L’ANARFABETA POLITIO – traduzione in vernacolo livornese di “Der Politische Analphabet”, di Francesca Del Moro.
Sono ormai quindici anni che abito a Bologna e non parlo quasi mai con persone di Livorno o della Toscana, salvo nei brevi periodi che trascorro ogni anno con la mia famiglia di origine. Gli studi teatrali e la necessità di usare una dizione priva di inflessioni dialettali nella mia attività di lettrice e performer hanno ormai spogliato quasi completamente la mia parlata del nativo accento livornese. Quando sono molto arrabbiata, tuttavia, tendo a recuperarlo ed è facile che mi sfugga qualche espressione idiomatica tipica della mia città.
Curiosamente, quando ho letto la poesia “Der Politische Analphabet””, di paternità incerta e spesso attribuita a Brecht, in traduzione italiana perché non conosco il tedesco, l’ho sentita risuonare dentro di me in vernacolo livornese. Così ho messo su carta questa mia personale versione, non senza qualche difficoltà nel fissare la grafia di quella che per me è sempre stata una lingua esclusivamente orale. La recito sempre volentieri e amo condividerla ogni volta che ho la tentazione di disinteressarmi completamente alla politica e in occasione degli appuntamenti elettorali, a cui partecipo con sempre minore fiducia. È un modo per farmi coraggio, per ripetermi che non è il caso di gettare la spugna. FDM
L’ANARFABETA POLITIO
(traduzione in vernacolo livornese di “Der Politische Analphabet”)
Ir peggio anarfabeta
è l’anarfabeta politio.
‘Un dà retta, un spiccìa parola
‘un si ‘onfonde ‘on le ‘ose di politia.
‘Un lo sa che ‘r costo della vita,
ir prezzo de’ fagioli, delle cèe,
della farina, dell’affitto, delle scarpe
e de’ medicinali
è tutta ‘na guistione di politia.
Un anarfabeta politio è così budiùlo
che s’inguappisce e fa l’importanzioso
a dì che gli fa aonco la politia.
‘Un lo sa quer natodancane
che dalla su’ gnoranza politia vengon fòri
le prostitute, i bimbi abbandonati,
i rapinatori e’ peggio filibustieri,
che sono i politici disonesti,
corrotti e imbroglioni,
che ni garba leccà’r culo a chi cià i vaini,
a’ potenti, all’imprese e a’ padroni.
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