera
…
Anche la donna non viene mai rappresentata a contorni netti, ma a pennellate veloci che invogliano il lettore a definirne le linee, immaginandole. Esemplare è la enigmatica “Ultima Fila” in cui, nella penombra della platea, appare lei: creatura misteriosa, “immobile”, “scaglie di luce negli occhi”, e nello sguardo una forza tale da incidere la pelle e toccare l’animo del poeta:
Laggiù nell’ultima fila,
tu, attenta alle parole
sei creatura immobile,
con scaglie di luce negli occhi,
sfumature di parole ridotte a sguardi
che incidono la pelle
e toccano l’animo.
…
Come nella migliore letteratura, la forza attrattiva passa per gli occhi, scintilla e porta dell’amore.
In “Illusione telematica” il limite, corrispettivo della “siepe” leopardiana che accende l’immaginazione, è un monitor in grado di alimentare “aneliti di prossimità” e di attivare, “nel vortice di pixel accesi”, “fantasie” e “magie”:
Sguardo vivo e luce intensa
ascolto parole senza voce
auspice un monitor che taglia distanze
e alimenta aneliti di prossimità.
Calda è linea di contatto
che attiva fantasie e lievita magie,
l’unico modo per mandare carezze
restano i “poke”, capaci d’ assorbire
la voglia di sciogliere il mistero
d’una presenza virtuale eppur reale,
nel vortice di pixel accesi
in fisionomie tanto lontane.
Nel componimento “Ipotesi” lo sguardo della donna “si apre a orizzonti di sintonia”, mentre con gesti aggraziati le sue mani “sfiorano prospettive di eventi graditi” ed il pensiero partorisce possibilità affidate al vento e a “brevi note di lettere” che, attraverso la voce, diventano “parole leggere”:
E’ bello tentare ardite ipotesi
sulla tua armonia interiore,
sul volto che si piega in vezzi
di felicità
sullo sguardo che si apre a orizzonti
di sintonia,
sulle mani che sfiorano prospettive
di eventi graditi,
…
L’ipotesi sgorga dai pensieri scambiati
nelle brevi note di lettere
affidate al vento,
…
So che esisti,
confermando con la voce
che sei pronta ad ascoltare
parole leggere da trasformare
in una canzone di tenero benvenuto.
Non sappiamo se le figure femminili che ingentiliscono i versi di Santese siano reali o immaginarie, come nei topoi letterari di tanta poesia d’amore, ma la carica poetica che le pervade è direttamente proporzionale all’enigma che le avvolge.
La donna è creatura misteriosa e il suo potere seduttivo cresce nella misura in cui, adombrata da un alone di vago e di indeterminato, rimane “dolcemente sconosciuta”:
…
Parlo alla platea di poesia,
ma vorrei dir soltanto a te
che è bello essere attratti
da chi fluttua in un mare di silenzio
ed è così dolcemente sconosciuta.
Sogni, desideri, speranze sono l’antimateria che ci compone, preposta a “contrastare” l’abito della vita, talvolta “stretto”. Ci proiettano e ci slanciano nella direzione del cielo, come rami di alberi:
Alberi sono i nostri sogni
allungati nella direzione del cielo
eppur nutriti di terra
che copre radici antiche
mentre il consueto erode
il manto luccicante di fantasie
custodite per contrastare
l’abito stretto della vita.
…..
Alberi sono i nostri arrivederci
quando sulla punta dei piedi
la mano s’agita per saluti
mirati alla conquista di quanto invece
ci sfugge lentamente.
Questa tensione verso l’alto e l’altrove fa si che l’esistenza, altrimenti costretta nel “gelo acuto” di “bugie artiche”, diventi vita, felicità, amore, a cui la poesia di Santese inneggia, invitando alla festa, alla danza, ad uscire dal “pulviscolo che ottenebra”, verso “amene giostre di colori danzanti”. E’ questo il messaggio dell’autore, mirabilmente concentrato nella bellissima “Alex, danza con noi”, che sembra voler dire ad ognuno: e allora, che aspetti? danza con noi Alex! Alex è tutti noi:
Nella polvere di una sera lunga
come il malumore di giorni ostinati
si fa largo un raggio di luce
che illumina sorrisi ancora
serrati nella memoria di malvagità
covate con tenace mimetica ipocrisia.
Esci dal pulviscolo che ottenebra
sguardi pronti a orizzonti diversi,
dove il rimbrotto stizzito cede il passo
ad amene giostre di colori danzanti
in uno spazio teso fra te e il futuro.
Entra nel circuito delle parole
dette per scolpire sentimenti veri,
nel gran ballo degli intelletti protesi
a capirsi anche nelle diversità di stili,
espressi in policromie di caratteri.
Ti aspettiamo sulle rive del fiume Felice
dove immergere la mente e farla fluttuare
nelle distanze fra cuore e cuore,
in ascolto di emozioni che arroventano
anche le anime più compresse nel gelo
acuto di inverni d’affetto e bugie artiche.
Siamo attesi sulle rive del fiume Felice.
*
Leggendo alcuni versi di Santese,ciò che colpisce è il fatto che vengano trattate tematiche prettamente relative alla quotidianità(come lo si evince dal titolo stesso) e la modalità con cui anche un oggetto semplice, come la tazzina di un caffè,possa essere denso di significato.
Mondo dei conflitti interiori e quotidianità come “battere e levare”; Enzo Santese catapulta i lettori in una sorta di dialogo con la propria coscienza scandito dalla musicalità rasserenante e a tratti riflessiva dei suoi versi.
Attraverso il suo commento è riuscita a estrapolare dal capolavoro di Santese il messaggio più importante: elevare l’ordinario a straordinario. Fare degli elementi insignificanti della nostra giornata qualcosa di cui essere grati.
Particolare il modo in cui l’autore si concentra sulla “necessità” di far si che ogni cosa della quotidianità sia considerata straordinaria. Si tratta di un invito a godere pienamente del grande dono della vita con tutte le sue sfaccettature. Colpisce anche la tematica dell’immaginazione, che egli considera come un modo di penetrare la realtà e non come mezzo per evadere da essa o cambiarla.
In una società materialista, Santese è riuscito a portare il lettore in un altro mondo, un’altra dimensione ponendo l’attenzione sulle piccole cose, oggetti di uso quotidiano e su ciò che è veramente degno di ammirazione: uno sguardo, la natura, la donna.
L’abito della vita, già dal titolo possiamo trarre il succo di questi bellissimi versi! Versi in grado di trasformare la quotidianità in qualcosa di etereo, mostrando il lato bello della vita..quello del trarre la felicità in un bicchiere di vino, in un cielo azzurro e nei sorrisi di chi ci sta accanto.
Piacere e desiderio, bellezza e attesa fungono da protagonisti nella poesia di Enzo Santese. Il linguaggio e la musicalità dei versi permettono al lettore di entrare immediatamente e istintivamente in sintonia con l’anima del poeta. Santese è riuscito nel suo obbiettivo: rendere interessante la monotonia e rappresentare la realtà attraverso la poesia.
Nell’opera di Santese importante è il ruolo della poesia che riesce a migliorare il quotidiano riempiendolo di significato. Particolare l’uso dell’immaginazione che dopo aver analizzato il reale lo penetra, superando l’apparenza.
“Abito della vita“, non un mero abito che fa il monaco, ma un vero e proprio modo d’essere che può esprimersi in luoghi e occasioni diverse. L’ispirazione arriva dalle piccole cose.