L’agiografia umana, di Luca Rizzatello e Giusi Montali

da L’agiografia umana, di Luca Rizzatello e Giusi Montali.

   

   

dark roomances

In nigeria i farmaci si fanno mescolando
l’acqua con i fiori e con la polvere di gesso
dentro i catini incrostati negli scantinati

le smorfie delle maschere rituali restano

l’unica cura contro il ceppo virale più
ostinato mentre fuori gli arbusti non si
possono nascondere tra i morsi della polvere
gli animali sono sbiancati per il sudore

nel dopopranzo non si muovono ma non stanno
mai fermi tremolano in preda ai vapori della
digestione nel silenzio infranto solo dai

kalashnikov nell’acqua dei catini si specchiano
il morso e le cinghie di cuoio dell’esorcista
il cigno ha il piumaggio bianco ma la carne nera.

   

   

in india ogni tre anni si è liberi dal ciclo terrestre:

nè vita nè morte, l’elisir cade da un catino conteso
ai quattro angoli del paese le gocce svelano il regno
del sole, alla confluenza dei fiumi la purificazione
si trasmette per generazioni, mentre il sadhu si salva
individualmente e fa ritorno al cosmo, shiva fuma
con lui hashish e si ritrova sull’eminenza tanar delle
discrezioni: hegel ha torto, e preferisce la coincidenza
di pensiero e modus vivendi, si scopre gimnosofista
eremita del corpo nell’ascesi del silenzio, nell’imbuto
del bacino le voci percorrono il corpo mesmerizzato:
anche i topi sono sacri, nell’inconscio si ingravida
il ramo d’oro, i bambini e i cantastorie si sottraggono
alla morte e proseguono lesti un altro giro di vita

***

little lambush

Il cono d’ombra che fa la ruota panoramica
oscura il versante est della collina l’ombra
abbraccia le ciocche bianche delle pecorelle
il cappotto della nutrice sulla panchina

gli uccellini iperrealistici affrescati sul
capitello non capiscono se il chiavistello
sollevato sia o non sia una trappola prospettica
l’attesa in entrambi i casi di una mano di

calce viva mentre distante l’argine della
trincea crolla sui diari della fanteria
post adolescente sulle cartoline coi

baci delle pin up stampati su larga scala

sui santini litografati talmente male
che il patrono ha due nasi la croce quattro braccia.

   

   

l’how to do risuona preciso e ossessivo tra l’erba

e il sole: l’affinità e la predisposizione non contano
vince l’etichetta che si insinua nei primi giochi, legate
le gambe, stretti i piedi, il passo è contratto e incerto
nemmeno l’istinto è tanto perentorio se abbandona
i figli alla soglia: nasce lenta e invasiva l’opposizione
che lima l’asta al cromosoma, la disobbedienza diviene
precisa e costante, simone sostituisce ifigenia ma a maggio
la datura apre gli occhi: la visione si staglia geometrica
nel blu, mentre il sangue percuote il ritmo dei tamburi
la sinistra diventa destra, il bianco nero, l’uomo capovolto
nella donna che spalanca gli occhi al campo di battaglia
la porta, quella, la lascia sempre aperta: ogni gesto appreso
ora è un’opposizione al canone

***

enthomysticism

La corsa sulle acque del basilisco si
scompone in tre fasi non miracolose lo
schiaffo la bracciata la rimonta ma il tentacolo
è un arto prensile tattile locomotore

ma il braccio robotico sa risolvere il cubo
di rubik sa far roteare l’hula hoop sa
ricamare a punto croce inoltre sa dipingere
la veduta del canal grande sa spazzolare

la criniera sa raccogliere i sassi su marte
inoltre sa disinnescare gli ordigni nei
furgoni sa asportare il menisco lesionato

sa caramellare la crème brûlée mentre l’orto
che custodisce l’aldrovanda vesiculosa

non ospita né il mostro né il cranio di lombroso.

   

   

corre sulle acque la lucertola e annuncia altra vita, ma ora
diffonde dagli occhi il veleno, circonfuso l’osservatore cade

si diffonde il tremore, nella canicola il corpo si infetta, lente
le piante si accasciano, poi il fiato dell’aria imputridisce i fiori
e tu che guardi: ecco il vento che diffonde la cenere, intanto
dentro la fucina si trasforma il corpo, lenta l’energia risale
dal perineo alle vertebre, mentre nell’ippocampo la memoria
è rimossa, la navigazione spaziale perde le sue coordinate
calano le palpebre allo spazio illuminato, si supera il vuoto
che trascolora, rintocca l’orologio che non sa se risponde
alla sincronia universale, ma di nuovo materia e forma
spartiscono il corpo fino alla prossima migrazione, ma ora
risali dal centro di energia, siediti e osserva gli automi frigidi
nell’alba che trascolora, poco più in là fiorisce il ciliegio

                             

Sergio Leone, Il buono il brutto il cattivo 1966
Sergio Leone, Il buono il brutto il cattivo 1966

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